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Visioni della Livorno che sarà – Episodio 2

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Il museo è tutto intorno a te

La città di Livorno sta discutendo e preparando il nuovo Piano Operativo. Un’occasione per immaginare il futuro della città e avere diverse visioni di quel che sarà. L’avvocato Ruggero Morelli ha raccolto alcuni pensieri di concittadini appassionati e ce li ha inviati. Li racconteremo in questa rubrica, episodio dopo episodio. Ecco il secondo.

Mi immagino e spero che, tra le molteplici attività che Livorno dovrà reinventarsi, ci sia posto per lo sviluppo del turismo.

Ovviamente si dovrà puntare su un turismo tutto da inventare, essendo la città circondata da luoghi densi di attrattive turistiche, culturali o di vacanza, già molto attrezzate per le rispettive forme di accoglienza. Certo, competere con i patrimoni culturali di fama mondiale che ci circondano o con luoghi di mare altrettanto famosi e che si sono conquistati le reciproche notorietà con anni e anni, quando non secoli, di dedizione all’accoglienza, non è facile.

Tuttavia credo che ci sia la possibilità di proporre offerte nuove e di iniziare a formare anche a Livorno un nuovo pubblico, per esempio quello orientato verso il crescente bisogno di naturismo.

Il Parco marino della Meloria e le Colline livornesi sono già aree individuate che attendono uno sviluppo accogliente. Anche il turismo gastronomico e quello religioso potrebbero essere esplorati più approfonditamente. E la periferia cittadina ha ancora testimonianze importanti di insediamenti delle nazioni straniere in città, che aspettano solo di essere salvate dal degrado e riproposte a testimonianza di una civiltà pronta ad accogliere e convivere con le molte diverse culture.

Esiste anche un progetto per collegare Livorno e Sant’Jacopo con una via d’acqua al percorso della Francigena, richiamando anche un possibile turismo misto tra religioso e naturista.

Per le zone umide, residue del grande delta dell’Arno che costituì il famoso Porto Pisano, già ricche di biodiversità e che in passato sono state disprezzate e modificate perché considerate poco igieniche e improduttive, forse è arrivato il momento di una valorizzazione.

Sono già molti i curiosi interessati che si avvicinano per fare osservazioni ornitologiche e botaniche sulla ripresa della vitalità di queste zone, tra l’altro particolarmente affascinanti per la vicinanza visiva con il porto e altre strutture.

Esiste un pubblico in crescita, rispettoso e curioso degli ambienti naturali e della varietà biologica, cui offrire un’accoglienza, anche breve, con soggiorni a costo contenuto, con servizi amichevoli per i proprietari di animali e con orientamenti vegetariani. Con possibilità di offrire brevi escursioni articolate tra naturalismo e visite di luoghi, frequenti nelle nostre vicinanze, dove sono presenti importanti emergenze urbanistiche, architettoniche e artistiche, che in pratica costituiscono l’essenza del Museo diffuso toscano.

Penso in ogni caso che valga la pena di aprirsi, magari iniziando a organizzare un’accoglienza per la quale sarà necessario fornire corsi e indirizzi sulle professionalità per il reperimento di strutture già esistenti, da adattare alle nuove proposte. Insomma, a formare le conoscenze e la capacità imprenditoriale per sviluppare un’attività che avrà bisogno di tempo e di investimenti per affermarsi, ma per la quale esistono già le premesse.

Credo che uno degli aspetti cui un nuovo e agile turismo dovrebbe puntare sia proprio il Museo diffuso.

Si tratterebbe di qualcosa che vuole valorizzare le testimonianze sia degli autori più noti quando si realizzarono nelle zone periferiche o marginali, sia quelle degli autori locali, che intervennero con una autonoma e matura capacità di esprimere la loro creatività, il loro punto di vista, non subalterni agli autori più titolati.

Il museo diffuso è la testimonianza della civiltà raggiunta da una società che ha saputo creare autonomia e indipendenza, senza soggezione.

Fonte foto: Toscana.info

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