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Dipartimento mamme: ma dove stiamo andando?

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Oggi ci divertiremo cari lettori a parlare di razza italica e di modelli genitoriali all’italiana che come sappiamo sono i migliori al mondo. Sono gli stessi che generano uomini incapaci, dipendenza da focolare e calzini stirati da mammà.

Parto alla grande perché quello che ho visto non mi piace e credo a nessuno di noi. Gli episodi che mi hanno turbato sono due in questi caldi giorni di luglio e speriamo che sia solo il caldo a generare nefandezze di questa portata.

Mi riferisco all’infelice uscita di Patrizia Prestipino, membro della direzione nazionale del Partito Democratico e responsabile del dipartimento del Partito Democratico per la difesa degli animali durante un intervento a sostegno del nuovo Dipartimento Mamme che si inserisce in una riorganizzazione proprio del Partito Democratico. Ed è questo il secondo episodio che mi turba, nel nome nelle finalità e speriamo almeno non deluda nella sostanza.

Andiamo per ordine. Parlare di razza è pericoloso e lo sappiamo bene. Se a farlo, è l’esponente di un Partito che in teoria rappresenta parte dell’orientamento di sinistra di un Paese è devastante soprattutto se si inserisce in un quadro socio culturale di populismo dilagante e di un preoccupante ritorno al fascismo con i vari stabilimenti balneari il cui motto è “Qui, a casa mia vige il Regime”
Mi preoccupa questa superficialità e il fatto che si possa pensare da un lato di permettere che certe affermazioni passino così in due giorni di polemiche sui social e via, e soprattutto che si associ la genitorialità in questo paese ad un fattore di italianità. La Prestipino, infatti, prosegue dicendo che il rischio è non avere più ragazzi italiani nel giro di pochi anni.

Addio al manzo italiano insomma, il latin lover pizza, spaghetti e mandolino che porta avanti questa stirpe autentica. Ma stiamo scherzando? Purtroppo no e la cosa peggiore è che non si pensi a come sostenere le famiglie (ma tutte, anche quelle non convenzionali) ed i genitori italiani magari con servizi dedicati al di là dei soliti incentivi, oppure non ci si preoccupi di integrare quelli che cittadini italiani lo sarebbero di diritto ma facciamo finta di nulla.

Per dirla tutta poi, e magari mi smentirete, dove nasce la razza italiana? Già con un sussidiario di terza elementare alla mano si capisce che nei secoli di storia il nostro paese è stato attraversato da popoli diversi, influenzato da correnti culturali eterogenee e trasversali che lo hanno reso un vero e proprio meltin pot. Basta solo attraversare la penisola in macchina per vedere che tra le 20 regioni non è facile rintracciare un filo conduttore, se non la lingua che abbiamo fatto molta fatica ad utilizzare come bene comune e ancora oggi in alcuni paesi è difficile i casi di solo dialetto non sono così rari.

Ed è proprio il linguaggio e la scelta delle parole che mi porta al secondo tema di questo articolo: il famigerato Dipartimento Mamme. Non genitori, non famiglie, non infanzia ma Mamme. Anche qui sono doverose le spiegazioni: il dipartimento in questione si inserisce in una riorganizzazione del Partito Democratico voluta dallo stesso Renzi. L’obiettivo dovrebbe essere quello di dare un sostegno concreto alle madri per consentire un migliore inserimento nel mondo del lavoro. Tutto bellissimo se non fosse che, di nuovo, si sbaglia la prospettiva. I figli sono di due persone ed escluderne una anche solo con un nome non è proprio un buon inizio. Mi piace poco anche la parola dipartimento ma lasciamo perdere. È l’idea di fondo che è sbagliata: la centralità della figura della mamma alla quale vengono appiccicate le responsabilità e gli oneri più difficili, dalla cura all’educazione dei figli, della casa, del marito quando c’è e che è autorizzato a non muovere un dito anche se la madre in questione lavora più di lui. La mamma porta i pantaloni, le gonne, il grembiule da cucina, il fazzoletto delle pulizie, la camicetta da ufficio e la borsa del bambino piena di pannolini e biberon. E sapete che c’è? Anche basta. Iniziamo a inquadrare le cose con le parole e impegniamoci a fare in modo che si realizzino. Mettiamoci in testa che le famiglie sono sistemi di collaborazione e aiuto reciproco e che fare i genitori è una cosa difficile da dividersi nei compiti, nei ruoli e nelle scelte condivise. E già che ci siamo, eliminiamo quell’assurda idea di focolare e di famiglia convenzionale: ci si può voler bene e crescere i figli anche in due case diverse basta non perdere di vista i fondamentali e cioè che la libertà e gli spazi individuali sono valori da rispettare per l’equilibrio delle persone che fanno parte del nucleo.

E a proposito di persone, di razza ce n’è una ed è quella umana come diceva Einstein.

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