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Sprechi: in salsa tzatziki o amatriciana, as you prefer

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Il governo greco (anch’esso di larghe intese, N.d.R.) ha deciso di sospendere l’attività della ERT, il servizio pubblico radiotelevisivo ellenico, definito dal portavoce del governo, Simos Kedikoglou, ex giornalista della stessa emittente, “un’oasi di sprechi insopportabili, tanto più per un paese in crisi.”.La ERT, ha tre canali principali e altri due, Hd e News, più 29 testate radio, per un totale di 2780 dipendenti; il canone annuo del servizio pubblico corrisponde a circa 51 euro, cifra che, seppur sommata agli introiti pubblicitari, deve essere risultata irrisoria, vista la perdita costante di 300 milioni di euro l’anno.

Questa è, pressapoco, la situazione della “RAI” greca.

Cerchiamo di fare un raffronto con il nostro servizio pubblico, la RAI: 13.229 dipendenti, tre reti generaliste (Rai1,2 e 3), dodici canali tematici (Rai Storia, Sport, Fiction ecc), una testata per ogni Regione oltre a dieci testate radio a cui si sommano quelle regionali. Perdite annue:253 milioni.

Leggendo i dati, la differenza è evidente quanto disarmante; cercando numeri e statistiche per preparare quest’articolo, mi sono fatto una domanda: “Possibile che con questi numeri, la RAI sprechi denaro pubblico per trasmettere la diretta del matrimonio di Valeria Marini?”. Con questo non voglio certo dire che la RAI vada spenta come successo in Grecia, ma ripensata sì, almeno sul modello “snello” in voga in tutta Europa: in Germania, in Spagna, nel Regno Unito e in Francia la tv pubblica ha solo due canali, con l’eventualità di un canale all-news (tipo Rainews o Skytg24, N.d.R.).

Nel Belpaese, siamo abituati allo stanco ritornello del “Fuori i partiti dalla RAI” (a questo proposito faccio i miei auguri al Presidente della Commissione di Vigilanza RAI, Roberto Fico del M5S), che è anche un intento nobile e sicuramente utile, perché la governance, cioè i criteri e i metodi di gestione di un’azienda, vanno sicuramente cambiati, ma, leggendo gli spaventosi numeri del nostro servizio pubblico, si capisce che il problema è “semplicemente” economico-finanziario e per ovviare ad esso, basta la volontà del CdA, almeno per tamponare l’emergenza: il piano organico di riforma sul modello europeo, possono farlo Governo e Parlamento assieme, mentre l’azienda risistema i conti.

Sembra superfluo dire che, quando un emittente radiotelevisiva, un giornale o una rivista chiude, com’è nel caso greco, non è mai una bella notizia, perché il diritto all’informazione del cittadino-elettore è uno dei capisaldi della democrazia; tuttavia è dovere delle Istituzioni, se vogliono rimanere credibili, fare tutto ciò che è in loro potere quando si deve gestire un’azienda in crisi che vive anche grazie a risorse pubbliche cioè, il canone. Sulla riforma nel breve periodo non mi faccio illusioni, sarà difficile, se non impossibile attuarla: non ci sono riusciti tre governi tecnici (Ciampi, Dini e Monti) non vedo come potrebbe riuscirci un governo di larghe intese, composto da due partiti, che proprio nella RAI, di larghe intese, hanno fatto lunga pratica.

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