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Fossi: è il momento giusto?

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Con le restrizioni che si allentano, seppur circondate da contraddizioni e enigmi, ricominceremo con la nostra frenetica ricerca on-line di città da visitare, conoscere ed assaporare.

Livorno potrebbe senz’altro essere tra queste, se non fosse che ad una banale interrogazione su Google, il big dei motori di ricerca associa la nostra città a siti istituzionali, quotidiani online e wikipedia, trascurando quasi completamente quel lato turistico che tutti noi labronici osanniamo con parenti e amici forestieri. 

Entrando nelle penombre del web (che non sono altro che le pagine successive alla 2 di google) si nota che invece i forestieri hanno sempre apprezzato Livorno, con tutto quel che si porta dietro, compresa la somiglianza di uno dei nostri quartieri con Venezia, i suoi ponti, le piccole vie, i grandi palazzi ed i canali che la penetrano (per noi sono fossi, sia chiaro). 

La somiglianza è talmente tanta che qualcuno, nei vari blog turistici in circolazione, si chiede se la Venezia sia realmente sfruttata al massimo delle proprie potenzialità o se noi livornesi, complice la mentalità pigra, “lamentona” e contraddittoria che ci contraddistingue, ci siamo dimenticati della effettiva appetibilità turistica che potrebbe avere il quartiere.

Sicuramente è impossibile dimenticarsene, forse più probabile accantonare momentaneamente il problema. 

Difatti andando a ritroso negli anni, così come negli strumenti di pianificazione cittadina, si vede che il “sistema fossi” è sempre stato corteggiato con un occhio di riguardo, complice sicuramente l’unicum legislativo orbitante intorno all’accordo sulla competenza e gestione tra Comune e Autorità di Sistema Portuale, che non ha mai consentito di sbrogliare il problema orbitante intorno al “a chi spetta cosa?”.

In un ottica di rilancio turistico del “sistema fossi” non si può sicuramente pensare che questo si possa esaurire con l’istituzione di itinerari in battello che, seppur validi ed apprezzati, non possono certo favorire quel turismo “interno” di cui la nostra città ha tanto bisogno, e su cui gravano i “problemi” della movida giovanile, dei trasporti e dei parcheggi.

In quest’ottica si muove (o almeno dovrebbe) il nuovo approdo turistico della Bellana – i cui lavori sono in partenza in questi mesi con gli step preliminari – grazie al quale verranno ridimensionati e razionalizzati gli ormeggi in funzione proprio di una più ampia “riqualificazione del sistema fossi”, o almeno così si legge nella relazione di Avvio del Procedimento del Piano Operativo e Contestuale Variante al Piano Strutturale. 

È bello, dico davvero, che la nostra città trovi, ancor prima di formulare una proposta progettuale seria, degli spazi per sopperire alla mancanza di “posti barca” che si verificheranno con la nuova presunta visione del sistema fossi, ma è meno bello che a distanza di anni non si sia ancora data voce a quanti (e sono tanti) chiedono una diversa valorizzazione, che punti sia ad una mobilità d’acqua in stile Venezia, sia alla rigenerazione di spazi in disuso con locali e attrazioni, in stile Utrecht per, intendersi.

Ed è proprio intorno ad Utrecht che si muovono le molte valutazioni di chi, negli anni, ha studiato un piano di restauro e valorizzazione della Venezia, a partire dall’Autorità di Sistema Portuale – che continua a inserire nel Documento di Pianificazione Strategica di Sistema Portuale il tema “fossi-competenza-gestione” -, fino ad arrivare alla stessa Amministrazione Comunale, che già nel 2016 ne aveva proposto uno (ndr. parzialmente condivisibile) idealmente diviso in quattro parti: “liberazione” del quartiere, valorizzazione dell’esistente, ricongiunzione con la città e aggiunta di nuove attività ed attrazioni.

Il progetto, ricostruito sulla base della stampa degli scorsi anni, prevedeva una notevole valorizzazione delle cantine (tramite un censimento degli spazi) per dare la possibilità di aprire ad investimenti privati, una restaurazione delle spallette, un’ideazione di passerelle galleggianti accompagnata da una nuova illuminazione e il ripristino della toponomastica originaria, per un costo totale di circa 6 milioni di euro, di cui la metà sarebbe stata stanziata dall’Autorità di Sistema Portuale.

E allora le domande sono d’obbligo: cosa c’era in quel progetto di tanto aberrante da oscurare il dibattito? E’ davvero solo un problema di competenza tra Autorità di Sistema Portuale e Comune? Perché nel Documento di Avvio del Piano Operativo non si è prevista la modificazione d’uso delle aree intorno al “sistema fossi”? Troveremo, nelle Norme Tecniche di Attuazione, specificazione adeguata su quelli che sono i progetti in essere per il “sistema fossi” (tramite le necessarie schede di intervento specifiche) o ancora una volta verrà persa l’occasione per dare a Livorno, e ai livornesi, quel che si meritano? Che sia il momento giusto per la nostra amata città?

Magari ne riparleremo.

Foto: Andrea Dani Photography – all right reserved

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