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Provare no! Fare o non fare. Non c’è provare. Riforma della giustizia nel decreto Letta

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Sono da sempre portato a guardare con diffidenza ogni tipo di annuncio anticipatore di rivoluzioni, di cambiamenti radicali, forse un po’ per colpa del mio essere juventino costantemente in attesa del grande colpo di mercato promesso che non arriva mai o soprattutto perché ho capito da tempo che con i nostri governi, entrando nei contenuti, la concretezza risulta inversamente proporzionale al voluto sensazionalismo iniziale.

Non potendo esaminare a trecentosessanta gradi l’intero decreto, che per carità, presenta alcuni punti luce da non sottovalutare come la modifica alla regolamentazione del wi-fi in luoghi pubblici o l’apertura di piccoli e medi cantieri per circa tre miliardi di euro, mi soffermerò su ciò che mi riguarda da più vicino, ovvero la riforma della giustizia.

In conferenza stampa il Presidente Letta ha calcolato approssimativamente lo smaltimento di circa 1,2 milioni di procedimenti civili arretrati attraverso l’inserimento nel sistema giustizia di figure nuove quali “i giudici ausiliari” e le mediazioni obbligatorie. Un momento. Tanto di cappello sui giudici ausiliari “Ex magistrati, ex notai, ex avvocati o ex professori universitari con più di sessant’anni e meno di settantantacinque, pagati duecento euro a sentenza, come i loro «colleghi» giudici onorari”, per un totale di quattrocento unità pronte ad immolarsi nei corridoi degli archivi del tribunale, piuttosto che andare ai giardinetti per stare dietro ai nipoti o gettare il pane ai piccioni. La mediazione obbligatoria però, non mi suona affatto nuova e se ricordo bene fu una nota stonatissima nel panorama giuridico italiano già diverso tempo fa.

Andiamo per gradi, per capire di cosa parliamo dobbiamo risalire all’anno 2010 quando tramite il d.lgs n. 28 il governo introdusse la mediazione obbligatoria per quelle controversie in materie c.d. minori (condominio, diritti reali, divisione, successioni ereditarie, patti di famiglia, locazione,comodato, affitto di aziende, risarcimento del danno derivante dalla circolazione di veicoli e natanti, da responsabilità medica e da diffamazione con il mezzo della stampa o con altro mezzo di pubblicità, contratti assicurativi, bancari e finanziari). In pratica lo Stato imponeva a chi volesse esercitare in giudizio un’azione relativa a queste controversie, di rivolgersi obbligatoriamente e preventivamente a figure professionali individuate tra i mediatori, pena l’improcedibilità della domanda giudiziale di fronte ad un giudice ordinario. Se non fosse stato per la palese violazione della Costituzione (sulla quale tornerò più avanti) e per l’evidente disparità di competenze tra avvocati iscritti all’albo e mediatori (figure professionali individuate tra i laureati in materie non bene specificate, dopo il superamento di un esame di abilitazione), forse la mediazione sarebbe potuta entrare nella costellazione delle controversie giudiziarie con merito e rispetto. Ma come dicevo il legislatore ha forzato la mano stabilendo che: puoi sì avere tutte le ragioni che vuoi per trascinare il tuo inquilino in tribunale, ma prima di far valere questo diritto costituzionalmente garantito, devi intraprendere una conciliazione obbligatoria, a tue spese, con buone possibilità di non arrivare ad un’intesa e solo a questo punto potrai affidarti ad un legale e depositare una citazione in tribunale.

Risultato: sono fioccate società di mediazione, scuole di formazione per mediatori e l’ordine degli Avvocati ha dichiarato guerra al decreto, com’era ovvio aspettarsi. Le statistiche iniziali entusiastiche sulla validità del provvedimento sono state ridimensionate nel lungo periodo, si calcola infatti che nel periodo tra il marzo 2011 e marzo 2012 solo il 30% circa (media nazionale) delle mediazioni obbligatorie siano terminate con un accordo tra le parti, nonostante l’incremento esponenziale (+286% per le liti condominiali e +644% per risarcimento danni da circolazione veicoli e natanti) dovuto all’obbligatorietà ex lege dell’istituto.

 A rimettere le cose in ordine, come spesso accade di questi tempi, c’ha pensato la Consulta, nell’ottobre 2012 con la sentenza numero 272, nella quale dichiara la illegittimità costituzionale del decreto nella parte in cui si prevede l’obbligatorietà della mediazione, perché in contrasto con l’art 24 della Costituzione. Con questa sentenza si è perciò mantenuto l’istituto della mediazione civile,che per certi versi è uno strumento snello e utile, ma si è ritornati a prima del decreto permettendo quindi a chiunque di rivolgersi alternativamente al mediatore o al giudice. In sostanza il vento che soffiava in poppa agli aspiranti mediatori è scaduto di fatto azzerando il mercato delle mediazioni sospinto dalla provvidenza statale.

 Ecco quindi che forse per non mandare in strada chi ha investito il suo tempo e il denaro per diventare mediatore, forse perché qualcuno lassù al Ministero non legge le sentenze della Corte Costituzionale o cerca di forzare la mano su punti nevralgici del nostro ordinamento, la mediazione obbligatoria è tornata. Nel decreto del fare, o forse meglio dire nel decreto del provare è stata reintrodotta l’obbligatorietà della mediazione nelle liti civili “con qualche correttivo” ancora non proprio chiaro al sottoscritto. Non sarà comunque difficile per i bookmakers ipotizzare una seconda bocciatura del procedimento se le impostazioni di base dovessero restare le solite, altrimenti dovremmo puntare tutto sull’uso ad cazzum dei principi costituzionali.

 C’è un però. La giustizia è ingolfata, non serve confermarlo e con questa critica non voglio assolutamente impedire lo svilupparsi di una riflessione sulla necessità di mettere in campo tutti gli strumenti atti a snellire il processo civile, macchia nera nella reputazione italiana internazionale. E’ invece necessario abbandonare ogni tentativo sensazionalistico di approcciare i problemi e intervenire con bisturi, forbici e tamponi nei tessuti della macchina amministrativa. Troppi distaccamenti dei tribunali, troppi atti sottoposti a marche da bollo, troppo personale mal organizzato e assenza totale di meritocrazia nelle carriere giuridiche. Chi è riuscito a sopportare la lettura fino a qui, provi ad andare su Google e digitare processotelematico per avere accesso a tutti gli strumenti innovativi del nostro ordinamento all’avanguardia, ma prima si munisca di manuale di informatica sul linguaggio html perché scoprirà di esserti imbattuto in un Server morto.

 La giustizia italiana soffre di molti mali e lo sanno bene anche in Europa quando ci chiedono di fare qualcosa. Appunto fare, o non fare, non c’è provare.

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