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Dieci libri per apparire sapienti di politica. Puntata 4: Interessi e passioni

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Questa volta una cosa strana. Un libro da cominciare dalla postfazione, a pagina 462. Maurizio Ridolfi, Interessi e passioni. Storia dei partiti politici italiani fra l’Europa e il Mediterraneo. Se iniziate da questa pagina vi calate in una specie di enciclopedia, perchè l’autore, Maurizio Ridolfi, è nel pieno centro di una lista ‘incredibile’ di suggerimenti di letture. Una lista che è lunga quindici pagine, di cui citiamo un pezzettino, con qualche salto: “Nella Repubblica dei partiti, le famiglie politiche presentarono una loro chiara identità, almeno fino agli Anni Settanta. Nel caso del mondo cattolico bisogna distinguere fra i lavori sulla Dc e quelli sulla Chiesa e l’associazionismo, l’Azione cattolica in primo luogo”. Parte una pagina di consigli di lettura. Poi Ridolfi aggiunge: “Nel caso del Pci, l’unitarietà del partito comunista è più chiara”. E giù con mezza pagina di titoli che secondo lui sono interessanti. Poi: “Nel caso della famiglia politica socialista, distinta in diverse formazioni partitiche, uno studio d’insieme si deve a (…)”. Seguono altri quindici suggerimenti, nel caso in cui ‘lo studio d’insieme’ non avesse fatto altro che solleticare l’attenzione sui problei e la storia del partito socialista e delle sue correnti. E Ridolfi va avanti: “A proposito delle diverse formazioni partitiche che nel secondo dopoguerra possiamo ricondurre alla famiglia politica liberal-democratica, avente come riferimento i ceti medi e come aspirazione la valorizzazione di un’Italia laica e moderna, si possono ricordare: a) sugli azionisti (..); b) sui demolaburisti (..); c) sui repubblicani (..); d) sui liberali (..)”. E non è affatto finita, perchè a Ridolfi manca ancora tutta la destra. Infatti eccola: “Abbiamo una certa articolazione delle formazioni politiche anche nel caso della destra, per la quale è anche più difficile individuare i fattori di un’identità a lungo msiconosciuta o risultata priva di legittimità. Occorre allora differenziare i suggerimenti bibliografici: a) sui qualunquisti (..); b) sui monarchici (..); c. sul Movimento sociale italiano”.

Solo le letture sul Movimento sociale italiano, con cui Ridolfi conclude la sua panoramica dei partiti italiani del Novencento, sono cinque.

Ecco, dopo aver letto tutto il libro di Ridolfi di cui stiamo parlando, la sottoscritta partirebbe forse proprio dalla storia del Movimento sociale italiano, per seguire almeno una delle mille strade di letture, curiosità, e criticità che questo storico indica.

Aggiungo anche che non è eccessivo, per niente, scrivere in maiuscoletto LEGGERE RIDOLFI CAMBIA TUTTO, perchè davvero questo saggio ha un respiro da cosa destinata a durare, per la profondità, la ricchezza, anche proprio la vastità di storie sui partiti italiani che arriva a trattare.

Ci si mette molto, a leggere tutto il libro? In questo caso la domanda forse non è pertinente. Perchè io ci ho messo un mese e mezzo, ma avrei preferito metterci una vita. Avrei preferito leggerlo come suggerisco di fare a voi, ovvero come se si trattasse di una ‘televisione di carta’ con canali solo di storia, che uno accende (apre il libro) e vede cosa in quel momento attira la sua attenzione. Dopo l’elenco di cui abbiamo appena parlato, nel saggio ce ne sono altri due. Due liste che Ridolfi ha chiamato con il nome istituzionale di ‘indici’. Ma è proprio bello leggere questo libro dai due indici; sfogliando il primo, “L’indice dei movimenti, delle associazioni e dei partiti”, o il secondo, lunghissimo e completo “Indice dei nomi”.

Infinitamente grati a Ridolfi che nell’indice dei movimenti mette per esempio il Partito sardo d’Azione, e così ci fa scoprire che tipo di peso possano avere le guerre per chi le ha fatte e riesce a tornare, e quando torna sente la spinta di doversi rimettere a fare qualcosa, e fonda un partito. Ridolfi chiama i movimenti e i partiti che sono nati così, partiti del ‘reducismo’, anche perchè, spiega, a parte il fatto di essere costituiti da ex-combattenti, questi movimenti non hanno altro in comune, spaziando dalla forma di ‘cooperative progressiste’ a quella di gruppi socialisti interessati a fare proseliti fra i contadini, ai simpatici appartenenti ai Fasci di combattimento, partito di rivalsa delle ideologie fasciste che avevano sostenuto la necessità della guerra. E grazie, ancora, a Ridolfi, per aver incluso nell’indice dei nomi quelli di Rossana Rossandra e Lucio Magris, facendoci ricordare che il quotidiano il Manifesto fu fondato da una signora piccola e molto dura, che il Partito Comunista buttò fuori nel 1968 perchè non era d’accordo con la linea di un comunismo stalinista belligerante, che invece il Partito Comunista sosteneva, Rossana Rossandra.

Più che leggete questo libro, andrebbe detto, forse, tenetelo e usatelo.

 

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