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La rissa referendaria

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A meno di due mesi dal referendum costituzionale abbiamo già fatto il pieno di urlatori, complottisti, ossessivo compulsivi, commentatori seriali, lugubri profeti di sventure. E’ comunque curioso constatare che per una volta non è necessario aderire alla schiera dei pessimisti che vedono sempre l’Italia come il punto più basso nella gerarchia di una qualsivoglia classifica. Quelle cose tipo “come sono puliti gli austriaci”, “accoglienti gli spagnoli”, “riservati gli inglesi” e noi sempre ultimi.

Perché in questa specifica classifica che riguarda il livello del dibattito pubblico, stretti tra la misoginia di Donald Trump, l’assassinio della deputata inglese Jo Cox durante la campagna elettorale per la Brexit, o la strategia repressiva e violenta di Erdogan, se proprio dobbiamo essere ultimi per tradizione, lo siamo in triste ed ampia compagnia.

Si sprecano le affermazioni, considerando entrambi gli schieramenti in campo, costruite ad arte per scatenare gli ultras. Del resto per molti soggetti, il quesito referendario e la discussione sui contenuti hanno lasciato il posto per altri tipi di battaglie. Facile anche notare come alle tv ed ai giornali tutto ciò vada benissimo. Titolano, a cadenza settimanale, “Si accendono i toni” “Si scalda il dibattito” “Tensione tra tizio e caio” perché questo è funzionale ad esigenze commerciali. Pancia piena per l’Italia bellezza e per la sua passione verso la polemica ed il gossip.

Per chi ha voglia di divertirsi, questa brutta campagna elettorale sta regalando il toto “argomento tendenzioso”. Tra i più abusati: “La costituzione più bella del mondo”, “il Parlamento è illegittimo quindi la riforma è illegittima”, “Se passa il Si c’è la riforma ma se passa il No avremo questo”, “Lui, se fosse vivo, avrebbe votato così”, “I costituzionalisti veri sono questi”.

Per non lasciare nulla di intentato, domandiamoci se tutte queste cose sono vere/utili/necessarie al dibattito.

La bellezza della carta costituzionale è argomento mistico, un accostamento quasi obbligatorio. Come a dire: abbiamo un sacco di problemi in questo paese, ma vuoi mettere la bellezza della nostra carta? Che corrisponda ad una qualità visiva o lessicale, resta un mistero. Sciocco è negare l’importanza della fase costituente, non conoscere gli equilibri tra forze politiche e sociali che hanno prodotto quel risultato, dimenticare la fase storica in cui il tutto avveniva. Altrettanto sciocco è pensare che tutto debba restare immutabile o debba essere peggiorativo. Bello e brutto sono davvero categorie su cui votare ad un referendum? Tra l’altro la “Costituzione più bella del mondo” è quella che è stata già riformata molte volte, dopo che l’hanno pensata quei nobili padri costituenti. Chiamiamola bellina a questo punto…

Che questo Parlamento possa legiferare nonostante la dichiarazione di incostituzionalità del Porcellum ce lo dice la stessa sentenza N.1 del 2014 della Corte Costituzionale. Quella citata da molti per attaccare la legittimità di questa legislatura. La corte conclude così “Le elezioni che si sono svolte in applicazione anche delle norme elettorali dichiarate costituzionalmente illegittime costituiscono, in definitiva, e con ogni evidenza, un fatto concluso, posto che il processo di composizione delle Camere si compie con la proclamazione degli eletti. Del pari, non sono riguardati gli atti che le Camere adotteranno prima che si svolgano nuove consultazioni elettorali. Rileva nella specie il principio fondamentale della continuità dello Stato, che non è un’astrazione e dunque si realizza in concreto attraverso la continuità in particolare dei suoi organi costituzionali: di tutti gli organi costituzionali, a cominciare dal Parlamento. È pertanto fuori di ogni ragionevole dubbio – è appena il caso di ribadirlo – che nessuna incidenza è in grado di spiegare la presente decisione neppure con riferimento agli atti che le Camere adotteranno prima di nuove consultazioni elettorali: le Camere sono organi costituzionalmente necessari ed indefettibili e non possono in alcun momento cessare di esistere o perdere la capacità di deliberare”.

