Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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I partiti come le pagine Onlyfans

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Fin da prima dei comuni medievali l’Italia è sempre stato un paese politicamente diviso in fazioni. Ma la politica di casa nostra è ancora questione di tifoserie?

La storia e la politica italiane sono spesso contraddistinte da grandi divisioni: Cesare contro Pompeo, Ottaviano (poi Augusto) contro Marco Antonio, le lotte medievali tra guelfi e ghibellini e con gli esempi si potrebbe andare avanti a lungo. Per questo nel nostro Paese la politica è vissuta come un tifo e della tifoseria la politica ne ha le caratteristiche: eccessi, chiasso, ottusità mancanza di volontà di dialogare.

La scelta della squadra del cuore, quasi sempre nasce in famiglia: si tifa la tal squadra perché da piccoli, per esempio, si è andati a vedere una partita proprio di quella squadra con i genitori. Lo stesso principio si può applicare alla politica: Mario Rossi vota proprio quel partito perché nella sua famiglia si è sempre fatto così e cambiare voto sarebbe stato motivo di litigi e faide familiari, proprio come per la squadra del cuore.

Una sorta di omologazione per cui si è portati a seguire la politica come fosse tifo calcistico: si sostiene sempre la propria squadra, non importa quanto giochi male o quanto questo gioco non porti a risultati in classifica.

Tutto questo era vero quando i partiti erano ideologici: un esponente del PCI non avrebbe mai messo in dubbio la posizione del Partito su una determinata questione.

Sarebbe stato un po’ come se un prete avesse messo in dubbio i sacramenti e le liturgie della chiesa cattolica (il paragone regge e non sono il primo a farlo: il primo fu Montanelli, che, intervistato da Alain Elkann, definì il PCI “Un qualcosa di mezzo tra la caserma e la chiesa, per entrare nella quale bisognava prendere i voti. E i voti si prendevano in un seminario chiamato Le Frattocchie, dove si preparavano questi apparatčik, che si impegnavano a seguire il partito ciecamente, in maniera zelante e rigorosa”).

Ma la politica cambia, specialmente in Italia, in maniera repentina e con lei cambiano anche i modi di intenderla e comunicarla.

Oggi, a fare da collante, non ci sono più le ideologie di una volta, ma le divisioni tra sovranisti/populisti e europeisti (anche se, alla luce degli eventi ucraini di cui siamo spettatori da oltre un mese, sarebbe meglio dividere il campo fra rosso bruni e persone raziocinanti, N.d.R); ma anche questa è una suddivisione labile e tagliata con l’accetta.

Qualcuno crede davvero alla svolta europeista della Lega salviniana o del M5S? Il Pd, su qualche tema, come ad esempio le politiche energetiche, spesso assume posizioni populiste. Per cui il contorno è frastagliato, come si vede.

Bene. Dunque la politica non è più tifo? Si e no. Il tifo rimane, accesissimo, come al Colosseo durante le lotte tra gladiatori (dopotutto siamo il Paese che ha inventato il “panem et circenses” moderno, il reddito di cittadinanza targato M5S), ma c’è dell’altro.

Quando un partito non ha idee o proposte, come si comporta? A sinistra, in genere, si dice “ridare la parola alla base”, a destra si dice “ascoltare la voce della gggente”. Ecco, questi vuoti slogan, sostanzialmente indicano che la classe dirigente non ha proposte, per cui ascolta “la pancia” del Paese che, nel mondo contemporaneo, è quella che affolla i social e sa tutto di tutto.

Lo si è visto ai tempi dei primi due lockdown, per esempio: si davano in pasto ai giornali le bozze dei DPCM sulle chiusure e, in base alla risposta sui social, si modificavano o si lasciavano così com’erano. Ma i DPCM sono storia vecchia ormai, prendiamo quindi come esempio la guerra in Ucraina.

A seguito dell’invasione russa, Finlandia e Svezia entreranno – molto probabilmente- nella NATO, intimorite dalle manovre di Mosca.

In Italia il Pd, il maggior partito della sinistra, segue a fatica il suo segretario nella sua – giusta – scelta di sostenere l’aumento della spesa per la difesa: solo qualche settimana fa è partita una fronda interna contro la posizione favorevole di Letta su questo tema (a dimostrazione del fatto che la sinistra Pd e il M5S contiano siano sempre più la stessa cosa).

Perché? Perché la base, sui social, mugugna. “La guerra è brutta. E poi signora mia, quei soldi si potrebbero spendere per BEN ALTRE cose”: il benaltrismo è la risposta di questo Paese a qualunque problema. In poche parole, si cerca sempre e comunque di soddisfare le richieste che arrivano dal pubblico pagante. E qui sta la novità rispetto a ieri e alla politica come tifo.

Qui entra in gioco Onlyfans.

OnlyFans è un sito web che offre un servizio di intrattenimento tramite abbonamento ed è è particolarmente famoso nel settore dell’intrattenimento per adulti, ma c’è spazio per qualsiasi cosa, dal fitness ai corsi di cucina.

Ma come funziona Onlyfans? Tramite abbonamento, come dicevamo: i follower si iscrivono al profilo del proprio beniamino o beniamina e,  pagando una tariffa mensile, possono vedere i loro clip e video. In questo modo il follower si sente “importante” perché il creatore fa quello che lui (o lei) chiede.

Così facendo il proprietario del profilo, fidelizza il suo pubblico e, se ci pensiamo un attimo, è proprio quello che fanno i partiti italiani: fidelizzano il proprio pubblico, parlano solo a questo; non c’è da stupirsi, quindi, se nessun partito supera il 20-22%.

Perché parla ad una fetta di elettorato che già lo vota (i follower fidelizzati di cui sopra), ignorando completamente la crescente quota di astenuti.

Perché i partiti si comportano così? Semplicemente perché è la via più facile, visto che non c’è bisogno di elaborare e convincere, ed è quella elettoralmente più appagante. Appagante fino a quando quel 20% di abbonati ancora esiste, però.

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