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Anche i migranti sono fatti di carne

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I media trasmettono continuamente immagini di migranti, ma come ci sentiremmo se un giorno ne incontrassimo uno da vicino?

Il dibattito pubblico sul tema dei migranti si concentra prevalentemente su ideologie, politiche e pratiche da mettere in campo per affrontare i fenomeni migratori che interessano il nostro Paese.

Le immagini che trasmettono i media, ai nostri occhi appaiono ormai sempre le stesse: inquadrature laterali e dall’alto di uomini ammassati sui gommoni, zoom sui volti stanchi o sulle gambe dei migranti mentre attraversano le passerelle per scendere dalle navi ONG.

Siamo talmente abituati a vederle queste immagini, che quasi non ci fanno più effetto.

Non percepiamo più il freddo vedendo persone ibernate, non sentiamo più la strizza al cuore quando vediamo volti raggrinziti e deperiti, scolpiti dalla fame e dal sale.

Noi, che tutto sommato nella vita di tutti i giorni abbiamo una buona considerazione di noi stessi, che ci consideriamo persone buone e di cuore, che facciamo di tutto per essere dei buoni cittadini.

Noi, senza neanche troppe colpe se non quella di essere troppo presi dai nostri impegni giornalieri e di esserci abbandonati alle inerzie emotive della quotidianità.

Noi, sempre noi, di fronte a tutto questo, ci assopiamo.

Poche immagini ancora ci colpiscono davvero, generalmente quelle che riguardano bambini, così piccoli, in mezzo a tutta quella carne.

Per un attimo ci ricordiamo che sono umani, che siamo umani.

Poi passa alla TV la notizia successiva e quelle immagini svaniscono dalle nostre menti, torniamo a sparecchiare la tavola.

Ma se un giorno avessimo la possibilità di trovarci un migrante appena sbarcato di fronte agli occhi, forse il nostro sguardo cambierebbe, forse davvero saremmo attraversati da una tempesta emotiva non indifferente.

E se quel migrante fosse un ragazzino di 15 anni, che da solo ha attraversato l’inferno e ne è uscito vivo, tutto questo sarebbe ancora più amplificato.

Il suo volto prenderebbe forma. Malgrado la stanchezza, avrebbe gli occhi scintillanti per la gioia di essere arrivato. Avrebbe dei riccioletti ribelli che fuoriescono dal cappello che gli è stato appena consegnato.

Questo ragazzetto non è più nello schermo delle nostre TV, è davanti a noi.

Non è come lo vedevamo nello schermo, è di carne.

Sotto la nave, lo attende una platea di operatori e volontari di vari enti e associazioni, medici, forze dell’ordine, giornalisti.

Scende dalla nave dopo un primo screening medico fatto a bordo, gli vengono dati dei vestiti e un kit igienico. Altri accertamenti medici.

Viene accompagnato in una tenda con dei tavoli, gli viene dato un primo panierino per rifocillarsi.

Le persone che vogliono aiutarlo ora sono tante.

Tutta quella gentilezza e umanità quasi lo disorientano.

Vuole solo stare un po’ in silenzio, schivo, seduto ricurvo su se stesso.

Aspetta di passare al blocco successivo dove la questura lo attende per le pratiche burocratiche. Anche qui, altre persone. Gli fanno domande e gli dicono cosa deve fare e come muoversi.

Arriva infine nel terzo blocco, gli viene consegnato un pasto caldo.

Ritrova il suo amico, anche lui quindicenne, conosciuto in viaggio. Ci si siede accanto e si avventa sul cibo che gli è stato consegnato.

Altre persone si avvicinano a lui con acqua, biscotti e una mappa che gli indica dove si trova.

Inizia a riabituarsi alla gentilezza, comincia ad assaporarla.

Questo ragazzetto non è più nello schermo della nostra TV, è seduto accanto a noi.

Si volta e ci guarda, il suoi occhi non sono più nella telecamera, si incontrano con i miei, con i tuoi.

Il giacchetto che gli è stato consegnato dai volontari, tocca il mio braccio, il tuo.

Parla solo arabo, per fortuna ci sono i mediatori.

Vuole avvisare la madre che è finalmente giunto in Italia.

Ci racconta il suo viaggio iniziato due anni prima, alcuni dettagli fanno rabbrividire.

Quella pelle d’oca che non avevamo più guardando le immagini dei migranti in TV ci arriva tutta insieme, corre lungo le nostre schiene come una scarica elettrica.

Da questo giorno, questo migrante è fatto di carne.

Da questo giorno, anche noi lo siamo un po’ di più.

Fonte Foto: Weegee, 1938. Alcuni bambini italiani immigrati a New York dormono abbracciati ad un gattino su di una scala antincendio (www.lefotografiechehannofattolastoria.it)

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