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Perchè è giusto andare a votare Si

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Domani si svolgerà il Referendum abrogativo sulla norma che estende la durata della Concessioni all’estrazione di idrocarburi entro le 12 miglia. Io ho deciso di andare a votare e lo farò per il SI. Ovviamente, non ho la pretesa, il giorno prima del voto, di convincere con questo breve post chi ha già deciso di non votare o chi magari lo farà e voterà NO. Cercherò, però, di rispondere di seguito ad alcune delle obiezioni più frequenti che si è sentito fare chi come me si è schierato per il SI. Partiamo dal principio.

1. L’astensione è una scelta legittima. Certo che lo è. Nessuno lo mette in dubbio. Se permettete, però, nell’anniversario dei settant’anni del suffragio universale in Italia (1946), io vorrei onorare questo diritto esercitandolo. Così come dovrebbero fare, a mio modesto parere, tutti quelli che ritengono di voler affossare il quesito referendario. Andate a votare e votate per il NO, se siete convinti che sia giusto estendere le concessioni a tempo indeterminato. Oppure, se davvero non avete avuto modo di informarvi a sufficienza in materia, andate e lasciate scheda bianca. Questa è l’astensione che conosco. La scelta di non presentarsi ai seggi, in questo tipo di referendum, è chiaramente ostruzionistica – come quella, del resto, di non accorpare il giorno di domani alle elezioni amministrative di Milano, Roma, Napoli e altre grandi città – e non mi si venga a raccontare che i padri costituenti avevano pensato, nel 1946, dopo 20 anni di fascismo, di incentivare il non voto. Andate a votare NO, assumetevi le responsabilità – legittime – delle vostre idee. Non nascondetevi dietro una giornata di sole o il parere di qualche costituzionalista da tastiera.

2. Le piattaforme operanti entro le 12 miglia sono una piccola parte. E comunque anche la Croazia le ha. Certo. Ma da qualcosa bisognerà pur iniziare, oppure no? E poi, detto tra di noi, a me delle politiche croate in tema di energia interessa fino ad un certo punto, visto che spetta a loro determinarle. Pensiamo alle nostre di politiche energetiche e questa è l’occasione per farlo in prima persona. Mandiamo un messaggio prima di tutto politico: non è questo il futuro che vogliamo, anzi, prima chiudiamo le porte dei pozzi di estrazione e più velocemente potremo occuparci di concentrare le nostre forze altrove. Sulle rinnovabili, ad esempio, dove è vero che siamo messi abbastanza bene ma possiamo sicuramente crescere, cosa che non possiamo fare nel campo degli idrocarburi. Se volete saperne di più guardate questi grafici sui prezzi del petrolio degli ultimi 5 anni. Voi ci investireste i vostri risparmi?

3. Il quesito è troppo tecnico. Non è materia dei cittadini, lasciamola ai politici. Il quesito appare complicato ma non lo è. E non è tecnico, è puramente economico. In sostanza, si chiede di abrogare una norma con la quale si estenderebbe a tempo indeterminato – meglio, fino ad esaurimento del giacimento – la possibilità di estrazione e di riportare la scadenza del permesso a tempo determinato, alla sua naturale scadenza. Ma vi sembra giusto dare una concessione senza scadenza a chi già sta estraendo risorse da più di 30 anni nei nostri mari? Io credo proprio di no. Conoscete concessioni a tempo indeterminato? Perché ci si batte, ad esempio, contro i proprietari degli stabilimenti balneari e poi, invece, si permette a chi già a poteri enormi (pensate a quando manca l’energia elettrica in casa a quante attività dovete rinunciare a fare, anche solo per qualche ora) di continuare ad esercitarli senza limiti di tempo?

