Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

E tredici!

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Nella cultura anglosassone venerdì 13 è un giorno funesto, legato a tradizioni che invocano Satana o qualcuno dei suoi amici demoni (e a cui si ispira anche una famosa serie di film horror americani). Il 13 è legato negativamente anche alla cultura cristiana che individua Lucifero come il tredicesimo angelo e Giuda come il tredicesimo commensale dell’Ultima Cena, infatti non ci si dovrebbe mai mettere a tavola in Tredici secondo la superstizione popolare.

In Formula 1 non esiste l’assegnazione del numero 13 per nessuna monoposto (cito Wikipedia) e diverse compagnie aeree evitano di mettere il 13 per numerare le file dei passeggeri (volare, si sa, è ancora legato alla superstizione più becera).

Insomma nel mondo occidentale, il 13 è il numero della sciagura, molto più dell’italico 17.

Questo 2013 ha ormai i minuti contati e lascerà la mano a un 2014 più rassicurante dal punto di vista della cabala. Numero pari, non primo, non bisestile. Insomma meglio di un 13 spigoloso e satanista, almeno sulla carta.

Ma il 2013 ci ha voluto lasciare un ultimo cattivo ricordo prima di abbandonare definitivamente la scena. Ci ha portato la chiusura di un altro luogo culturale, il Kino Dessè, dopo la crisi del Teatro C e del cinema Grande.

Ho ammirato molto l’onestà di Rino Fasulo nell’ammettere che il primo dei problemi è la scarsa affluenza di pubblico, come per il Grande prima di loro appunto. La crisi dei cinema segue un andamento nazionale che ha portato una flessione notevole dei paganti (mi pare di aver letto circa il 30%), i quali preferiscono comunque i complessi multisala, che offrono una patinatura tutta americana con popcorn a profusione, ma dove gli impianti audio e video sono anche più moderni e godibili a mio avviso.

Il pubblico è sempre più incatenato in casa non solo da una crisi avvolgente, ma anche da una televisione dominante, fatta di parabole con centinaia di canali e televisioni ultrapiatte con definizione HD di ultima generazione che diminuisce la distanza tecnologica tra il salotto e la sala cinematografica. In questa direzione diventa sempre più difficile sostenere una sala in centro che deve anche adeguarsi al proiettore digitale, obbligatorio dal 1 Gennaio.

L’analisi culturale che vede morire un altro luogo di aggregazione del centro cittadino invece deve ripartire dai fatti concreti, senza vane promesse del politico di turno. Due cinema trasformati in parcheggi (di cui uno proprio accanto al Kino Dessè, magari lo prendono come scusa per un ampliamento) possono bastare per Livorno, ora servono idee moderne, europee, sociali. E con sociali intendo idee che portino alla socialità delle persone, alla loro aggregazione positiva, naturale.

E mentre a Cecina un giovane consigliere comunale denuncia irregolarità per un bando culturale e in tutta risposta gli vengono ritirate le deleghe dal sindaco, a Livorno l’assessore alla cultura si lancia in esternazioni sui giornali per l’imminente riapertura della Fortezza Nuova, con il Tirreno che gli ricorda però che questo annuncio è già stato fatto numerose volte evidenziando un impietoso calendario di dichiarazioni seguite da un nulla di fatto (almeno non hanno citato le dichiarazioni sulla Fortezza Vecchia e sul Cisternino 2020, lì l’elenco sarebbe stato chilometrico).

Fatti che denotano l’attuale concezione della cultura del nostro territorio, una concezione che deve assolutamente subire un’inversione di rotta se non vogliamo assistere alla chiusura definitiva anche dei 4 Mori e del Goldoni e del Teatro delle Commedie e del Teatro Mascagni, ecc….

Un’inversione di rotta che deve portare più soluzioni concrete e meno proclami, più pluralità e meno ingerenza politica, più modernità e meno burocrazia.

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