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The Art of Italian Opera Singing candidata a Patrimonio immateriale dell’Umanità

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Lo scorso 29 marzo il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale italiana per l’UNESCO ha comunicato che lo Stato italiano candiderà nel 2023 “L’Arte del canto lirico italiano” per l’inclusione nella lista del Patrimonio Culturale presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, con sede a Parigi.

Dove è nata l’opera lirica? Come è sopravvissuta dal 1607 ad oggi? In quante lingue viene eseguita? Quante sono le rappresentazioni annue di opere liriche nel mondo? E quante, di queste, in lingua italiana?

Ho avuto il piacere di incontrare il Presidente Nazionale di Assolirica, Roberto Abbondanza, al quale ho posto qualche domanda in riferimento alla candidatura Unesco e all’opera lirica in generale.

Presidente, un paio di settimane fa il Consiglio Direttivo della Commissione Nazionale italiana per lUnesco ha comunicato che nel 2023 lo Stato italiano candiderà all’inclusione nella lista del Patrimonio Culturale presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura “L’Arte del canto lirico italiano” . E’ un grande risultato, frutto di un percorso che parte da lontano. Ce lo vuole raccontare?

“L’idea di “provare” a far riconoscere l’arte del canto lirico italiano e, in generale, dell’opera italiana nasce nel 2011, quando un gruppo di cantanti lirici italiani (Roberto Abbondanza, Gemma Bertagnolli, Marina Comparato, Maurizio Lo Piccolo, Enrico Marrucci, Angela Nisi, Federico Sacchi, Rosanna Savoia, Gabriella Sborgi, Pietro Spagnoli) fondano l’associazione Cantori Professionisti d’Italia. Lo scopo è quello di rimettere “al centro del villaggio” la professione dell’artista lirico e un riconoscimento come quello offerto dall’Unesco sembrò quello più rilevante da perseguire.

Nel 2014, dopo un lungo lavoro associativo e di sensibilizzazione della Comunità di sostegno, viene presentata la candidatura per “L’opera italiana”.

Nonostante il grande impegno di tutti, particolarmente della collega Micaela Carosi, coordinatrice del progetto, e la realizzazione di un dossier di alto livello che includeva un bellissimo video con gli straordinari interventi di Zubin Mehta, Gianandrea Noseda, Bruno Cagli, Renata Scotto e Dario Fo, la Commissione Italiana sceglie per il 2017 “L’arte dei pizzaioli napoletani”.

Nel frattempo, la CPI si è trasformata in un’associazione professionale riconosciuta dalla legge 4/2013 e ha cambiato nome in Assolirica. Praticamente gli stessi soggetti decidono di ritentare la candidatura, cambiando il bene da proteggere, più circoscritto al canto lirico italiano, ma con riferimento all’opera italiana e, sotto il coordinamento della collega Rosanna Savoia, si riprende il percorso che oggi finalmente ha avuto esito positivo.

Ora si spera che l’Unesco possa accogliere la nostra arte di trasmettitori della tradizione lirica italiana.”

Quale potrà essere il valore aggiunto che questa importante candidatura potrà portare al sistema Italia in termini culturali?

“A mio avviso questo riconoscimento, tra i tanti aspetti positivi, sancisce due cose importanti. La prima è che finalmente la Comunità di sostegno raccoglie tutti i soggetti che istituzionalmente concorrono alla realizzazione dello spettacolo d’opera. Troviamo finalmente assieme Anfols, Atit, il Teatro alla Scala, l’Accademia Nazionale di S. Cecilia e, per la parte degli artisti, Assolirica.

Il secondo aspetto, fondamentale per la cultura italiana, sarà il rispetto e la messa in atto del “piano di salvaguardia” del bene riconosciuto che tutti noi e lo Stato italiano dovrà osservare.

