Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Le amministrative ai tempi di Facebook

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Chiudo gli occhi e penso a cosa sarebbe successo se, qualche lustro fa, qualcuno avesse bisbigliato all’orecchio di qualche politico che anni dopo dibattiti, scontri, propagande e campagne elettorali si sarebbero fatte anche sul web, attraverso i social network.

Social network, si. Re Facebook, ma anche Twitter ed altri che stanno nascendo. Questo modo di relazionarsi, negli ultimi anni, ha cambiato la vita al globo intero, e questo è un dato oggettivo.

Senza star qui a snocciolare numeri (che farebbero gola al PIL di intere nazioni) su questo fenomeno, faccio una intima riflessione sullo strumento “social” ad oggi, Gennaio 2014. A quattro mesi dall’elezione diretta per il Sindaco della Livorno che verrà nei prossimi cinque anni.

I social sono uno strumento a doppio taglio, a mio avviso. In generale, certo. C’è quello che scopre la chat segreta della fidanzata, l’altro che impara a conoscere meglio il vicino di casa attraverso i suoi post, l’altro ancora che prova a capire meglio il figlio adolescente. Una specie di scorciatoia telematica che, in un certo senso, ci evita situazioni emotive dirette.

Sul versante del confronto politico, della dialettica, degli scambi sanguigni e spesso sinceri, altre volte aggressivi, non c’è filtro sui social. E non c’è nemmeno possibilità di evitare che qualcuno spiattelli sulla propria bacheca qualcosa, che improvvisamente diventa “virale” (termine molto di moda su internet in questi mesi) in pochi minuti.

Da una parte ben venga la trasparenza, senza dubbio. Il rischio è però, a mio avviso, che lo strumento “immediato” dei social, dal quale ormai pescano a piene mani anche i quotidiani locali, diventi un elemento di distrazione e di confusione. Botte, risposte, accuse, pernacchie, estrapolazioni di concetti, giornali che prendono una frase da un discorso di venti righe. Si fa presto a fare confusione, che ne dite?

Il social network, un luogo ideale dove esporsi quasi senza paura. Ma esporsi significa anche subire attacchi. E in questa piazza virtuale tutto rimane nero su bianco, non come una bella e accesa discussione a voce. Croce e delizia, insomma.

Specchio di una società che non sa più (con palese evidenza) rapportarsi direttamente, o che preferisce esprimersi dietro uno schermo e una tastiera, in un iperbolico narcisismo fatto di istantanee, citazioni filosofiche o invenzioni dialettiche in stile spesso felliniano.

 

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