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Una discussione sulla città: Italo Calvino e le sculture di Fausto Melotti

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“Detto questo, è inutile stabilire se Zenobia sia da classificare tra le città felici o tra quelle infelici. Non è in queste due specie che ha senso dividere le città, ma in altre due: quelle che continuano attraverso gli anni e le mutazioni a dare forma ai desideri e quelle in cui i desideri o riescono a cancellare la città o ne sono cancellati.”

Così Calvino conclude la sua fantastica descrizione della città di Zenobia, una delle cinque città sottili che abilmente ci racconta nel libro Le città invisibili. Un viaggio meraviglioso attraverso città inventate che l’autore descrive con uno straordinario potere evocativo grazie agli immaginari resoconti di Marco Polo a Kublai Kan.

Ma perchè città sottili? La risposta è semplice e ce la fornisce proprio Italo Calvino quando parla della genesi di quel diario di viaggio: “C’è stato un momento in cui dopo aver conosciuto lo scultore Fausto Melotti, uno dei primi astrattisti italiani, (…) mi veniva da scrivere città sottili come le sue sculture: città sui trampoli, città a ragnatela”.

Calvino è sempre stato attento frequentatore di esposizioni e mostre d’arte, da cui ha ricavato sollecitazioni e spunti di riflessione. Molto significativi sono proprio i riferimenti all’artista Fausto Melotti che corrispondeva perfettamente a quello che lo scrittore voleva: leggerezza, rapidità, visibilità.

Nelle sue sculture, Melotti, ingegnere di formazione e artista per vocazione, cerca sempre un equilibrio ideale e non lavora sul togliere dal pieno, ma sul far emergere dal vuoto. Le sue sono opere fluttuanti, in apparenza fragili ma dalle solide radici metafisiche, sono narrazioni poetiche composte da una moltitudine di materiali: fili di ottone e rame, gesso, trasparenti retine metalliche, garza, carta stagnola.

Sculture tanto sottili che un soffio di vento potrebbe portarsele via.

Calvino considerava Melotti un’acrobata capace di trasformare asticelle di metallo saldato, catenelle, carboncino e spago, in un regno di splendori e meraviglie. Quello che sembra colpire lo scrittore è la tensione verso l’alto dei segni visivi e plastici di Melotti e da qui nasce la funambolica visione delle città calviniane.

Città come sogno che nasce dal cuore delle città invivibili, da un confronto con quello che accadeva intorno a lui. L’autore aveva davanti agli occhi città dove composizione sociale, densità di popolazione, dialetti, morale pubblica e familiare, divertimenti, modi di ingegnarsi a sopperire alle deficienze dei servizi erano elementi che si componevano in una mappa intricata e fluida, difficile a ricondurre all’essenzialità d’uno schema.

Ancora oggi siamo di fronte ad una situazione complessa e forse urbanisti, ingegneri, architetti, amministratori e politici dovrebbero partire proprio da queste riflessioni per capire prima come è fatta la città, poi come la si può ripensare. Città che nonostante gli anni e le mutazioni rispondono ancora ai desideri oppure quelle in cui i desideri o cancellano la città o ne sono cancellati?

Fonte foto: Rawpixel

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