Cosa accade davvero se passa il Si e cosa se passa il No? Questo è un sotto inteso al quale si tende non dare troppa rilevanza, ma in realtà è molto significativo in entrambi i casi.
Se dovesse passare il Si non sarà tutto automatico. Diventa importantissima la fase di attuazione della riforma. Servirà tempo, decreti attuativi, modifiche ai regolamenti. Un esempio recente da citare riguarda la modifica del Titolo V avvenuta nel 2001 (la più grande modifica costituzionale della nostra carta). Scritta in epoca di governo di centro sinistra (1996-2001), approvata non con una grande maggioranza parlamentare, sottoposta al referendum che ne ha dato il via libera ed attuata durante la legislatura successiva da un governo di centro destra. Potete immaginare che i tempi non proprio celeri ed il modo in cui la nuova maggioranza politica che governava in quel momento ha attuato il testo, non hanno contribuito a vedere le intenzioni trasformate in realtà. Potrebbe accadere la stessa cosa se questa legislatura non completasse entro il 2018 l’attuazione o se si andasse ad elezioni anticipate.
Invece nel caso di vittoria del No è giusto dire che le cose non cambieranno (il giorno dopo il voto) rispetto ad oggi. Per due motivi. 1, non ci sono i numeri in parlamento per una diversa riforma costituzionale. Questa spetterebbe probabilmente alla prossima legislatura e solo nel caso in cui chi vincesse le elezioni se ne facesse carico. Ma non è né un automatismo né una certezza. 2, è un referendum confermativo. Ci viene chiesto se siamo d’accordo con le modifiche apportate alla Costituzione oppure no, non ci viene chiesto di graduare o esprimere una valutazione tra interventi diversi. L’unica cosa che probabilmente cambierà sarà la legge elettorale. L’Italicum è stato pensato per funzionare con una sola camera. Se la riforma non passasse ed il Senato rimanesse come è oggi, senza una modifica della nuova legge elettorale, si applicherebbe per il Senato il Consultellum ovvero il Porcellum come modificato dalla Corte Costituzionale. Avremo cioè due leggi elettorali diverse per Camera e Senato con il rischio concreto di non produrre un risultato certo durante le elezioni. Ecco perché si sentono già diversi commentatori che parlano di governo tecnico (per rivedere la legge elettorale) in caso di sconfitta del fronte del Si al referendum.

I padri nobili defunti sono forse la cosa più odiosa a cui stiamo assistendo: Berlinguer avrebbe votato così, Moro pure, Mortati però, Montanelli invece, Craxi forse… Cosa interessante è semmai rileggere affermazioni o scritture di grandi personaggi per capire i principi di fondo di quelle parole e cercare di calarli nell’oggi. Ma trarre un automatismo tra affermazione e voto è operazione spregiudicata che tra l’altro genera l’intervento di parenti o amici pronti a smentire di continuo, dando addirittura, anche loro cadendo nell’errore, l’interpretazione autentica del voto… Il voto è segreto, soprattutto per i defunti.

Sulla qualità/autorevolezza dei costituzionalisti, lasciamo perdere. Ce ne sono a decine in entrambi gli schieramenti. Hanno, molto banalmente, opinioni diverse, perché diversi sono i punti di vista. Ma non per questo uno è più degno dell’altro nello sfoggiare la qualifica. Ecco un esempio concreto, attenendosi al merito, di quel che intendo: “I fautori del Si credono nella democrazia competitiva alla Schumpeter: gli ordinamenti contemporanei sono governati dalla maggior minoranza ed è il corpo elettorale (non le negoziazioni partitiche) che decide quale. […] legge elettorale a doppio turno, scelta esplicita della maggioranza e del presidente del consiglio come per l’elezione diretta dei sindaci, governi di legislatura etc. […] Zagrebelsky (ed i fautori del No), al contrario contestano che le elezioni debbano produrre oltre che rappresentanza anche governo; evocano Rousseau e fanno capire che la democrazia maggioritaria all’inglese non gli piace; propongono una democrazia fondata sul concorso di tutte le forze politiche in assemblee legislative nelle quali gli uni cercano di convincere gli altri; […] Auspicano un governo assembleare più che parlamentare e tacciano di autoritarismo i fautori del Si.

Un livello del dibattito rispettoso ma che ovviamente presuppone, per poterlo affrontare, la conoscenza di almeno alcuni aspetti istituzionali e politologici comparati: leggi elettorali, sistemi politici stranieri (in questo caso quello anglosassone), dottrine politiche (Schumpeter, Rousseau) e storia della prima repubblica del nostro paese. Era difficile? Bene, ci spinge ad approfondire ulteriormente per poter comprendere. E sarebbe bello nelle prossime settimane discutere di queste cose e non del gossip o degli argomenti tendenziosi.

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