Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Italia, 5 dicembre 2016

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Italia, 5 dicembre 2016

Ebbene si, il risultato delle urne è chiaro e inappellabile: il popolo italiano ha rifiutato le modifiche alla costituzione proposte nella riforma “Boschi-Renzi”. I sondaggi pre elettorali sono stati in bilico per mesi e si sono in fine risolti con questo esito: i NO prevalgono sui SI.

Qualunque fosse stato il risultato di questo referendum, mi dicevo, sarebbe stato necessario mettere un punto: nel paese, nella storia, nella mia vita. Se avesse vinto il SI, questo sarebbe stato un punto e virgola che avrebbe permesso di cambiare argomento, di cambiare il passo rispetto al periodo grammaticale precedente. L’affermazione del NO mi impone di applicare un punto fermo, la punteggiatura più drastica: serve una pausa di riflessione.

Livorno è la città che amo, profondamente e visceralmente, sopra ogni altra cosa. All’età di 16 anni ho iniziato a guidare il motorino e ho scelto di partecipare alla vita politica. Nella mia famiglia, molto modesta, nessuno ha mai fatto politica ad esclusione del mio nonno: ma il dopoguerra era un periodo diverso dal punto di vista sociale, era normale riunirsi attorno ad un tavolo e ad un’idea da dibattere, comprendere, confutare, analizzare. Negli anni ’50 era normale leggere, documentarsi, confrontarsi in un Italia a cui era stato dapprima impedito per 20 anni e successivamente era troppo occupata a ripartire dalle proprie macerie. Ma il mio nonno, come moltissimi in quel periodo, non era mai stato un “dirigente”: si è sempre limitato ad essere un semplice iscritto con responsabilità massima: “diffusore de L’Unità”. Sua figlia, mia mamma, da ragazza ha partecipato alla vita politica tramite potenti strusciate di pomodoro sul pane alla Festa de L’Unità. Nessuno mi ha mai invitato o spinto verso quell’atto inconsueto nel 2000 di “prendere la tessera” di un partito: anzi, mia nonna ha sempre temuto che mi facessero persecuzioni, sgarbi o venissi penalizzato a scuola, retaggio di un’epoca che fortunatamente non c’è più.

Ho deciso di partecipare alla vita politica attraverso lo strumento dei Partiti: altri miei amici lo facevano con i coordinamenti studenteschi, altri tramite i centri sociali.

Vedete, i discorsi che “si fa politica per avere qualcosa in cambio” sono pronunciati spesso da chi farebbe politica solo per avere qualcosa in cambio. Non gli credete, la politica in tanti casi si fa per amore. Si fa per amore verso qualcosa che si vede in difficoltà, per qualcosa che è in una situazione che potrebbe e dovrebbe essere migliore. Si fa politica perchè si pensa che il proprio contributo dato con la testa, le mani, le gambe e la bocca possa aiutare a raggiungere la situazione migliore che si augura alla “persona” amata. Per fare questo si spendono energie (e risorse) personali che vengono puntualmente sottratte allo studio, al lavoro, allo sport, agli affetti e agli amori: tra quelli che conosco c’è chi per un volantinaggio o una riunione in più ha rinunciato a dare gli esami di stato delle scuole serali, chi si è laureato in ritardo, chi ha rinunciato a seguire l’amore che era andato a studiare fuori dall’Italia e chi ha messo a repentaglio il quieto vivere della famiglia. Qualcuno ha avuto la bontà di tirarsi fuori al momento giusto: uno fa il medico che gira nei migliori ospedali europei e un altro è entrato nel corpo diplomatico dello Stato Italiano.

Intendiamoci: molti hanno votato NO perchè legittimamente non convinti in toto dal testo o da altri fattori di analisi personale sui contenuti della riforma, e a loro va la mia più grande comprensione. Ma il NO di ieri è soprattutto la rappresentazione plastica che la stragrande maggioranza delle energie dei miei migliori anni sono state utili solo per la mia formazione, ma non hanno migliorato di una virgola le condizioni della Città che tanto amo e del mio Paese. Non sono state neanche sufficienti a far accogliere una riforma il cui punto cardine è atteso da più di trenta anni e percepito come necessario dalla maggioranza dell’opinione pubblica (la fine del bicameralismo perfetto). Un riforma equilibrata perchè non va ne a sconvolgere la forma dello stato verso il presidenzialismo né a rafforzare uno dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giuridico). Le mie energie non sono state sufficienti a far fronte alle energie impiegate per vendetta, per giochi politici orientati alla conquista del potere o per semplice e puro conservatorismo a tutti i costi: ho perso, ma non mi farò sconfiggere del tutto. Ho perso culturalmente, ho perso perchè ha vinto chi pensa che non si debba o possa mai cambiare nulla.

Ma ho perso in buona compagnia. La Brexit, la vittoria di Trump, l’ondata populista nel mondo sono uno schiaffo verso chi pensa che la politica possa costruire qualcosa e non soltanto reagire d’istinto. Inizia una stagione dura, cerchiamo di rialzarci presto, insieme.

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