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Ospedale, Goldoni e Politica. “Bred à tête” con Cecilia Strada, presidente di Emergency

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Oggi ho, molto immeritatamente a dire il vero, avuto la grandissima fortuna di intervistare Cecilia Strada. Se appena avete letto questo nome avete pensato “E chi è?”, non preoccupatevi: non la conosce nemmeno Wikipedia (o almeno, io non sono riuscito a trovarla). Tuttavia, questo non sminuisce di una virgola la sua grande rilevanza.

Cecilia è una delle donne più importanti d’Italia: figlia di Gino Strada e Teresa Sarti, dal 2010 ricopre la carica di presidente di Emergency. Tanto per darvi un’idea del tipo di persona che abbiamo davanti: questa ragazza è diventata la numero 1 di una delle più importanti ONG del mondo (nonché partner ufficiale del Dipartimento della Pubblica Informazione dell’ONU) a soli 30 anni, subito dopo la nascita del suo primo figlio e succedendo alla madre scomparsa soltanto 3 mesi prima. Insomma, buon sangue non mente. La scelta di far presiedere l’associazione ad una donna, giovane e preparata (Laurea in Sociologia) è uno degli esempi della filosofia che guida Emergency: le persone giuste al posto giusto. Infatti Emergency non è solo Gino Strada e Gino Strada, da solo, non è Emergency: servono molte persone, molto preparate, molto motivate e molto altruiste per far funzionare così bene una associazione del genere, al pari dei loro ospedali dislocati in zone di guerra. Ritengo che sarebbe opportuno trarne il massimo insegnamento, soprattutto in politica, da questo modo di fare…

Con Cecilia ci incontriamo al Pala Macchia, appena prima dell’iniziativa del 28 giugno. Ho 10 minuti di tempo, sono onorato ed emozionato, e fa caldo. Dopo una calorosa stretta di mano mi presento e gli presento brevemente il nostro blog. Mi raccomanda di dargli “del tu” e quando gli accenno che siamo quasi tutti under-35, mi interrompe: “Allora potrei scrivere anche io per voi? Ne ho 34!” Ci abbiamo riso su, ma gli ho detto che avremmo pubblicato molto volentieri ogni cosa che ci avesse voluto inviare. Non si sa mai…

Cecilia, prima qualche domanda sul locale. Eri già stata a Livorno? Cosa ne pensi della città e dei livornesi? Sono felicissima di essere qua, c’ero già stata e ho trovato ancora una volta una splendida ospitalità. In questa città c’è un’attenzione particolare agli argomenti che ci stanno a cuore. E poi siete una città di mare e avete una grande generosità, un tratto che non si trova molto spesso purtroppo. Inoltre Livorno è una città di un certo tipo, con una storia nota ed una cultura molto ricca.

A proposito di cultura: è proprio notizia di questi giorni il rischio della chiusura del teatro Goldoni. Quando si chiude un teatro è sempre una sconfitta. La cultura è l’unica “cura” efficace contro la povertà ed è l’unica che può rimuovere i problemi da cui scaturiscono i mali che riempiono i nostri ospedali: l’ignoranza, l’inciviltà e le diseguaglianze.

Parlando di ospedali: a Livorno è stato intrapreso un percorso politico, tra cui anche un referendum consultivo, che porterà alla realizzazione di un nuovo ospedale. Quando si va a costruire un ospedale nuovo, cosa ritieni che non possa assolutamente mancare? Il rispetto per il paziente: trattarli come persone e rispettarli nel loro momento più difficile, quello della malattia, in cui sono più fragili e ricattabili è uno dei punti da dove si valuta la civiltà di una società. L’ospedale deve essere costruito attorno al paziente inteso come persona: e in quest’ottica sia le risorse umane che quelle economiche devo essere utilizzate per garantire la qualità di cura e non andare disperse in sprechi o, peggio ancora, per interessi personali.

C’è qualcosa che “regaleresti” di Emergency al Sistema Sanitario Nazionale? Cosa potrebbe imparare il SSN da voi? Intanto quello di cui parlavamo prima, cioè il rispetto per il paziente che noi cerchiamo sempre di mettere al centro. Poi, senza ombra di dubbio, la gratuità delle cure: che è un fattore che spesso fa la differenza tra vivere o morire. In molti dei paesi in cui operiamo molte madri si trovano a scegliere se curare uno dei loro figli o dare da mangiare agli altri. E questa è una situazione in cui mai nessuno dovrebbe trovarsi. E’ per questo che quando lo abbiamo visto accadere anche in Italia ci è apparso un fenomeno tristemente nuovo. Non può mai essere giusto rinunciare alla cure di cui uno necessita per motivi economici.

Tuo padre una volta disse: “Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra”. Come spenderesti le risorse economiche destinate agli F-35 per la pace? Dobbiamo praticare i diritti. Io li spenderei per costruire le strutture che servono, invece che per sganciare le bombe: ospedali, scuole, fabbriche… Ti snocciolo due cifre. Dal 99 ad oggi abbiamo curato 3,5 miloni di afgani spendendo quanto l’Italia spende in 25 giorni di guerra. Fare la guerra costa 2,5 milioni di euro al giorno. Costa molto meno fare la pace! Con tutti i soldi che sono stati spesi nel conflitto avremmo potuto trasformare tutto l’Afganistan. Immagina le università, le biblioteche, i teatri che avremmo potuto fare.

[Arriva il padre, Gino Strada. Lo saluto, mi stringe la mano e gli dice di andare il prima possibile dietro al palco per decidere della scaletta della serata] E’ il momento dell’ultima domanda. E’ ormai evidente e conclamata la lontananza tra i cittadini, e soprattutto i giovani, e la politica. Cosa può fare l’Italia per ricucire questo strappo? Ovviamente non mi riferisco soltanto ai partiti politici, ma anche a sindacati, associazionismo, amministrazioni…Alla politica manca la P maiuscola. La Politica non è quella cosa schifosa che si vede molto spesso. La Politica è il modo in cui scegliamo di vivere tutti insieme. Tutto è Politica e tutti facciamo Politica in ogni momento: se ci muoviamo in bus o in bici piuttosto che in auto, se beviamo l’acqua in plastica o dal rubinetto… La politica, per riguadagnare il suo ruolo, deve concentrarsi sul cittadino: è il cittadino la priorità e non di qualche piccolo gruppo che tutela il proprio interesse. La politica deve servire a farci vivere meglio e a far vivere meglio tutti, perché non posso essere felice se non lo è chi mi sta accanto. La Politica è bella, cazzo!

L’intervista è finita, mi saluta molto calorosamente ancora una volta e se ne va a sistemare gli ultimi dettagli della serata. Forza Cecilia, forza Gino e forza Emergency.

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