Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Parliamo di politica, più o meno seriamente.
Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Breaking the law

Condividi

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp

La strada verso quella che si prospetta come una delle più importanti riforme giudiziarie della storia repubblicana sembra ormai al punto di arrivo. Le parole della guardiasigilli Paola Severino non sembrano porre equivoci di alcun tipo, il contenuto del decreto legislativo 155 del 7 settembre del 2012 sarà attuato in toto entro la fine settembre, con inevitabili ripercussioni nell’ambito della gestione del contenzioso nel nostro paese che, come ben sappiamo, certamente non gode di una fama positiva in merito.

Il provvedimento in questione è figlio, ancora una volta, di quell’esigenza prioritaria riconducibile al taglio dei costi legati alla pubblica amministrazione (per gli amanti dei termini tecnici spending rewiew) al fine di: << trarne un vantaggio in termini economici che possa in qualche modo essere redistribuito a sua volta laddove ce ne sia bisogno>>, parole che suonano più come una giustificazione elementare rispetto ad una scelta oculata da parte del governo (sia quello Monti che Letta), invece di effettuare un intervento efficace in questo settore che a mio modesto avviso non c’è assolutamente stato. Nel dettaglio si parla di abolire 31 tribunali, 31 procure, 220 sezioni distaccate di tribunale e la bellezza di 667 uffici di giudici di pace. Proprio questi ultimi rappresentano figure che si sono rivelate essenziali nella velocizzazione della lenta macchina giudicante, così da apportare un risparmio nelle casse dello Stato di una cifra che si aggira attorno ai 108 milioni di Euro; tuttavia, ha precisato la Ministra, non vi sarà nessun taglio di organico, solo un intervento di risparmio che lascia invariato il numero del personale impiegato presso gli uffici giudiziari, considerando, almeno quello, non sottoponibile a nessun intervento, ovvero “intoccabile”.

La prospettiva futura sarà quella di una pendolarizzazione verso le sedi dove confluirà il carico di lavoro e il personale delle sedi distaccate: per dare un’idea chiara, si avrà lo spostamento di circa 19944 giudici di pace, 950 magistrati ordinari e circa 7914 unità di personale amministrativo; solo in Toscana spariranno le sedi di Monsummano Terme, Pescia, Portoferraio, Piombino, Viareggio, Montevarchi, Empoli, San Sepolcro, Orbetello, Cecina e Pontassieve, con notevoli disagi per chi vive in zone logistiche non agevoli (L’Isola d’Elba per esempio) che così facendo dovrà perorare la propria causa a km di distanza, con un inevitabile aumento delle spese che avvocati, praticanti e cittadini dovranno sostenere al fine di far valere la proria richiesta.

Tuttavia, questa operazione, che toglie di fatto le strutture giudiziarie dalle province, dovrebbe secondo gli addetti ai lavori apportare una maggior efficienza nelle sedi dove il contenzioso confluirà, potendo contare ogni tribunale in media di un organico di circa 28/30 unità di magistrati in un bacino di utenza di circa 360.000 abitanti: seppur possa destare perplessità, in una logica volta a ottimizzare l’apparato della pubblica amministrazione, la ratio di un siffatto intervento potrebbe essere in parte accettabile, eliminando quegli sprechi o inefficienze che realmente siano ostativi al nostro pesante sistema, ma ciò che a mio avviso si verificherà lunge assai da una logica così articolata, risultando così l’ennesimo taglio ad una coperta che sembra destinata a scoprire sempre di più. A mio avvviso un apporto deciso dell’informatizzazione dei tribunali, come da tempo si parla sopratutto per ciò che inerisce la richiesta di documenti o la loro consultazione unita all’assunzione di un personale più ridotto ma tecnicamente più qualificato nelle cancellerie avrebbe in qualche modo arginato molte problematiche che da anni invece restano invariate.

Ciò che più desta perplessità è che il taglio dei tribunali sia avvenuto in maniera indiscriminata, senza andare a valutare la reale importanza che una determinata sede collocata in una determinata zona potesse avere rispetto alle altre. Di conseguenza, alcuni tagli possono risultare, seppur criticati, tollerati, mentre in altre zone, dove c’è un’oggettiva necessità di avere la presenza dello Stato giudicante, vuoi per problemi logistici o sociali (mi riferisco ineludibilmente alle infiltrazioni mafiose sul territorio) una tale decisione appare illogica e quantomai pericolosa. In ballo non ci sono solo dei sempici servizi, c’è ben altro, ovvero la sicurezza e l’immagine dello Stato e in un momento di confusione come questo, dove per vicende politiche interne alle istituzioni l’immagine dello stesso appare assai fragile. Una manovra azzardata di questo tipo potrebbe aprire una ferita che difficilmente potrà essere rimarginata se non con il tempo, appunto, quello che il nostro paese non si può permettere di sprecare.

 

Ultimi articoli