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Il PD e la comunicazione: un compromesso necessario

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La comunicazione del Partito Democratico è un argomento che mi sta particolarmente a cuore per due motivi: 1. Sono un’elettrice del Pd e credo che senza un’adeguata strategia comunicativa non riuscirà mai prevalere in campagna elettorale e vincere le elezioni, 2. Ho studiato e lavoro nell’ambito della comunicazione quindi per me è deformazione professionale.

Nella politica italiana degli ultimi 15 anni non si può negare che il comunicatore per eccellenza sia stato Silvio Berlusconi: forte carisma e leadership, promesse populiste ma efficaci, capacità (e diciamolo anche possibilità) di sfruttare al meglio lo strumento mediatico più potente: la Televisione.

Questo panorama ha creato nel centro-sinistra italiano la percezione semplificatoria ed errata che la comunicazione politica sia il punto di forza del centro-destra e quindi è diffusa l’idea che se sei un buon comunicatore, se arrivi alla pancia delle persone e sai trasmettere al meglio il tuo messaggio in campagna elettorale non sei di sinistra.

Questo pensiero è a volte latente a volte manifesto ma c’è e si è sentito in ogni campagna elettorale che il Partito Democratico (o il centro-sinistra) ha condotto negli ultimi anni.

Se analizziamo la campagna elettorale del PD per le politiche del 2013 si notano due elementi che a mio avviso hanno portato ad una comunicazione poco efficace:

1. I toni tenuti da Bersani: il messaggio travisato

La linea di Bersani in ogni apparizione televisiva (e non) è stata di non mentire facendo false promesse ma di dire le cose come stavano. Il concetto espresso era “siamo in un momento di crisi, non posso promettervi che vi toglierò le tasse e vi aumenterò i posti di lavoro nel giro di un mese, quello che posso promettere è che se stringiamo i denti e facciamo sacrifici riusciremo a migliorare le cose”.

Tutto vero e tutto giusto. Il problema è che bisogna capire il momento storico che gli italiani stavano vivendo. Il Paese veniva da un anno di Governo tecnico in cui il rigore e le tasse erano state le parole d’ordine. Per cui il messaggio che voleva dare Bersani di onestà e responsabilità è stato travisato ed è stato letto dagli elettori (fomentati dall’opposizione) come una minaccia di nuove tasse e di tempi ancora più duri. Quello che secondo me invece avrebbe dovuto evidenziare era un programma in cui venivano tutelati i più “deboli” a discapito dei più forti.

2. La mancanza di una comunicazione centrale che fosse coordinata e strategica

Seguendo attentamente la strategia comunicativa del Partito Democratico quello che mi è saltato all’occhio più di tutto è stata la mancanza di una comunicazione che avesse una strategia definita e fosse coordinata in tutte le sue declinazioni. Ho visto idee molto buone ed altre a mio modesto avviso pessime ma la causa principale dell’inefficacia è stata a la “schizzofrenia” del messaggio e dell’utilizzo degli strumenti di comunicazione. E’ vero che la comunicazione quando è ben fatta si declina diversamente a seconda degli strumenti e del target di riferimento: il popolo dei social media non è lo stesso della televisione o dei quotidiani cartacei quindi il linguaggio deve essere necessariamente differente. Ma per far sì che il concept e i valori che si vogliono trasmettere siano efficaci occorre essere coerenti, chiari e a tratti ridondanti (più si ripete un concetto, più questo entra nella testa delle persone ed è immediatamente riconoscibile). Il PD, invece, nella campagna elettorale del 2013 ha avuto una comunicazione totalmente scollegata e scoordinata: se per le strade si vedevano manifesti grigi con un Bersani serio e responsabile, sul web passavano video di flashmob come “lo smacchiamo” (http://www.youtube.com/watch?v=R7CKXhPlFuQ). Da un estremo all’altro.

La giusta misura, a mio avviso, è stata raggiunta in due prodotti: i video spot (il bacio e il parto che trasmettevano in maniera semplice ed evocativa attraverso situazioni vicine a chiunque ( l’amore e la nascita di un figlio riescono ad arrivare alla “pancia” delle persone) il messaggio che il PD voleva dare di un’italia più giusta ed equa. Il secondo sono le infografiche con cui veniva illustrato il programma: uno strumento assolutamente molto in voga nel mondo grafico di oggi che riesce a spiegare in maniera semplice ed immediata concetti anche complessi http://www.partitodemocratico.it/tdoc/119/t/documenti-indice/indice.htm.

Molto innovativa, devo dire, è stata anche quella che nel gergo della comunicazione politica si chiama la “war room” dei 300 spartani. L’idea di ingaggiare dei giovani del PD che animassero le discussioni diffondendo il messaggio sui social media è stata molto buona. Il problema è che non è stata supportata da un’altrettanta buona comunicazione centrale su quelli strumenti. Non basta essere su facebook o su twitter per fare comunicazione sui social media: questi strumenti vanno saputi utilizzare, bisogna essere in grado di stimolare discussione e di far sentire la propria presenza proponendo temi e linguaggi adeguati e soprattutto partecipando attivamente . Il segreto sui social è far sentire che dall’altra parte c’è la persona che è pronta a dialogare e condividere (valori chiave del web 2.0). Altrimenti creare una fanpage o un profilo è perfettamente inutile ( rimane una bella vetrina copia del sito web ufficiale) o addirittura dannoso (gli utenti del web 2.0 pretendono partecipazione attiva).

Quello che vorrei dimostrare attraverso questa breve e forse superficiale analisi (ci vorrebbe una tesi di laurea per essere esaustivi) è la necessità che il Partito Democratico affronti il tema della comunicazione come una cosa fondamentale per vincere le elezioni.

Obama, probabilmente, da candidato più sconosciuto di tutti alle primarie, non sarebbe dov’è se non avesse attuato la più grande strategia comunicativa della storia. Ha saputo coordinare una campagna elettorale in tutti gli Stati Uniti attraverso una struttura organizzativa che partiva da una direzione centrale ma che riusciva a diffondere la propria strategia coordinata anche all’ultimo volontario che faceva il porta a porta. Ha saputo utilizzare nel 2008 strumenti come Facebook che all’epoca nessuno si sognava di sfruttare per una campagna elettorale. Ha capito l’importanza di diffondere un messaggio coordinato ovunque e con qualsiasi media. Niente è stato casuale nella sua comunicazione.

Credo quindi che sia arrivato il momento, anche per il centro-sinistra italiano, di considerare la comunicazione non come un accessorio che si utilizza perché è obbligatorio farlo (ma in cui la destra è comunque più brava) bensì come uno strumento fondamentale che merita un’attenta riflessione e una struttura organizzativa ben studiata.

“Saper fare + saper comunicare” è questo il compromesso storico a cui il Partito Democratico deve arrivare se vuole vincere le prossime elezioni e governare.

“Si fa campagna elettorale con la poesia, ma si governa con la prosa” Marco Cuomo, ex Governatore dello stato di New York.

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