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Dalla casa “ar Colosseo” alla vicenda Telecom: il paese dei “non sapevo”

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L’ultimo capitolo della storia di Telecom conferma quella che in Italia è un’abitudine consolidata: ogni volta che succede qualcosa di moralmente (e talvolta penalmente) discutibile, il politico/manager/uomo di spicco di turno pronuncia l’ormai famosa locuzione “io non sapevo”.

La frequenza con cui in Italia si sentono pronunciare tali parole è ormai quasi pari al “era rigore!” dei processi del Lunedì.

Cito, per onor di cronaca, alcuni “non sapevo” che ci hanno resi famosi negli ultimi tempi in Europa e nel Mondo.

Ad aprire le danze, ci pensa nel 2011 il ministro Scajola al quale era stata comprata una casa con un valore intorno ai 900.000 euro con vista sul Colosseo “a sua insaputa” – variante elegante e ingenua del “non sapevo” – pagata con 80 assegni circolari da 11mila euro ciascuno (12mila era allora la soglia prevista dalla legge antiriciclaggio). Non da meno, il sig. B. che si difende dalle accuse di aver ospitato in casa sua signorine che di professione non facevano certo le cameriere sostenendo inizialmente la tesi delle “amiche” alle quali lui voleva tanto bene, salvo poi scoprire che Tarantini le ragazze le pagava eccome (Lui però non lo sapeva) e profumatamente. Ma il capitolo Cavaliere sarebbe lungo e parte dalla vicenda Mangano – anche lì si ignorava che fosse un uomo d’onore – e quindi vado oltre. Negli ultimi mesi, poi, ci siamo fatti belli davanti al mondo intero con la vicenda Shalabayeva, dove il capo del Ministero dell’interno (i cui funzionari sono stati appena denunciati per sequestro di persona) Angelino Alfano promette pugno duro contro i responsabili che hanno agito senza il suo consenso e tenendolo all’oscuro di tutto.

Ultimo capitolo della saga, in realtà ancora tutto da chiarire ma alquanto poco limpido, il caso appena scoppiato in Regione Toscana: Fabio Zita, dirigente, viene rimosso perchè non gradito alla dott.ssa Lorenzetti (ex presidente Regione Umbria e poi a capo dell’Italferr, società a totale controllo pubblico che gestisce la costruzione delle nuove linee ferroviarie, tra cui la stazione sotterranea per l’Alta Velocità a Firenze), in quanto figura notoriamente “rompicoglioni”. Zita, nello specifico, avrebbe rallentato i lavori di perforazione sotterranea perchè aveva da obiettare sulla natura delle terre di escavazione – se rifiuti speciali o no, con evidenti differenze sui costi di smaltimento – e per questo viene sollevato dal suo incarico e spedito altrove dal direttore generale Barretta (nelle conversazioni telefoniche tra quest’ultimo e la Lorenzetti è additato come “bastardo” e “stronzo”). Questa, almeno, è la versione del Presidente Enrico Rossi. Di diverso avviso, invece, è l’assessore Bramerini che, interrogata dai magistrati come persona informata dei fatti, dichiara che ad aver deciso lo spostamento di Zita è stato Rossi in persona (Notizia riportata dal Tirreno Toscano. Tav, la verità di Bramerini: il dirigente spostato da Rossi). Da che parte sta la verità? Vedremo.

Ma tornando all’incipit, non più di due giorni fa, per chi se lo fosse perso, il presidente (esecutivo) del consiglio di amministrazione dott. Franco Bernabè ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’ intenzione di Generali, Mediobanca e Intesa SanPaolo di voler cedere a Telefonica le loro azioni. Anzi, a confermare la sua buona fede, ha aggiunto di aver saputo tutto solo dai comunicati stampa. Piccolo cameo: Telco è la società partecipata dalle aziende di cui sopra che detiene nei fatti il controllo di Telecom Italia: fino a qualche giorno fa, il patto di sindacato tra le tre italiane, ancorava la società telefonica al territorio italiano. Con il passaggio delle loro azioni a Telefonica, invece, la società diventerà spagnola, con tutti i problemi di sicurezza connessi della rete, la quale in tutti questi anni non era stata ancora scorporata dalla società. Ora, le cose sono due: o Franco Bernabè è un uomo qualunque, uno che apprende le notizie sull’azionariato che lo ha eletto dai giornali come tutti noi e quindi non si spiega perchè un uomo qualunque debba stare a capo della società che possiede le reti telefoniche di tutto il nostro Paese, oppure Franco Bernabè sapeva ma non ha detto niente. E qui, sorge la domanda fondamentale: perchè?

Io, in tutta onestà, da cittadino italiano, inizio ad essere un po’ stufo di essere trattato come un bambino al quale si raccontano quotidianamente bugie confidando nella sua ignoranza.

In certi casi non si può non sapere. E se davvero non si sa, perchè i sottoposti si muovono come se fossero loro i padroni o perchè non si è capaci, in un Paese normale si fa una cosa sola: si rassegnano le dimissioni. E basta.

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