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Ex Lazzeri, Ex Edison, Ex Mondadori. La Livorno degli ex

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Da ex Teatro Lazzeri, ad ex Edison. Da ex Edison, ad ex Mondadori. Per cui ex, punto. A Livorno è una storia che si ripete quella degli ex e qualcosa. Ex Pirelli, Ex Gran Guardia, Ex Odeon, Ex Fiat, Ex terme del Corallo. La parola ex mi spaventa molto e lo fa sia sotto l’aspetto identitario che sotto quello programmatico. Se guardo all’identità mi viene da citare quella capacità di noi livornesi di guardare sempre indietro, ai ricordi dei momenti gloriosi. Fino a trasformare i ricordi in alibi per non impegnarsi troppo nel pensare a cosa fare per il futuro. Utilizzare l’ex per non lasciar andare qualcosa, trattenerlo a noi. Non è ma stata la Mondadori, è stata per tutti la ex Edison. Però se è vero che, come direbbe un gruppo musicale italiano, i Baustelle, “il tempo ci sfugge ma il segno del tempo rimane” è altrettanto vero che il segno del tempo va saputo affrontare. Da qui la preoccupazione che il tema dell’ex diventi una sorta di blocco psicologico per programmare nuovo sviluppo, per sviluppare nuove idee.

Una riflessione sui luoghi della nostra città e sulle vocazioni di questi luoghi ricordo che la facemmo durante la campagna elettorale. Sembra un secolo fa, in termini politici. Ma era evidente allora ed è evidente oggi di fronte a fatti eclatanti come quello che racconta l’ennesima chiusura di un luogo importante, che la nostra città deve affrontare il tema della riqualificazione urbana e del riuso dei suoi spazi.

Non è un tema legato solo alla cultura. Lo scoglio della Regina o la Dogana d’acqua hanno avuto nell’ottica della riqualificazione una destinazione in parte diversa: ricerca ed innovazione.

Ma è interessante notare come da più parti ed in più occasioni si cerchi di far leva sulla cultura come risposta. I bottini dell’olio diventano il Museo della Città. Il Cisternino era stato riqualificato in tal senso. Il Teatro Mascagni di Villa Corridi oggi è il centro della cultura underground ed ospita il The Cage, idee analoghe si erano sviluppate per i capannoni dell’Ex Pirelli e per il foyer dell’Odeon. Altri progetti legati alla Cultura si intrecciano da anni con le due Fortezze e con le Terme del Corallo. Poi abbiamo le realtà museali, (Villa Corridi, Villa Henderson, Trossi Uberti) e teatrali.  Insomma, di contenitori culturali potenziali o possibili e di altri in essere e consolidati ne abbiamo tanti.

Ma allora perché tante crisi? Non voglio generalizzare, consapevole che ogni vicenda ha una sua specificità. In molte occasioni sono le avventure imprenditoriali ad essere finite male, altre volte sono le politiche messe in campo dall’amministrazione che non hanno funzionato, altre volte ancora siamo noi. Proprio noi.

Mi soffermo su questo. Ha ragione il compianto Lucio Dalla, come riportato dal Tirreno di oggi, nel domandarsi di fronte ad una struttura tanto ben realizzata come l’Edison se effettivamente i livornesi se la meritavano.  «Avete fatto una cosa meravigliosa, un posto così sarebbe stupefacente anche se fosse a Milano. Ma Livorno lo merita?». La cultura tradizionale (non voglio passar per classista e definirla “alta” o “nobile”) presuppone un “popolo” in grado di fruirla. E se siamo onesti fino in fondo con noi stessi, il problema della partecipazione attiva alla vita del Goldoni, il problema della casa di Modigliani che i livornesi non sanno dov’è, il problema di Villa Mimbelli della quale si ricorda più il parco che il resto, non danno forse l’idea di una scarsa propensione, o chiamatela consapevolezza, del nostro potenziale che alla fine diventa disinteresse verso quei luoghi? Tutti pronti ad indignarsi quando diventano “ex”, parecchio pigri nel frequentarli quando ci sono.

Livorno spazi ce li ha. Ma deve decidere se maturare ed iniziare a farli vivere, parteciparli o se renderli soprattutto fruibili agli altri, perché no, ai turisti. Serve un bel Masterplan della Cultura che censisca e definisca i luoghi e ne immagini le attività. Facciamo una lista di quello che c’è. Evitando doppioni, che nascono e muoiono troppo rapidamente, serve spingere verso un’idea progettuale che attiri risorse. Serve smettere di piangere sugli ex e darsi una prospettiva che si fondi sull’immaginare dove e cosa si può fare in città. Non credo che qui possano sopravvivere 10 musei e 20 teatri se non siamo pronti a frequentarli. Stessa regola è valsa per la crisi che ha allontanato gli spettatori dai cinema, vale oggi per i lettori che si allontano dai libri.

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