Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Chiusi in se stessi. Senza chiave

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Livorno. Nuove modalità di accesso al Palazzo. E’ questo il nome che accomuna i tre passaggi fondamentali degli ultimi mesi. Il Rapporto del Direttore Generale del 19 aprile 2016 protocollo n. 44676, la Decisione di giunta n. 109 del 4 maggio e la successiva Delibera di giunta n. 307 del 21 giugno 2016. Il tutto comincia con queste parole: “Nel corso degli ultimi mesi a seguito del verificarsi di spiacevoli episodi che hanno coinvolto anche i membri della giunta comunale, è emersa la sempre maggiore necessità di garantire la sicurezza del Palazzo Comunale.” Nel primo rapporto vengono poi identificate tre modalità di intervento, dalla più restrittiva alla meno. E’ stata scelta la formula più restrittiva tra le tre, quella di cui ormai da giorni si legge sulla stampa.

Ma facciamo una cosa diversa. Non limitiamoci al racconto dei fatti o alla descrizione degli atti. Questi sono stati molto bene raccontati e diffusi nell’opinione pubblica. Proviamo invece a dare l’interpretazione emotiva, quella immediata, senza filtri. Blaise Pascal ci avrebbe risposto così: “Perché noi conosciamo la Verità non soltanto con la ragione, ma anche con il cuore. In quest’ultimo modo conosciamo i princípi primi; e invano il ragionamento, che non vi ha parte, cerca d’impugnare la certezza.

Lasciamo da parte il dibattito sul tipo di soluzione adottata. Tra l’altro, con modalità di dialogo diverse e possibilità di confronto, si poteva intervenire in una direzione più condivisa. Ad esempio è certamente deprecabile che si sia arrivati a tutto questo senza nemmeno una discussione in Consiglio Comunale ma che tutto si sia svolto tra la giunta e una Conferenza dei Capigruppo rimasta inascoltata. Una decisione del genere riguardava tutta la comunità politica, non solo la maggioranza ed oggi la maggioranza non sarebbe stata da sola a difenderla. E aggiungo anche, auspicando che non si tenti di strumentalizzare queste parole, che alcune esigenze di regolamentazione o sicurezza vanno pur riconosciute e sottolineo alcune. La casa di tutti, il Comune, non va confusa con la casa in cui tutti fanno cosa gli pare.

Ma la domanda è, tornando all’interpretazione emotiva e uscendo dal confronto prettamente razionale e tecnico, Livorno si può permettere oggi questo tipo di messaggio? A Bologna si è arrivati ad una soluzione di regolamentazione degli accessi dopo l’ingresso di un uomo armato nel palazzo di vetro. A Livorno, ricordatevi le parole con cui si apre il rapporto iniziale, ci arriviamo a seguito di spiacevoli episodi. Quella Livorno che doveva sperimentare i cassetti aperti, l’aria nuova derivante da tutte le finestre spalancate, la partecipazione attiva dei cittadini e la trasparenza data da uno streaming permanente, ossessivo e maniacale. Il messaggio invece è cupo, cinico, di isolamento. Un tentativo estremo di controllare tutto e tutti. Chi entra e chi esce, giornalisti, consiglieri comunali o cittadini. Come se fino ad oggi gli assessori o il sindaco non fossero “protetti” dalle loro porte, dai commessi, dai vigili urbani e dalle loro segreterie.

A Livorno arriviamo a questa scelta soprattutto per il clima sprezzante che ha voluto creare chi governa, magari strizzando l’occhio per molto tempo a chi, adesso, non riesce più a gestire. Ci siamo forse dimenticati che durante il decisivo Consiglio Comunale infuocato su Aamps è comparsa quella che a tutti è sembrata una chiamata alle “armi” (spinta anche dal gruppo consiliare grillino su Fb) di tutti gli attivisti 5Stelle finalizzata a militarizzare l’aula consiliare? Ci siamo dimenticati i lanci di oggetti e gli spintoni dedicati agli sconfitti quando Nogarin è diventato sindaco? Ci sono interessanti video di quelle ore ancora online. Sono utili per percepire il tifo da stadio che in quel caso evidentemente non necessitava né di limitazioni né di regolamenti ma anzi era un piacere cavalcarlo. Ci siamo dimenticati le affermazioni sui nemici da odiare, in questo caso il Pd, promosse dal Sindaco? E la battuta di Nogarin sul disinfestare l’ippodromo dopo che vi era stata la Festa de l’Unità? Gli attacchi ai media quando scrivono cose scomode? Non è folklore, non sono frasi in libertà. Sono parole che pesano come macigni su una città già lacerata ed in difficoltà economica e sociale e che danno il senso di voler soffiare sulla rabbia.

Per uscire da questa spirale c’era una strada, abbandonata ormai da mesi: quella di governare una città di tutti, non solo di una parte. Abbandonare la maschera della campagna elettorale e ricordarsi di governare, provando a ricucire e a tessere. Eppure anche questa volta viviamo una decisione, mai presa prima nella storia di questa città, fatta rinchiudendosi in se stessi e avendo ormai smarrito la chiave. 36mila voti su 160mila possono certamente consegnare una città ad un sindaco piuttosto che ad un altro, ma non creano mai un diritto all’arroganza, tanto meno se questa si trasforma in un pericoloso isolamento delle istituzioni democratiche dai cittadini.

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