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Spunti anti-crisi II: gli open data

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Da un po’di tempo a questa parte mi è sorta la curiosità di approfondire il tema degli open data di cui ormai si parla quotidianamente come di uno strumento fondamentale per la futura economia della conoscenza.

Navigando in rete si incontrano varie definizioni di open data, quella più generale e chiara la trovo su wikipedia: “ gli open data sono alcune tipologie di dati liberamente accessibili a tutti, privi di brevetti o altre forme di controllo che ne limitino la riproduzione e le cui restrizioni di copyright eventualmente si limitano ad obbligare di citare la fonte o al rilascio delle modifiche allo stesso modo”

Appena letto questo breve periodo si intuisce l’importanza epocale che questo strumento, se ben utilizzato, avrà nel futuro prossimo.

Di open data cioè dati aperti, consultabili, verificabili e confrontabili se ne discute in massima parte nel settore pubblico, poiché è all’interno delle amministrazioni pubbliche che vengono detenuti il maggior numero di set di dati che interessano vari settori e politiche.

Ovviamente esiste una scala di valore di questi dati, quelli di facile reperimento come ad esempio i tassi di disoccupazione di una certa provincia oppure i dati “core”, quali i dati elettorali, governativi, i dati ISTAT e i budget dei bilanci pubblici dei prossimi anni che invece sono custoditi ancora all’interno di archivi delle Pa.

La valorizzazione dei sistemi informativi pubblici consiste in concreto nella possibilità, per ogni fruitore, di consultare direttamente dati, e di poterli lavorare utilizzandoli per il proprio lavoro o progetto.

La legge che in Italia ha dato l’avvio alla valorizzazione delle informazioni è la legge n. 179 del 18/10/2012 che ha sancito l’obbligatorietà della pubblicazione dei dati della pubblica amministrazione.

Al concetto di open data si lega fortemente il concetto di open governament, pertanto se i dati vengono resi fruibili al cittadino ciò gli permetterà di avere un maggiore capacità di valutare e controllare, l’operato di chi lo amministra.

Un modello di open-governament basto su open data è stato sviluppato nel sito internet open-coesione nel quale vengono fornite e rese fruibili le informazioni riguardanti le pubbliche amministrazioni e in particolare la capacità di spesa dei fondi europei che gestiscono.

Tramite il sito viene controllato da parte del cittadino (osservatore-fruitore) lo stato di avanzamento dei lavori di una certa opera pubblica oppure quanti progetti finanziati esistono nella propria città.

L’aggiornamento dei dati è periodico e presenta informazioni utili e di facile reperimento tanto è vero che i dati vengono forniti in vari formati in modo da poter essere lavorati permettendo al cittadino di giudicare sanzionare o premiare e quindi monitorare la condotta e la virtuosità dell’amministrazione.

Gli sviluppatori del sito scrivono: “La prima forma di controllo non arriva dai governi ma dalle persone. Ogni euro speso dall’Europa per progetti, sussidi e incentivi arriva dalle tasche dei cittadini. E sono proprio i cittadini i primi interessati a verificare che fine fanno i loro soldi”.

Le prospettive

Dal punto di vista fondamentale del contrasto alla crisi gli open data consentono un forte sviluppo di tutto il settore delle nuove tecnologie dell’informazione, poiché questi dati estratti o semplicemente scaricati dal sito del comune potranno essere tradotti in servizi per cittadini.

I dati quindi diventano un prodotto che genera servizi, ma la qualità di questi è fondamentale. Devono essere soprattutto leggibili dalle macchine per elaborarli. Per questo è importante che le aziende e le startup si preparino.

“Saper leggere questi dati immagazzinarli e gestirli significa generare valore, facendoli pagare” ha detto il direttore dell’Agenzia per l’Italia digitale Ragosa.

Un iter di progressiva pubblicizzazione dei dati per la nostra città sarebbe il punto di inizio di un processo per portare Livorno ad una esperienza di open-governament.

Il censimento dei dati potrebbe fornire informazioni relative ai settori del commercio, della sanità o del lavoro.

Un esempio di dati da rendere “open”, in un ottica di crescita e di sviluppo economico, sono quelli delle camere di commercio relativi alle aziende e strutture ricettive del territorio. Questi dati potrebbero essere messi a disposizione dei portatori di interesse locali, sia agli operatori del turismo per costruire mappe del territorio e favorire la programmazione.

Sono certo che chi si appresta a governare la nostra città saprà capire l’importanza cruciale che questi dati rivestono sia in termini di rilancio dell’occupazione sia in termini di trasparenza delle politiche condotte e spero che ne saprà fare tesoro per la definizione delle future politiche.

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