Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Parliamo di politica, più o meno seriamente.
Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Comunismo, Cattolicesimo, Caotico, Poesia: i CCCP ed i CSI, tra canzoni, personaggi e parole

Condividi

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp

I CCCP nascono da un’improbabile coincidenza, un’infinitesima possibilità capace di unire due persone, nate entrambe nella fitta nebbia delle colline emiliane, che s’incontrano per la prima volta sul filo ormai decadente della Berlino divisa. Era il 1981 quando Massimo Zamboni e Giovanni Lindo Ferretti iniziano il connubio artistico che continuerà, a sprazzi, fino ad oggi. Quasi come Est ed Ovest, i fondatori dei CCCP sono due personaggi completamente differenti, esteticamente e stilisticamente; il primo, prototipo di un calcolatore con tanto di occhialini tondi, compositore, chitarrista e “batterista” (a lui era affidata la drum machine), il secondo il re degli eccessi, delle creste bionde ossigenate, capace sia di dettare quella che è stata la strada maestra del Punk Rock nostrano, sia di mostrare le note di decadente poeta, con ricami di parole struggenti in ogni verso, ricolme ora d’odio, ora d’amore.

“1964-1985 Affinità-divergenze tra fra il compagno Togliatti e noi del conseguimento della maggiore età” è il loro primo album, una creazione controcorrente dal titolo in poi, che trova il vero interesse nella passione culturale di Zamboni-Ferretti con una pioggia di citazioni, ad esempio il brano “Mi ami?!”, considerata una canzone simbolo del gruppo, è un crescendo di Punk-New Wave che si sublima in una sintesi perfetta di un amplesso, con un omaggio continuo a Roland Barthes. Credo che sia possibile riassumere in questo la prima parte dei CCCP; ovvero in una sregolatezza controcorrente, contro le inadeguatezze della classe politica italiana, contro lo star system in genere, che ha per il simbolo gli occhi spiritati di Ferretti su Raiuno in un’intervista del 1989, una contro-generazione, un nuovo Punk-Beat a colpi di Majakovskij.

Spesso le band si sciolgono per inadeguatezze interne, per mancanza di stimoli, quello dei CCCP rimane un caso unico; questa prima avventura termina con l’ apice massimo, raggiunto con un concerto a Mosca di fronte a un pubblico di militari sovietici. Dalle ceneri rinasceranno i CSI (Consorzio Suonatori Indipendenti, evidente parallelismo alla Comunità di Stati Indipendenti post URSS), a mio parere una nuova era di maturità per gli artisti emiliani (con contributi di Canali, Maroccolo e molti altri). Quelli dal 1992 al 2001 sono gli anni del culmine della vena poetica di Ferretti, capace di sputare odio sulle vergogne della società (“Cupe Vampe” narra delle tragedie di Sarajevo) e di creare melodie uniche, proprie di un personaggio in bilico tra il camminare ed il trascinarsi, con un senso di rancore, odio e anche nostalgia, nostalgia di casa, delle colline verdi romagnole.

Per me i CCCP ed i CSI, con il loro stile diretto, Manchettiano, sono la sintesi perfetta fra l’immediatezza Punk, che stronca gli indugi, urla, disprezza e punta al sodo, ed una ricercata prosa élitaria, un sottile “non dire” implicito, che resta sospeso nel piacere dell’ascoltatore; in quelli che Paolo Conte chiama “occhi a mandorla” propri di chi gode del piacere delle parole in musica. Progressivamente inizia il tumulto interno, ed il Ferretti che viaggia per Mongolia e Bretagna trasuda etnicità, con musiche lontane e sperimentalismi arguti ma, progressivamente, si “svuota dentro”. Ormai non sono più le sostanze stupefacenti, quanto quest’eterna lotta spirituale a sbalzarlo dall’altra parte, riscoprendo un “cattolico decoro” che ora più che mai risorge e distrugge, in una cruenta crociata viscerale.

Gli Ex-CSI, che hanno suonato al Cage lo scorso 30 Novembre, lo hanno definito “assente giustificato” io, che ho scoperto ed amato i CCCP e i CSI grazie ad un precursore ed erudito amico, sono sordo ad ogni incongruenza dell’ultimo Ferretti (ora pro-Lega, ora antiaborto), riconoscendo in lui il coraggio di essere un uomo “contro” in tutto e per tutto, pervaso da una sconfinata cultura, poeta per eccellenza, tornato dall’ “Emilia Paranoica” alla vita di campagna, ai propri cavalli, avvezzo a scrivere libri, noncurante delle critiche e del disprezzo che, spesso, vecchi fan nutrono nei suoi confronti. Non riesco quindi a biasimarlo, perché probabilmente i CCCP trovavano la loro forza, ed in Ferretti il loro timone, proprio nell’essere spregiudicatamente controcorrente e nel cavalcare la contro-cultura degli anni ’90. Col tempo poi il fermento è diventato un fallimento, ed altro non era che il fallimento ideologico e morale del comunismo stesso che, eclissandosi, si è progressivamente portato dietro tutto, lasciando il prodromo dell’odierna nube eterogenea, dove il sincero ed il perbenista hanno le medesime idee e magari le stesse tessere. Come ha affermato lo stesso Ferretti “prima la paura erano i soviet e a scuola, da bambini, ci facevano pregare perché non vincessero i comunisti, poi sono diventato un comunista, e per 30 anni non mi sono più curato del problema.. L’ho ritrovato tornando a casa, quando erano diventati tutti comunisti..”

Brano consigliato: “Intimisto – Ko De Mondo – 1994”

Ultimi articoli