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Gli ostacoli del voto

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Per la diciannovesima volta nella storia della Repubblica Italiana, il 25 settembre si vota per l’elezione del Parlamento. Fra riduzione della rappresentanza territoriale post riforma costituzionale, guerre (quella vera tra Russia e resto del mondo, quella di tweet tra i capi e le cape dei vari partiti), PNRR da portare in fondo, inflazione alle stelle  e -possibile- nuova ondata pandemica, scegliere è tutt’altro che semplice. Addirittura scegliere se, prima ancora di chi.

Alle prime elezioni del 1948 votarono il 92% degli italiani e -con il nuovo suffragio universale- delle italiane.  Oggi i sondaggi danno una percentuale di astensione/indecisione intorno al 42%: certo è che il numero delle persone che negli anni ha esercitato il diritto di voto si è progressivamente ridotto, raggiungendo l’affluenza del 73% nel 2018, un buon 20% in meno rispetto al primo voto.

Le cause dell’astensione

  1. Le parole d’ordine della campagna elettorale sono piuttosto lontane dal quotidiano: se i temi delle riforme hanno perso tutto il loro appeal mediatico e la declinazione di un modello social- democratico di paese manca, soprattutto a sinistra, non stupiamoci se gran parte dell’elettorato percepisce la politica in generale come qualcosa di avulso dalla realtà, incapace di incidere positivamente sulla qualità della vita di ciascuno di noi.
  2. Le promesse tradite. Questo è il boomerang populista, Movimento 5 Stelle docet. Non infierisco oltre rammentando dati e percentuali, ricordo a chi si ferma a gongolare della loro debacle (ed anche a me stessa, ogni tanto) che la loro rapidissima parabola di successo elettorale ha contribuito ad accrescere la sfiducia nel sistema di governo nazionale in cui è ordinata la nostra Repubblica.
  3. La crisi dei partiti. Il 21 agosto scorso un Sabino Cassese da premio Oscar fa una lucidissima analisi sul Corriere, analisi che condivido in pieno, nella quale spiega come la scarsa partecipazione ai meccanismi di scelta dei partiti abbia un diretto collegamento con la capacità degli stessi di orientare i propri elettori al voto. Qui trovate un approfondimento.
  4. Le proposte dei partiti spesso si somigliano, almeno nella loro esposizione durante la campagna elettorale, e chi deve scegliere non percepisce grande differenza. I leader sono più impegnati ad interpretare l’uno il pensiero dell’altro, invece di dare sostanza alle proprie proposte.
  5. La legge elettorale. Sono decisamente convinta che gran parte delle persone sia più o meno consapevole che i governi difficilmente arrivano a scadenza naturale, che la bizza del politico di turno può destabilizzare anni interi di tentativi di portare a conclusione provvedimenti importanti. A differenza di quanto avviene per i sindaci, chiamati a governare con certezza per cinque anni e poi misurarsi di nuovo, è piuttosto difficile che ad una legislatura corrisponda un unico governo. L’unica cosa che sopravvive è l’apparato burocratico.

Le mie paure e le mie speranze

Con grande probabilità questo sarà il mio unico articolo pubblicato prima del voto.

Un voto al quale ci avviciniamo con preoccupazione. Sono elezioni in cui la riduzione del numero di parlamentari porta a collegi più ampi e quindi più mal di pancia, perché ci sono meno probabilità di vedere territori, soprattutto se “periferici”, adeguatamente rappresentati, elezioni in cui proposte che da anni decantano su aree di crisi complessa vengono riproposte come “novità”.

A questo proposito vale la pena aprire una breve parentesi sul rigassificatore piombinese.

La realizzazione della strada 398 e le bonifiche sono dovute a prescindere. Ci si deve approcciare con serietà e rispetto ad un’area che ha dato tanto, ricevuto tanto e che ora aspetta una riconversione industriale decorosa, da farsi guardando in faccia le migliaia di persone che si accontentano, loro malgrado, di ammortizzatori sociali e lavori stagionali, senza una prospettiva occupazionale. Facciamo tutto ciò non eliminando procedure di verifica ambientale come la VIA, ma facendole velocemente, se è vero che l’indipendenza energetica è un tema nazionale.

Tornando alle prossime elezioni, il mio maggior timore è che la destra abbia numeri sufficienti per riformare in Parlamento la Costituzione, e che usi questi numeri per incidere sui diritti fondamentali e proprio dalla Costituzione protetti.

La mia speranza è che il Partito Democratico, con la coalizione di centro sinistra, sappia fare argine a tutto questo e trasmettere un messaggio che ci avvicini alle persone, che faccia capire la nostra idea di mondo e la serietà delle nostre proposte, così come l’impegno di chi le porterà avanti, in una difficile corsa ad ostacoli, animata però dalla fiducia in ciò che verrà.

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