Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Parliamo di politica, più o meno seriamente.
Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Livorno non dimentica Maurizio Tortorici

Condividi

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp

Il 20 Aprile 1993, a Livorno, muore Maurizio Tortorici, ferito a morte durante un inseguimento con la Polizia Stradale. Nonostante siano passati quasi 30 anni, la città non dimentica.

Livorno, 20 Aprile 1993.

La notizia corre per tutta la città. Un ragazzo di 22 anni “è stato ucciso dalla polizia”.

A distanza di 29 anni non pretendo di fare chiarezza su cosa sia successo, ma soltanto ricordare un ragazzo, appena ventenne, scomparso prematuramente durante una corsa in moto finita in tragedia.

Maurizio Tortorici stava lavorando alla sua moto, una Kawasaki 250. Alcuni testimoni raccontano che era entusiasta all’idea di provarla. Quel maledetto martedì si ferma al bar in via Solferino, da dove parte insieme a un amico. Imboccata via Salvatore Orlando, l’amico si ferma a un’officina; Maurizio invece prosegue nel suo giro di prova e, come riferiscono alcuni testimoni, a velocità molto sostenuta.

In quel frangente incrocia una pattuglia della polizia stradale che, vedendo la moto andare ad alta velocità, si mette all’inseguimento del mezzo. Maurizio è consapevole di non avere l’assicurazione in regola e dà gas senza pensare alle conseguenze, ignaro che potesse finire freddato in strada da un colpo di pistola.

Durante l’inseguimento, dal finestrino della volante, spunta l’arma; all’altezza di piazzale Zara vengono esplosi due colpi. La corsa di Maurizio si conclude in via delle Cateratte, dove cade rovinosamente a terra per schivare un camion che stava procedendo in direzione contraria.

In quel momento scende dalla volante un poliziotto, Flavio Pontanari, che gli punta contro la pistola dalla quale “accidentalmente” parte un colpo che lo ferisce all’addome. Sono circa le 14 e la zona è molto trafficata. Diversi testimoni assistono alla scena: il collega di Pontanari, rimasto leggermente distante, lo allontana dal ragazzo.

Numerose persone accerchiano la volante, tra la rabbia e l’indignazione crescente. Arrivano tre pattuglie in soccorso ai colleghi; l’agente viene così prelevato, caricato su una delle volanti intervenute sul posto e portato via. In tutto questo caos, proprio coloro che dovrebbero aiutare le persone in difficoltà si sono solo preoccupate di portare in salvo il collega, lasciando a terra Maurizio con una ferita sanguinante all’addome.

Come raccontano alcuni dei presenti, un automobilista carica il ragazzo sul proprio mezzo e lo conduce in ospedale, dove muore poche ore dopo. La tragedia ormai è compiuta e Livorno non perdona. Non ha mai perdonato un atto del genere.

Nei giorni successivi alla morte di Maurizio, diverse manifestazioni invadono la città; anche allo stadio viene esposto uno striscione per chiedere giustizia per il giovane ragazzo. Come riportano testate giornalistiche del tempo, diversi esponenti politici sollecitano un’interrogazione parlamentare a Nicola Mancino, allora Ministro degli Interni.

Negli anni a seguire le indagini portano a una condanna per omicidio colposo a carico del poliziotto che ha imbracciato l’arma ma, grazie alla rinomata giustizia italiana, il condannato sconta circa due anni. Poi la pena viene sospesa e Pontanari reintegrato come impiegato civile.

Nel 2006 Flavio Pontanari sale sul tetto del Tribunale di Viareggio, come riporta un articolo del giornale locale, minacciando di volersi buttare di sotto a causa del risarcimento da 125 mila euro che deve versare allo Stato italiano.

Il caso di George Floyd ha suscitato tanto scalpore proprio perché un passante, con uno smartphone, ha ripreso in diretta l’abuso di potere della polizia; negli anni ‘90 eravamo ancora molto lontani da questo mondo tecnologico, ma episodi simili esistevano già. Solamente che lo venivamo a scoprire il giorno dopo, dalla civetta del giornale in edicola.

Livorno non dimentica suo figlio Maurizio.

Ultimi articoli