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Family Day: conflitto Chiesa- Italiani?

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E’ recente la notizia che, qualora ci fossero degli interessati alla partecipazione del Family Day che partono da Livorno, il viaggio sarebbe corrisposto dalla diocesi, che intende in tale maniera favorire la partecipazione alla manifestazione.

Debbo fare delle premesse: nessun credente di nessuna religione ha mai turbato il mio sonno, né in positivo né in negativo. Anzi, invidio sinceramente coloro a cui sia stato fatto il dono della fede, che io non ho ricevuto. E benché non abbia ricevuto questo dono, suppongo di comportarmi seguendo abbastanza bene gli insegnamenti Cristiani: do a Cesare quel che è di Cesare, non disperdo il mio talento che esercito nel mio lavoro, mi occupo della comunità e faccio beneficenza, cerco di peccare il meno possibile perché non ho nessuno a cui rivolgermi per l’assoluzione tranne la mia coscienza che però è tristemente rigida e inflessibile.

La Chiesa ha il pieno diritto di tutelare la propria visione del mondo, nella quale non c’è posto per i diritti delle coppie omosessuali e dei loro figli. Sono stati sciocchi coloro che, attribuendo dei “poteri magici” a Papa Francesco che si è dimostrato essere personaggio particolarmente progressista, si aspettavano un pronunciamento della Chiesa in senso diverso da quello che è avvenuto. Ma non è questo il punto.

Dispiace, quello si, che la religione il cui Messia è stato uno dei primi pacifisti e socialisti della storia, promuova una manifestazione sostenuta da reazionari, omofobi e liberticidi la cui intenzione non è di valorizzare e rafforzare il ruolo nella società delle famiglie c.d. “tradizionali”, ma la cui aspirazione è quella di esercitare la prepotenza di rifiutarsi di accordare il diritto alla riconoscenza dei  diritti civili di un sentimento forte ma delicato come l’amore.

Ma il punto non è neanche questo. Il punto è che da sempre alla Chiesa è stata riservata dallo Stato una disciplina fiscale atta a drenare il minor quantitativo possibile di risorse dal patrimonio ecclesiastico. E non solo per l’ovvio afflusso di risorse derivanti da oboli e attività di raccolta e lasciti di credenti sui quali sarebbe delittuoso per lo Stato tentare di avanzare un qualche diritto. Si è permesso di esercitare attività economiche quali accoglienza turistica, insegnamento privato, utilizzo di mercato per abitazioni, fondi commerciali e case vacanze e poi si è permesso di far “finanziarizzare” queste risorse attraverso lo IOR. In queste occasioni abbiamo sacrificato il principio della tassazione come mezzo per lo Stato di raccogliere risorse e redistribuirle per tutta la comunità e/o di erogare servizi, abbiamo rinunciato a garantire a tutti i cittadini la stessa eguaglianza nel mercato comune: insomma, abbiamo in qualche modo rinunciato a fare lo Stato. Lo abbiamo fatto non solo per ingraziarsi chi possiede quasi egemonicamente il potere Temporale (ed esercita potere politico), ma lo abbiamo fatto anche per altri due motivi di natura antropologica-culturale e sociale. In primis gli italiani sono da sempre più in sintonia con la croce che con la Costituzione e con il parroco piuttosto che con il Sindaco. E poi, perchè nel tempo la Chiesa ha redistribuito a sua volta efficientemente queste risorse operando una preziosa opera sociale con gli oratori per i bambini, mense ed opere per i poveri, controllo sociale, alfabetizzazione, vacanze estive.

Mi chiedo che senso abbia perpetrare questa situazione fiscale dal momento in cui la Chiesa ha cambiato palesemente il ruolo che riveste nella nostra società, offra servizi con logiche di mercato e svolga la maggioranza delle opere caritatevoli e sociali con la partecipazione economica statale. Oppure si permetta di sperperare in operazioni poco chiare finanziarie o per ristrutturare gli attici dei Cardinali. Tanto più che quei denari stavolta, ancora una volta, serviranno per porsi in antitesi allo Stato e alla volontà della stragrande maggioranza dei cittadini (cattolici o meno) favorevoli ai diritti dell’amore.

 

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