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Le giravolte degli ipocriti di casa nostra sulle spese militari

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Lo spessore di una classe politica si vede nei momenti più bui: il populismo riaffiora e le forze responsabili sono costrette a decisioni impopolari. Come si affrontano nel nostro sistema queste incombenze? Esiste una misura di spesa militare giusta?

La guerra in Ucraina è stata già classificata da numerosi analisti come uno di quegli eventi che costituiscono uno spartiacque storico: il più grande del nuovo millennio, forse anche più dell’11 settembre.

Se gli ultimi anni ci hanno abituati a grandi catastrofi e a grandi conseguenti cambiamenti, invero non si ravvisa nulla di nuovo nella condotta dei pentastellati. Pur notoriamente privi di alcuna cultura politica e capaci di scivoloni ormai proverbiali, hanno imparato in modo esemplare l’arte della pura ipocrisia.

Nonostante i morti, le devastazioni e gli effettivi pericoli in gioco, l’ex Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, con una intraprendenza che raramente gli abbiamo visto quando era collocato a Palazzo Chigi, ha intrapreso una battaglia di principio contro l’aumento della spesa militare proponendo argomentazioni populiste e soprattutto rinnegando il suo operato degli anni precedenti.

Non ha ancora raggiunto il livello del suo “primo amore” Matteo, che, pur avendo incarnato il principale promotore della corsa all’armamento domestico (“la difesa è sempre legittima”), ha adottato nelle ultime settimane posizioni che non si vedevano nemmeno in Emergency, creando una melodia all’unisono con figure quali Landini, Corradino Mineo e altri.

Per non divagare inutilmente, come ricordato dal Presidente Draghi nell’accesa conversazione di pochi giorni orsono, nei due Governi Conte la spese militare italiana è aumentata. È aumentata nonostante il contesto internazionale non fosse pari a quello attuale.

È aumentata perché nel 2014 è stato adottato il Defence Investment Pledge, un atto che chiedeva a tutti gli alleati di fermare i tagli ai budget della difesa e di rispettare la linea guida concordata dalla NATO di spendere almeno il 2% del prodotto interno lordo (PIL) per la difesa entro un decennio. Gli alleati hanno anche convenuto, nello stesso lasso di tempo, di passare a spendere almeno il 20% della spesa annuale per la difesa per nuove importanti attrezzature e le relative ricerca e sviluppo.

Per quale motivo è stato adottato questo atto? Perché proprio in quell’anno l’Ucraina aspirava a tagliare il cordone che la legava alla Federazione Russa e perché, a causa di minacce potenziali provenienti da altri quadranti e oltre ad un criterio di equità nella ripartizione delle spese, era emersa la necessità che gli Stati Europei provvedessero alla propria difesa in modo maggiore, senza ricorrere esclusivamente all’ombrello protettivo degli USA.

Se a qualunque persona ragionevole la guerra fa schifo, a livello statale non si può purtroppo prescindere dalla necessità di difendersi. Gli stessi Stati neutrali sono dotati di eserciti atti a preservare la propria integrità (e incolumità) territoriale.

In un’epoca in cui aspiranti o sedicenti dittatori minacciano Stati sovrani e, dando seguito alle minacce, commettono atrocità di ogni tipo anche e soprattutto verso i più deboli, le democrazie non possono girarsi dall’altro lato e lasciare che questi dittatori perseguano nelle loro scorrerie.

Fatta esclusione degli USA, gli eserciti degli Stati europei della NATO non hanno gli strumenti e gli organici per poter reggere una guerra in campo aperto. La cartina tornasole è il fatto che la Germania, Stato che negli ultimi decenni ci ha dimostrato essere estremamente attento alla spesa pubblica, ha previsto un piano di ammodernamento del proprio esercito per 100 miliardi di euro. Non tanto per una minaccia diretta alla Germania (sebbene qualcuno faccia notare che nell’idea di “Grande Russia” potrebbero rientrare i vecchi confini del Patto di Varsavia), quanto per poter contribuire a quell’effetto deterrenza dell’Alleanza Atlantica.

L’Italia, se aspira ad un ruolo internazionale, proprio per poter contribuire con i propri valori al mantenimento della pace nel mondo, deve essere parte di quei paesi democratici che permettono di far sì che gli aspiranti imperialisti non alzino la testa.

Il nostro Paese già adesso è uno dei fanalini di coda nella spesa militare statale, sebbene sia un produttore di armi che esporta comunemente in tutto il mondo, anche verso realtà non propriamente definibili come democratiche. Queste esportazioni non sono state oggetto di critica degli attuali sedicenti moralisti e pacifisti.

Peraltro, occorrerebbe ricordare all’ex Premier che le spese in ricerca militare producono numerosi effetti anche in tecnologie per uso civile, senza contare che con Leonardo, Finmeccanica e Fincantieri abbiamo nel nostro territorio numerosi player di settore, che determinerebbero comunque anche un ritorno economico, dimostrando ancora una volta come le parole di Conte (che auspicherebbe di destinare quei fondi ad altro) siano un semplice e puro populismo.  A tutti noi piace di più spendere per l’università, la ricerca in campo civile, il welfare, il benessere dei cittadini, ma i tank non si fermano con i fiori.

E proprio in un momento storico così difficile, gli ipocriti di casa nostra picconano la già flebile alleanza di governo per ragioni francamente non comprensibili da parte di chi scrive. Non comprensibili perché tale aumento di spesa è già stato votato dal M5s alla camera, perché negli anni passati proprio i governi Conte 1 e 2 avevano aumentato la spesa militare.

Inoltre, questa posizione intransigente è emersa proprio a seguito dell’inchiesta nata sugli opachi rapporti avuti con Putin al tempo della pandemia, in cui la non velata minaccia dei portavoce dello “Zar” ha ipotizzato foschi scenari ed è comunque una posizione nata a margine del “congresso” del M5s, che ha consacrato Giuseppe Conte leader con percentuali bulgare a discapito dell’ormai atlantista Ministro degli Esteri, dandogli la possibilità di riesumare figure mitologiche come la ex sindaca Raggi e l’ex ministro Toninelli. Sì, proprio lui, rispolverato insieme alle sue improponibili uscite.

E invece quindi di criticare la spesa militare, perché non ci raccontano che fine hanno fatto i fondi prelevati dai parlamentari e dagli eletti? Sono ancora usati per finalità di beneficienza? Personalmente non ne ho più sentito parlare…

Orbene, al di là dell’obbligo puramente morale di rispettare i patti stipulati con gli alleati, questo momento storico pone questioni molto difficili, ma lo statista deve prendere scelte impopolari quando queste sono necessarie. Per garantire un equilibrio mondiale e mettere alle corde gli imperialisti del 21° secolo occorre che le democrazie si attrezzino per poter fronteggiare tali minacce.

La guerra è la cosa più schifosa che possa esistere, tuttavia, per poter rispondere alle aggressioni, non esiste altro strumento se non dotarsi di strumenti di deterrenza.

Foto presa da open.online.it

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