Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Dimmi cosa voti e ti dirò chi sei

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Esco dal coro stavolta, perché non voglio parlare di contenuti ma di metodo. Devo dirvi la verità, con questo referendum mi sono annoiata e preoccupata e questa cosa non mi piace neanche un po’. Non entro nel merito di risultati, antefatti e scenari futuri, parlo proprio del nostro (nostro di tutti gli italiani) di fare politica nell’anno 2016. Tutto molto bello se si pensa che la partecipazione è stata alta e l’affluenza alle urne miracolosamente sopra il quorum che non c’era.

Il dato è positivo e forse gli italiani hanno di nuovo voglia di interessarsi del proprio paese. Certo che sì, se non fosse che lo fanno nel modo sbagliato.

A parte che, a parer mio, la risonanza di questo referendum è stata troppo lunga: per un mese non si è parlato d’altro se non qualche post che invitava giustamente a riprendere fiato. Ma questo sarebbe stato bellissimo se non fosse stata una guerra. Una guerra a colpi di post e di offese che sono rimbalzate per giorni ed hanno abbassato il livello del dialogo, anzi l’hanno del tutto cancellato. Tanto da farmi pensare alla bellezza della democrazia. Un ideale bellissimo e pacifico che mi fa pensare all’agorà greca in cui tutti potevano parlare, ma parlavano per costruire e non per distruggere l’altro. Ovviamente discutevano e i toni saranno stati anche accesi, ma la discussione in Italia è stata una giungla.

Se non voti come me sei un cretino, se non dici che cosa voti sei omertoso o menefreghista, e se non la pensiamo allo stesso modo non tollero nemmeno la tua presenza. Mi dispiace ma questo per me non è fare politica, nemmeno una politica da bar o da social.

Fare politica e farla bene significa avere la pazienza di ascoltare soprattutto chi non la pensa come noi, ma non per cambiare idea o convincere l’altra persona, solo per analizzare la questione anche da altre prospettive e magari valutare aspetti che non avevamo preso in considerazione. Questo per me ha valore.

E lo ha anche la segretezza del voto: io non sono obbligata a sbandierare la mia decisione (ammesso che non abbia un ruolo pubblico e di schieramento forte) e il mio voto non dirà se sono giusta o sbagliata, semplicemente esprimerà la mia opinione in merito ad una questione, o meglio ad un quesito, come in questo caso.

Non siamo tutti esperti di politica e le persone non si dividono tra il NO e il SI, perché sarebbe troppo facile. Manteniamo le nostre posizioni, combattiamo per ideali e opinioni perché la libertà d’espressione è una delle più belle cose che possediamo. Ma proviamo a farlo meglio, solo questo.

Mi piacerebbe che questo referendum ci servisse da lezione: per esercitare il buon senso e dare davvero valore al dialogo politico, nei bar, nelle piazze e sui social network.

La prossima volta pensiamoci, potrebbe andare meglio. SI o NO?

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