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Riforma del Titolo V e articolo 119. The story so far…

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Appena iniziata la XIV legislatura si svolse in Italia il primo referendum confermativo, sulla riforma del titolo quinto della Costituzione .

L’iter referendario venne definito dal governo di centrosinistra, di conseguenza il centrodestra, appena eletto al governo, palesò resistenze su buona parte della riforma federale. Il Polo delle Libertà e la Lega provarono ad affossare il processo di “costituzionalizzazione” sebbene la riforma venne timidamente approvata in sede bicamerale dai due opposti schieramenti. Di fatto il processo di approvazione richiese tempi molto lunghi ed il contenuto rimase quello definito dall’Ulivo.

Il referendum costituzionale confermativo del 7 Ottobre 2001 approvò la riforma del titolo V con un numero di votanti bassissimo 34% ed il 64,2 % di voti favorevoli.

Il professore Antonini (docente di diritto costituzionale ) scrive: “la riforma del titolo V si proponeva di procedere alla riorganizzazione dello Stato in modo piuttosto frettoloso in quanto era stata approvata con maggioranza assoluta. Essa sembrava essere diventata una manovra politica, conclusa a fine legislatura, per fare proprio un tema molto caro alla coalizione concorrente e proprio per questo non pareva essere completa”.

Autonomia, coordinamento e perequazione. Il federalismo contabile.

I primi tre commi dell’articolo 119 ridefiniscono l’organizzazione dello Stato nell’ottica dell’autonomia finanziaria, del coordinamento con la Costituzione dell’istituzione di un fondo perequativo per compensare gli squilibri tra i territori.

Il primo comma stabilisce che l’ente locale possa disporre in autonomia delle risorse necessarie al soddisfacimento delle funzioni istituzionali pertanto tali enti possono esercitare chiaramente una autonomia sia di entrata sia in uscita e imporre tributi da applicare per il soddisfacimento dei bisogni dei cittadini. Questo comma si pone in contrapposizione con il secondo poiché viene di fatto posto un freno all’applicazione autonoma dei tributi nel rispetto del principio di coordinamento con lo Stato e in armonia con la Costituzione.

Il terzo comma inserisce uno strumento di chiara derivazione solidaristica ripreso dalla Costituzione federale del Canada, ossia un fondo perequativo che possa evitare la creazione di forti squilibri in termini di risorse naturali , disposizione di basi imponibili da tassare , differenze nei costi dei fattori produttivi. Questo strumento è stato creato per incrementare le risorse derivanti dai tributi riscossi dalle regioni: infatti nasce nel momento in cui in Italia viene deciso di ridurre drasticamente i trasferimenti statali e di aumentare le entrate proprie, per rendere lo Stato meno centralista e più federale.

La situazione attuale.

La definizione di politiche che costruiscano in Italia una reale riforma dello finanze dello Stato in senso federalista ha incontrato vari momenti di impasse.

L’autonomia finanziaria prevista dall’articolo 119 ha fatto sì che le Regioni approvassero leggi di bilancio in modo scoordinato, creando squilibri tra le regioni del nord e del centro e quelle del sud.

Calabria, Campania, Lazio utilizzavano le risorse trasferite direttamente dal governo per ripianare i dissesti di bilancio di alcuni settori fondamentali quali la scuola, la sanità e le polizie municipali: questo perché i trasferimenti avvenivano secondo il criterio della spesa storica, ossia trasferendo dallo Stato all’ente locale risorse da spendere in base a quanto era stato speso nell’anno precedente .

Durante il terzo governo Berlusconi, la riforma del federalismo veniva appoggiata da entrambi gli schieramenti. Venivano studiati i costi e i fabbisogni standard ossia quali fossero i costi e fabbisogni ottimali di un territorio, di un ente o di una struttura per offrire buoni livelli di servizi. Sfortunatamente non sono ancora stati attuati. Procede invece l’iter di armonizzazione dei bilanci attraverso il passaggio dalla contabilità economica alla contabilità finanziaria degli enti locali per rendere le entrate e le uscite confrontabili e valutabili

Conclusa la fase di accelerazione nel percorso “ federalista”, la crisi italiana e lo spread hanno costretto il governo Monti, appena insediato, a ricentralizzare i tributi che erano stati assegnati agli enti locali secondo il principio dell’autonomia tributaria per colmare l’enorme debito pubblico. Uno degli esempi di maggior impatto è stata senza dubbio l’IMU Imposta Municipale Propria.

Il gettito di tale imposta infatti doveva essere attribuito ai Comuni onorando la natura di imposta propria. Invece, a causa della drammatica situazione della finanza pubblica statale, il gettito è stato attribuito quasi completamente all’erario.

Il nuovo governo di grande coalizione, in base anche alle priorità dettate dal Presidente della Repubblica e dal documento dei 10 saggi ha messo ancora una volta al centro del dibattito il federalismo. Le parole del Ministro Delrio manifestano la volontà di continuare sulla strada federalista e sull’ autonomia finanziaria delle regioni, sottolineando come:

“ si debba andare all’attribuzione di tutto il gettito dell’IMU ai Comuni e insieme ridurre progressivamente i trasferimenti statali. Questo paese deve smettere di ragionare sui trasferimenti e deve promuovere autonomia e responsabilità ai territori. Lo si fa in primis applicando i costi e i fabbisogni standard. Il modello è un federalismo cooperativo in cui c’è la perequazione e si partecipa ad aliquote statali come in Germania”

Il processo di costituzionalizzazione del federalismo ad oggi ha incontrato momenti di accelerazione momenti di stallo: vero è che, in una fase in cui è più che mai necessaria una razionalizzazione della spesa pubblica, il federalismo è adesso l’unica strada percorribile.

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