Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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La Bolkestein è tornata con forza nel panorama politico ma il tema non è trovare colpe bensì soluzioni, con un conto alla rovescia avviato sulle scrivanie dei sindaci e degli assessori al demanio di tutta Italia, che dovranno pubblicare i nuovi bandi.

È il dicembre 2006 quando la Direttiva 123 viene pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dell’UE, dopo due anni di gestazione.

Sono passati sedici anni da allora, e nel nostro Paese tra emendamenti, sentenze e ricorsi siamo ancora lontani dal fare chiarezza sull’affidamento dei servizi nel mercato.

La Bolkestein “mira a stabilire legami sempre più stretti tra gli Stati ed i popoli europei e a garantire il progresso economico e sociale” ripristinando meccanismi che garantiscano la concorrenza laddove non sia presente.

L’ambito di applicazione è vasto, va dall’energia al demanio marittimo passando per le acque termali, e si basa sul concetto della disponibilità di risorse: più scarseggiano, meno sarà il numero di autorizzazioni concesse per sfruttarle, maggiore dovrà essere la concorrenza per affidarle.

Ma cosa è successo in Italia nel frattempo? E cosa cambia per i comuni, che gestiscono per conto del MEF le concessioni demaniali?

Dopo il primo timido recepimento avvenuto con il D.Lgs. 59 del 2010, che individua più eccezioni che regole, arriva la Legge di Bilancio dello Stato per il 2019, che proroga ex lege le concessioni demaniali a carattere turistico ricreativo fino al 2033, con gran sollievo dei sindacati dei balneari e degli operatori stessi, che nel pieno rispetto delle regole hanno investito, gestito e tratto profitto dalle concessioni affidate, rinnovate, prorogate negli anni.

Ci pensa poi il Consiglio di Stato lo scorso novembre a dichiarare la proroga anti comunitaria, facendo decadere con decorrenza 2024 le concessioni precedentemente rinnovate: è panico!

Panico, perché improvvisamente tutti iniziano a rendersi conto di quanto peso abbiano i sedici anni persi tra rinvii e indecisione, dei nodi che vengono al pettine, tra investimenti che rischiano di andare perduti e possibili speculazioni.

Accanto ai tanti dubbi e le legittime preoccupazioni affiora il tentativo di rivendicare una rendita di posizione dalla quale non può che rifuggire chi intende la cosa pubblica nell’accezione più alta e collegiale del termine.

La politica annaspa imbarazzata, si fatica a trovare prese di posizione equilibrate: tutti i partiti hanno avuto ruoli nei nove governi che si sono succeduti dall’entrata in vigore della direttiva e quindi nessuno è esente dalla corresponsabilità del caos demanio.

C’è chi ci prova, confidando nella scarsa memoria del cittadino- elettore, ma viviamo in un tempo di prove (soprattutto web e social) schiaccianti. Per esempio, sapevate che Giorgia Meloni era Ministro della Gioventù del governo Berlusconi del primo recepimento della Bolkestein?

Tuttavia il tema non è trovare colpe bensì soluzioni, con un conto alla rovescia avviato sulle scrivanie dei sindaci e degli assessori al demanio di tutta Italia, che dovranno pubblicare i nuovi bandi.

Ci penserà il Decreto Concorrenza a fare le regole: requisiti, quantificazioni, riconoscimenti ecc cadranno anche sulle dieci concessioni per stabilimenti balneari livornesi.

Ma per far turismo, soprattutto quello emozionale di gran tendenza, si sa, bisogna esser belli ed accattivanti: chi investirà sul litorale se le concessioni avranno una durata tale da consentire soltanto il rientro degli investimenti fatti? E quali investimenti saranno ritenuti meritevoli di essere considerati tali?

I comuni sono avvezzi ad ogni tipo di sfida, da quelle improvvise come la gestione dell’emergenza sanitaria a quelle di prospettiva e crescita come il PNRR, chiediamo solo ci siano concesse tre cose: regole chiare, un buon margine di flessibilità senza tradire lo spirito della norma europea, tempi adeguati.

La politica pensi a questo e non ad alimentare le varie fazioni, di scontri ne abbiamo già abbastanza.

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