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Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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E se il Livorno Calcio lo comprasse la Città?

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Palo interno, fuori. Come mai in questi anni, nella giornata di ieri c’era la sensazione che a Livorno sarebbe finita l’epoca di Spinelli: non mi addentrerò nei meriti e demeriti del Presidente, non è importante in questo momento. La situazione attuale, ridotta ai minimi termini, è che c’è quello che possiede legalmente il Livorno Calcio che vuole vendere la Società, con la prospettiva di riuscire a farlo e quindi liberarsi di questo fardello oppure di no riuscirvi e proseguire gli anni a venire con un’ipotetica “autogestione” nella quale l’unico punto fermo è evitare di tirare fuori anche un solo euro.

Partiamo da alcuni presupposti: il calcio è un gioco, non è e non sarà mai un argomento così importante da poter essere paragonato anche lontanamente a questioni come il lavoro, la casa e il sociale. E metto anche le mani avanti: non ci capisco quasi niente di economia (ma me la cavo decisamente meglio sulla medicina, se vi può interessare) e i miei amici più cari non perdono occasione di dirmi che ci capisco poco anche di pallone (d’altra parte io solitamente gioco con la palla ovale). Ma come dice Guccini “è difficile spiegare, è difficile capire, se non hai capito già”: e alla solita maniera non chiedo a nessuno di capire come brucia quella passione che a molti di noi ha tramandato il proprio nonno fin da piccoli quando ci ha portato in quel catino di gente festante e iraconda con le sciarpe di lana al collo in piano maggio, che è cresciuta con gli sfottò dei nostri compagni di classe che tifavano immancabilmente la Juve e si è sublimata sui campi di Perugia e di Treviso, nel bene o nel male.

Nella giornata di ieri è parsa definitivamente tramontata l’ipotesi di vendita del Livorno Calcio da Aldo Spinelli all’Università Niccolò Cusano: il Presidente chiede 12 milioni anche dilazionati in più anni ma Bandecchi, imprenditore romano e proprietario di tale Università, non dispone della liquidità immediata per acquistare il Livorno. Sul sito del Tirreno si legge che è stato lo stesso Spinelli a spiegare: «I nostri acquirenti devono autofinanziarsi. E per farlo c’è un’unica via: quella delle cessioni dei giocatori. Facciamo un esempio concreto: vendiamo Paulinho e i soldi ricavati dall’operazione di mercato vengono utilizzati per liquidarmi. Mi basta un acconto dei dodici milioni che chiedo per il Livorno. Posso pure assumermi il rischio di un pagamento dilazionato in tre anni della differenza».

Fatemi capire per bene: degli imprenditori romani (quindi non livornesi) e per questo presumibilmente poco interessati a ogni eventuale ricaduta positiva dell’attività sportiva sul nostro territorio essendone slegati da ogni interesse, politicamente antitetici alla storia della città e alla sua vocazione, si prendono il Livorno vendendo i nostri giocatori?

D’accordo, fatemi sognare 5 minuti. Fatemi sognare che per una volta, una sola, si metta da parte una fetta del nostro livornesismo becero e si faccia due cose che il livornese fa raramente: unirci insieme ad altri livornesi per raggiungere uno scopo comune e “frugarsi”. Fatemi sognare che domani una decina tra professionisti, ex calciatori e tifosi illustri, tutte persone competenti ed affidabili, convochino una conferenza stampa per dire: “Ora basta, ci mettiamo la faccia e il Livorno lo compra la Città. Quei 12 milioni di euro che vuole Spinelli glieli diamo noi: da oggi sono in vendita 6000 azioni da 2000 euro ciascuna, affrettatevi e faremo un Livorno che magari non vincerà, ma che vi farà sognare. I nostri punti cardine sono l’azionariato diffuso, una gestione trasparente la valorizzazione dei vivai e dei talenti del territorio perché l’amaranto è il sogno di ogni livornese. Non sarà facile, ci vorrà del tempo, ma siamo decisi.” Fatemi sognare 5 minuti…

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