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Referendum giustizia, istruzioni per l’uso – L’equa valutazione dei magistrati nei Consigli Giudiziari Distrettuali

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Qualche giorno fa ho visto per la prima volta lo spot dei Referendum in televisione e ho pensato: basta questo per rendere informati i cittadini dell’importanza di questi Referendum? Davvero, nell’era dei social, l’informazione su una consultazione di tale importanza è tutta qui? Proviamo a fare chiarezza sui cinque quesiti che ci verranno proposti il 12 giugno.

Con oggi siamo a un passo dalla fine di questa rubrica che, spero, avrà fatto quantomeno chiarezza su quelli che sono i quesiti referendari sui quali saremo chiamati ad esprimerci tra qualche giorno.

Il quarto quesito (quello che troveremo nella scheda grigia), a differenza degli altri, non ha alcun legame “effettivo o diretto” con la cittadinanza attiva, poiché riguarda esclusivamente la modifica/integrazione dei soggetti che sono chiamati ad esprimersi sulle valutazioni di professionalità dei magistrati in servizio.

Infatti, ogni quattro anni, i magistrati ricevono una valutazione del loro operato che riguarda l’idoneità a proseguire/progredire nella loro carriera, espressa con tre possibili giudizi:

Positiva: quando tutti i parametri sono soddisfacenti;

Non positiva: quando uno dei parametri risulta carente;

Negativa: quando ci sono carenze ritenute gravi in almeno due parametri.

Oggetto del quesito, però, non è la modifica dei parametri o delle modalità con le quali i giudici vengono valutati, ma piuttosto è chi nello specifico andrà a valutarli: questo perché negli organi che redigono le valutazioni solo i magistrati hanno il compito di “giudicare” gli altri magistrati.

Questa valutazione, ad oggi, è data dal Consiglio Superiore della Magistratura (di seguito CSM) il quale riceve delle raccomandazioni (non vincolanti) dal Consiglio direttivo della Corte di Cassazione e dai Consigli giudiziari; entrambi questi organi sono composti sia da Magistrati che da membri “laici” (Avvocati e Professori universitari in materie giuridiche), ma solo i primi partecipano all’attività valutativa.

Il Referendum in questione ha proprio l’obiettivo di “eliminare” le disposizioni che prevedono la facoltà per i soli Magistrati di “valutare” gli altri Magistrati, estendendo anche ai membri “laici” tale possibilità: in questo modo anche avvocati e docenti universitari potranno esprimersi sulla professionalità di giudici e pubblici ministeri.

Chi è per il SI sostiene che l’esclusione, soprattutto degli Avvocati, dalla facoltà di esprimersi in ordine alla professionalità dei Magistrati, rappresenti il riflesso di una scelta corporativa che vede l’avvocato come “ospite” e non come protagonista della giustizia. Ad avviso dei sostenitori del si, l’obiettivo di questo Referendum è quello di togliere l’elemento di autoreferenzialità ai magistrati che, per un motivo o per un altro, non sembrano accettare valutazione esterne.

Chi è per il NO sostiene che non sia opportuno affidare un ruolo attivo agli avvocati nel redigere pareri sui magistrati di cui, all’interno dei processi, rappresentano la “controparte”. Il rischio, ad avviso dei contrari al referendum, è quello di valutazioni preconcette che potrebbero mettere a rischio la terzietà del giudice. A ciò aggiungono che la “Legge Cartabia” – in discussione al Senato pochi giorni dopo il Referendum – ha già previsto una modifica dei sistemi di valutazione delle professionalità, con tutta una serie di correttivi e cautele che, con la semplice abrogazione non sarebbero possibili.

Manca solo un quesito, il passo successivo sono le urne!

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