Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Classifiche e classificati

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Il Sole24Ore ripropone saltuariamente la classifica di gradimenti dei sindaci: manco a dirlo il nostro Filippo Nogarin si barcamena nella parte bassissima di questa speciale graduatoria. Non è il primo anno che accade, ma è educativo leggere quali reazioni questa vicenda scatena partendo dal presupposto che il risultato non si può rapportare al consenso elettorale attuale ma rappresenta piuttosto una misura del gradimento ottenuto dalla figura del sindaco che fonde fattori emotivi e d’immagine e quelli più sostanziali dell’azione amministrativa e dalla qualità della vita quotidiana offerta dalla città.

Per i grillini livornesi essere 92esimi in una classifica di 104 sindaci è assolutamente motivo d’orgoglio: la prova provata che il “sistema” li teme e che il giornale della finanza fa di tutto per parlare male degli inventori del “Tallero” e della decrescita felice. C’è da dire però che in testa alla classifica c’è la sindaca di Torino: probabilmente l’opinione dei pentastellati sotto la Mole è differente…

La reazione delle opposizioni invece sono sempre le stesse, di default: “Ecco l’ennesima prova delle incapacità amministrative della Giunta.” Sotto inteso: la prossima volta votate noi che siamo meglio. Rimettendosi poi li ad attendere il prossimo passo falso per additarlo: non che si debba aspettare molto tra uno e l’altro.

Per i cittadini comuni invece questa classifica fa scattare la frase-simbolo della nuova hit di Rovazzi: “aspetta che ti mostro il ca*** che me ne frega.”

Si perchè la tragedia è che il gradimento in classifica di Nogarin sprofonda come le condizioni della città, che ad onor del vero non sono sprofondate a partire dal giugno 2014 ma nel momento in cui (diversi anni or sono) il sistema produttivo sostanzialmente industriale a proprietà statale è venuto meno. E nessuno, inclusi politica, tessuto produttivo, associazionismo e mass media, è riuscito a reinventare una strada efficace per rilanciare l’economia cittadina. Neanche il sindaco più improvvisato e meno amato dai suoi elettori, relegato al ruolo di avatar di Beppe Grillo che ormai vive nella sola speranza di poter spendere in Parlamento il secondo mandato, ha invertito questa rotta.

Nel 2014 i livornesi hanno votato cercando una speranza che ormai è stata chiaramente disattesa (e non ci voleva il Sole24Ore per capirlo): la situazione già critica è addirittura precipitata a violentissima velocità e in soli due anni e mezzo sono deflagrati i conflitti sociali (basta stare 5 minuti in fila alle poste o dal medico per sentire discorsi che un tempo sarebbero stati arditi perfino per piazze come Verona o Treviso, al netto delle giornaliere occupazioni abusive di immobili), sono decuplicate le multe (insieme alle rotatorie) mentre c’è un continuo fiorire di mercatini dell’usato e di cianfrusaglie.

A tutti noi serve quello che ci serviva nel giugno 2014: una speranza. E questa speranza è fatta di contenuti, idee e proposte che poggiano sulla volontà di stringersi la mano e di scegliere una strada che tiri fuori dal pantano la città che più amiamo.

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