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La grande bellezza labronica

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Un film italiano che vince un premio importante come l’Oscar non può fare che piacere. E’ un riconoscimento molto importante a livello culturale e artistico, senza ombra di dubbio. Mi sono visto questo film qualche giorno fa. Con piacere, devo dire. Mi piace molto Sorrentino, mi piace il suo modo di fotografare le debolezze umane, gli scenari spesso kafkiani che albergano nei personaggi dei suoi film. Uno dei miei preferiti di questo regista è “Le conseguenze dell’amore”. Nei film di Sorrentino si respira sempre questa aria di “dolce malinconia”, quasi come fosse l’odore del salmastro che caratterizza, nel bene e nel male, le nostre giornate in riva al mare. La malinconia ed il salmastro. Due elementi ricorrenti, il primo in nei film di Sorrentino, l’altro a Livorno. Ma la malinconia non è sempre da leggere in chiave negativa: spesso ti obbliga a fermarti ed riascoltare un momento vissuto chissà quanto tempo prima. Il salmastro, unito ad essa, ti fa quasi chiudere gli occhi e vedere una cartolina di un momento vissuto a Livorno, al mare, o in motorino. Una partita di calcio, un cinema, una pizza. La“grande bellezza” disegnata da Sorrentino racconta in realtà una vita amara. Racconta la consapevolezza del nulla. “Siamo tutti sull’orlo della disperazione, non abbiamo altro rimedio che farci compagnia, prenderci un po’ in giro”. Ecco, qui ci vedo un po’ Livorno, specie in questo ultimo periodo. Ci stiamo sforzando di criticare meno e trovare la vera essenza della bellezza di questa città. Di quello che può dare in base alle proprie caratteristiche. Allora ben venga la riqualificazione delle terme del corallo, del quartiere “La Venezia”. Ben vengano movimenti nuovi che portino idee positive per la città. Perché si cresce con il confronto con il dibattito. Ma tutto quello che è radicato in questo territorio non è da buttare. Ci sono persone di grande valore nate in questa città, pronte a dare il loro contributo.

Ieri ho partecipato ad un incontro sulla cultura a Livorno, sulle criticità ed i possibili sviluppi futuri. Su come possiamo crescere attraverso un nuovo modo di vivere ed investire sulla cultura. Quando sono uscito, il livornese negativo di turno mi ha fermato chiedendomi nettamente: “Deh, ma i vaini dove pensano di trovalli per fa’ tutte veste ‘ose?”.

Ecco, appunto.

Ci ho pensato tutta la sera a quella domanda. E ho avuto conferma di quanto penso da tempo: c’è paura del nuovo in città. Specie in ambito culturale. Non si rischia nulla (o poco), quello che c’è grazie a Dio se c’è, a cosa serve cambiare o inventare qualcosa di nuovo? Altre cose in cui l’amministrazione comunale deve spendere per la cultura? Con tutti i problemi che ci sono in questa città? No, no. Anche no.

Eppure basterebbe perdere dieci minuti su google e guardare cosa è successo a quelle città in Italia e nel mondo che hanno osato investire in cultura e oggi si ritrovano con svariati posti di lavoro in più, turismo incrementato e grande accrescimento culturale. In una frase: la cultura che finanzia la cultura.

Non riesco a vedere negativo: qualsiasi cosa succederà dopo il 25 maggio non potrà andare peggio di come sono stati almeno gli ultimi dieci anni in questa città, a livello culturale. Con le fortezze chiuse e tante sale cinematografiche trasformate in parcheggi, banche o altro. “Per questo viaggio ci vuole coraggio”, dice Giorgia in una famosa canzone del suo repertorio. Il treno verso la grande bellezza labronica sta per partire. Cerchiamo di non perdere anche questo.

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