Il piano di salvaguardia potrà riguardare svariati aspetti tra cui:

  • l’introduzione dello studio del canto nelle scuole primarie e secondarie;
  • la progettazione e lo sviluppo di protocolli riguardanti la formazione di formatori per la realizzazione di progetti pilota per attività prescolastica;
  • potenziamento della didattica riguardante il canto nell’istruzione terziaria del sistema AFAM;
  • sviluppo di studio e ricerca coinvolgendo sia i Conservatori che i centri di ricerca (per es. l’Istituto Nazionale di Studi Verdiani o la Fondazione Rossini);
  • Sviluppo di percorsi formativi per la professionalizzazione e gli scambi culturali anche tra diversi settori;
  • Seminari di formazione e conferenze di divulgazione del bene;
  • Digitalizzazione e accesso al pubblico al materiale documentario relativo all’Elemento;
  • Tutela e mantenimento degli spazi culturali tradizionali (per es. teatri e auditorium dismessi o abbandonati);
  • Organizzazione di percorsi/settimane/festival per la riqualificazione urbana per includere diversi gruppi di pubblico e target quali giovani e gruppi vulnerabili;
  • Promozione di una “Giornata Mondiale del Canto d’Opera” e, a partire dal 2023, lancio di un premio internazionale per le migliori pratiche di promozione e salvaguardia dell’elemento.”

L’opera lirica ha, nel corso dei secoli, contribuito in maniera significativa alla diffusione della lingua italiana nel mondo. Come vede il futuro di questa forma d’arte?

“Io credo fortemente nel futuro della nostra arte. La diffusione mondiale del canto operistico ha visto affacciarsi sui palcoscenici artisti provenienti da sempre più diverse nazionalità. L’elemento è in salute, l’opera è in salute e noi artisti italiani dobbiamo mantenere alta e rispettata la nostra tradizione, la scuola della tecnica italiana. Così come ci è stata trasmessa dai nostri Maestri, con il loro lavoro così simile alla pazienza certosina di un artigiano, noi abbiamo il dovere ed oggi anche il diritto di trasmetterlo ai nostri allievi.”

Insomma, le domande da poter porre riguardo l’argomento “opera lirica” sono molte, perché l’opera lirica è un vero e proprio pozzo senza fine, un argomento che a prima vista può sembrare facilmente narrabile.

“Ho visto l’Aida all’ Arena di Verona qualche anno fa”. “Io invece Turandot al Festival Pucciniano”. “Macché, volete mettere con Rigoletto messo in scena al Festival Verdi?”.

Alzi la mano chi almeno una volta nella vita non ha sentito parlare di un titolo operistico. Ce lo metto io il carico da undici: fino a venticinque anni fa non sapevo niente di opera lirica, non sapevo la differenza tra il linguaggio verista e quello del romanticismo, figurarsi le composizioni barocche o quelle di musica contemporanea.

Eppure, dal 1607, anno in cui debuttò l’Orfeo di Claudio Monteverdi (considerato il primo capolavoro operistico) ad oggi, musica operistica accanto alle orecchie di generazioni ne è passata, e tanta. In mezzo c’è stato un bel movimento.

Le opere liriche scritte non si contano di fatto, a occhio e croce ad oggi saranno circa 40000 (fonte talkclassical.com). A partire da Monteverdi, Cavalli e Purcell del diciassettesimo secolo fino alle opere del tardo ventesimo secolo di Messiaen o Berio la strada è davvero lunga, abbastanza da farci dare un po’ di numeri:

Lo scorso anno sono andate in scena 8237 serate d’ opera in Germania, 1839 in Russia, 1747 in Austria, 1421 negli Stati Uniti, 1410 in Francia, 1168 in Svizzera, 1079 in UK e appena 1066 in Italia (fonte operabase.com).

Quali sono stati lo scorso anno i 5 compositori operistici più rappresentati al mondo? In testa Verdi, con ben 2547 rappresentazioni. Segue a ruota Mozart, con 2509, poi Puccini con 2196 rappresentazioni, Donizetti staccato visibilmente con 788 e, ultimo dei cinque Rossini, con 766 rappresentazioni. Quattro compositori su cinque italiani, ergo opere in lingua italiana.

Da notare che Mozart è stato uno dei pochissimi compositori stranieri a decidere di mettere in scena opere in lingua italiana (fonte operabase.com). Da questi numeri la riflessione è abbastanza semplice: l’opera lirica rimane una componente artistica immortale, di grande appeal per la cultura mondiale, e da italiani non possiamo che esserne fieri.

Di seguito alcuni link del Comitato per la salvaguardia del Canto Lirico e la storia dell’iter della candidatura: 

Foto presa da pexels.com

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