4. Se vincesse il SI, il problema ecologico sarebbe maggiore perché chiudere un giacimento operativo è più pericoloso che chiuderlo a fine giacimento. Fesserie. Intanto, per fare chiarezza, è giusto precisare che un giacimento non si esaurisce come una fontana d’acqua, ma vede ridursi la sua produttività fino ad un momento in cui i costi di estrazione sono maggiori al valore delle risorse estratte. E magari poi, dopo anni di inattività, può essere anche riaperto, perché i giacimenti sono “vivi”, mutano negli anni. E questo sapete cosa significa? Che la data di chiusura certa esiste veramente in pochi casi e questo comporta, quindi, che sia difficile intimare la bonifica ai gestori, che potrebbero sempre obiettare il non completo esaurimento del giacimento e rimandare le opere di bonifica di anni, se va bene, ovvero di decenni. E chi si occuperà poi della bonifica? Avanti con il punto n.5.

5. Le opere di bonifica verrebbero ugualmente svolte alla fine del giacimento. Eh si, credeteci. Tralasciando per un attimo quanto detto sopra, e ammettendo una fine del giacimento certa, vi sottopongo questo mio dubbio. Secondo voi, chi ha estratto per decenni senza preoccuparsi di stanziare oneri per la bonifica – andate a consultare i bilanci delle aziende proprietarie dei maggiori stabilimenti inquinanti italiani e cercate le relative somme in bilancio e, eventualmente ci fossero, chiedetevi se siano davvero sufficienti – sapendo di avere una concessione a tempo indeterminato, si affretterebbe a dichiarare esaurito un giacimento e ad apportare le bonifiche dovute? Io ho dei seri dubbi in merito. Anche per quanto detto sopra, nel caso in cui non vincesse il SI, preparatevi a trovarvi necessariamente davanti al fatto compiuto: le piattaforme rimarranno lì fintanto che non diventeranno davvero fastidiose (magari agli operatori turistici o ai normali cittadini) nonostante siano esaurite. E indovinate, infine, a chi toccherà la bonifica: agli (ex) gestori oppure allo Stato e quindi ai cittadini stessi? Con la fiscalità generale, of course.

6. Se vincesse il SI, si perderebbero molti posti di lavoro. Falso. Intanto, qualora vincesse il SI, le concessioni non scadrebbero domani, bensì nei prossimi anni e si avrebbe tutto il tempo per pensare a come reimpiegare le risorse umane delle aziende coinvolte. Che, ad esempio, potrebbero trovare lavoro proprio nelle opere di bonifica che si compirebbero in diversi anni, ovvero in altri stabilimenti produttivi delle aziende in questione in tutto il mondo, dato che ci vantiamo di avere know-how da vendere nel settore delle estrazioni. E poi, comunque, pensate che si estragga petrolio per sempre? Oppure, forse, se ne estrarrà sempre meno? Vedi punto n.2.

7. Non estrarre petrolio qui in maniera sicura, vuol dire estrarlo altrove non rispettando i lavoratori e l’ambiente. Sicuramente, le estrazioni nei paesi civilizzati soddisfano dei requisiti di sicurezza e di social responsability più alti rispetto a quelli garantiti nei paesi del terzo mondo, ricchi di questo tipo – e di altri – di materie prime. Ma perché non chiedere, attraverso una pratica banalissima (ma stancante, perché ahimè ci obbliga ad informarci prima di acquistare) che si chiama consumo critico, ad Eni e alle altre aziende di rispettare i lavoratori e i cittadini – e l’ambiente – qualunque colore della pelle abbiano e dovunque operino? Spostiamo i consumi su chi garantisce gli standard che riteniamo accettabili e scegliamo di non consumare più prodotti di aziende che si mettono questi principi sotto i piedi. Ma facciamolo per tutto, però: vestiti, prodotti tecnologici, agroalimentare, ecc.

8. Votare è inutile, tanto le cose non cambiano. Questo è l’evergreen degli svogliati. Cambiano, eccome se cambiano. Se siete indecisi, provate ad andare e, se vi ho convinto, votare SI. Sicuramente vi sentirete meglio e a posto con la vostra coscienza. E se riusciremo ad essere in tanti, state sicuri che il messaggio arriverà a chi di dovere e non potrà far finta di non sentire.
Buon voto!

Ps: può darsi mi sia dimenticato qualche obiezione o l’abbia volutamente tralasciata. In entrambi i casi, credo che i motivi appena esposti siano più che sufficienti per decidere di andare a votare. E farlo per il SI, ovvio

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