Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Qualche parola su Livorno

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Quando ci si avvicina alle elezioni di un comune capita di osservare fenomeni strani. Ad esempio: a)sviluppare sentimenti di curiosa euforia e b)caricare l’appuntamento di mille simbologie. E si finisce spesso per dimenticarci i famosi e tanto decantati contenuti. Già, ci dimentichiamo di domandarci perché andiamo di fronte ai nostri concittadini a chiedere fiducia ed il voto. Tutto diventa più difficile quando si cerca il salvatore della patria e ancora di più quando non si è abituati al confronto sulle idee ma solo a quello sui posizionamenti. Oh, ma te con chi stai? La domanda che più risuona nella ore antecedenti alle candidature.

Con i ragazzi di Fuoricomeva stiamo invece facendo da un mesetto una discussione serrata su qualche idea bislacca e su qualche analisi della nostra Livorno. Se non altro per non chiederci solo con chi stiamo, ma verso dove vorremmo andare.

Prima di tirar fuori qualche paginetta nuova, pubblico qui la relazione che preparai per la Conferenza di Programma del Partito Democratico svolta nell’estate del 2012. E’ ancora attuale.

Alcuni stralci, giusto per intenderci.

“…sembrerebbe vera l’equazione: nuovi problemi, vecchi servizi. Da un lato l’invecchiamento della popolazione, conseguenza dell’aumento delle aspettative di vita, si rivolge verso lo stato e gli enti locali sotto forma di aumento della domanda per quanto riguarda pensioni, assistenza sanitaria e altri servizi sociali per la terza età come l’assistenza domiciliare o le case di riposo. La conseguenza è un aumento dei costi di questo sistema ma soprattutto una concentrazione del loro peso su di un numero di lavoratori attivi in diminuzione. Dall’altro lato la nostra società, e la nostra città non ne è esente, sto attraversando una profonda trasformazione dei rapporti familiari. Famiglie meno stabili, spesso composte da un solo genitore, quando addirittura formate da un solo componente, sono la fotografia degli anni 2000. Viene così a mancare una rete di sicurezza e protezione che non può che ricadere nuovamente sul piano sociale tramite fenomeni di isolamento, emarginazione e forti difficoltà economiche. Per il welfare che abbiamo conosciuto fino ad oggi significa rispondere ad una domanda di servizi da parte di individui non inclusi negli schemi ordinari che erano per lo più tarati sulla famiglia intesa tradizionalmente. Infine come non considerare gli effetti della deindustrializzazione e della globalizzazione che hanno provocato forti cambiamenti nelle strutture occupazionali, tradotto nella fine ideale del posto stabile e garantito, e nell’aumento della disoccupazione e della forma di occupazione giovanile più diffusa: quella precaria. Anche questo comporta per lo stato sociale l’urgenza di aggiornarsi e l’attrezzarsi con misure a sostegno del reddito: sussidi, reddito minimo garantito, politiche attive per l’occupazione, formazione concreta e spendibile, servizi per l’impiego funzionanti.”

“…Il primo problema si pone in rapporto alla sovranità. Il Presidente del Censis, De Rita, ha ricordato proprio nella nostra città qualche settimana fa che viviamo in un momento di assoluta perdita della sovranità: nei tempi antichi apparteneva al sovrano, poi allo Stato, al quale ora di sovrano rimane solo il debito. Oggi la sovranità è di tipo finanziario legata alla speculazione e ad un ristrettissimo cerchio di banche d’affari. Recuperarla nella sfera della politica implica saper governare, decidere cosa valorizzare, su cosa puntare e su cosa no. Abbiamo bisogno di cominciare a rimettere insieme quei piccoli pezzi di sovranità che ancora possono essere esercitati a livello locale, partendo dalle famiglie, dalle parrocchie, dalle imprese, dalle categorie economiche, dai sindacati, dalle associazioni ed infine dai partiti, riacquistando sovranità dal basso. Per mettere insieme tutto questo occorre una forte capacità progettuale e senza dubbio una classe dirigente, intesa complessivamente e non solo guardando ai partiti, che sappia far emergere sinergie ed opportunità. Occorre essere uniti e consapevoli che una fase storica è finita ed oggi la sovranità esiste solo laddove esercitata e conquistata. E’ finito il tempo in cui questa è riconosciuta per ruolo alla politica e naturalmente percepita dai cittadini come conseguente al voto.”

“Livorno ha un grandioso e particolare passato ed è indissolubilmente legato al mare. Dal mare sono arrivate tutte quelle “genti straniere” così importanti per la nostra storia e per le nostre tradizioni e dal mare nascono le principali attività economiche. Un crocevia di culture, una città cosmopolita che nasce con leggi che garantivano la libertà di culto, di pensiero, che permettevano di esercitare liberamente la propria attività commerciale. Un grande emporio di merci provenienti da tutto il mondo. E’ “l’apertura” che ci ha sempre contraddistinti fino a diventare identità e modo di pensiero, ma questa condizione non va confusa con la livornesità che oggi, invece, ci penalizza. Questo nostro modo di affrontare e vedere le cose rimanendo attaccati a vecchie consuetudini “preservandoci” dal cambiamento intorno a noi. Troppo spesso ogni elemento di innovazione è respinto a priori.”

“L’analisi ci dice che Livorno è cambiata”

Livorno che guarda oltre. Relazione di Alessio Ciampini.

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