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Strage di Denver: il processo hollywoodiano

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Ve lo ricordate James Holmes? E’ passato quasi un anno esatto da quel 20 luglio 2012, giorno in cui fece irruzione nel cinema di Aurora, una cittadina vicino Denver, Colorado, armato fino ai denti. Uccise 12 persone e ne ferì almeno 58. Quella sera andava in scena a mezzanotte la prima del terzo capitolo della saga di Batman di Nolan; la notizia fece il giro del mondo, tutte le televisioni trasmettevano Fox News per cercare di capire chi fosse il responsabile, se fosse vivo, se fosse uno solo o se fossero più persone, finchè si ottenne un volto: James Homes, un ragazzo di 25 anni che appena arrestato ed aver sentito il Miranda Warning, disse: “I’m The Joker”.

Il carnefice ha un vero e proprio debole per il super cattivo di Batman, tanto da riempire la camera di suoi poster (e di esplosivi, ma sono dettagli) e di tingersi i capelli di arancione prima di rendersi protagonista della strage. Insomma mi verrebbe da dire, quest’uomo ha visto troppi film. Questa storia però già di per sè scandalosamente bizzarra, non può che avere un epilogo altrettanto scandaloso. Il Colorado ha trascinato Holmes in tribunale (come accade nei paesi civili) per chiederne la condanna a morte (come non accade nei paesi civili) ed a presiedere le udienze è stato chiamato The Honourable Judge William Sylvester, protagonista assoluto di questa vicenda, ma lo vedremo più avanti.

Nella prima udienza di fronte al giudice e alle telecamere Holmes è apparso confuso, quasi assente, mentre in molti si chiedevano se fosse pazzo, se stesse fingendo, se addirittura fosse drogato, mentre il pubblico ministero lo accusava dei suoi reati e ne chiedeva la condanna a morte. Dal canto suo la difesa ha affermato più volte nel corso del processo che Holmes è affetto da una malattia mentale e che non è in grado di intendere e di volere, nodo cruciale del processo perchè se così fosse accertato Holmes non potrebbe subire l’iniezione letale ma sarebbe condannato al carcere a vita in una struttura psichiatrica. La legge del Colorado definisce l’infermità mentale come l’inabilità di distinguere il bene dal male a causa di una mente malata o difettosa. Il giudice Sylvester lo scorso Marzo ha accolto la richiesta della difesa incaricando il Prosecutor di stabilire attraverso una perizia psichiatrica se ci sono gli estremi per dichiarare l’imputato incapace (contando comunque sul fatto che l’ultima parola l’avrà la giuria), aggiungendo un particolare a dir poco sconvolgente: nel documento firmato dal giudice si legge che Holmes dovrà collaborare nella valutazione psichiatrica e che potrebbe essere sottoposto ad una “narcoanalytic interview” (la narcoanalisi). Holmes quando dovrà rispondere al magistrato potrebbe ricevere l’iniezione di quello che comunemente viene chiamato il siero della verità. Scopolamina? Penthotal? Quelle sostanze che vengono date alle spie interrogate dai cattivi nei film di James Bond? Ma veramente un giudice americano autorizza l’utilizzo di queste pratiche? Forse anche lui ha un debole per i film Hollywoodiani?

Si pensi alla macchina della verità che per ovvi motivi non può avere nessuna valenza probatoria all’interno di un processo, figuriamoci l’iniezione di sostanze che determinano la menomazione della personalità fisio-psichica e una limitazione della libertà. Gli stessi USA hanno aderito a trattati che vietano categoricamente l’utilizzo della narcoanalisi negli interrogatori perchè equiparabile alla tortura e perchè priva di riscontri scientifici sulla sua reale efficacia. Allora perchè un giudice dispone un interrogatorio del genere?

Una cosa è certa, questo processo assomiglia più che mai ad un film e vale la pena seguirlo perchè in ogni poliziesco che si rispetti non mancano mai i colpi di scena.

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