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La nostra Costituzione. L’articolo 9

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“La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”

Semplice, veloce e di facile comprensione.

Già nel ’48 si intuiva l’importanza e la necessità per la futura società, provata dalla dittatura e da una guerra civile drammatica, di Cultura, Scienza e Ambiente.Se si pensa al periodo in cui è stata redatta la nostra Costituzione, si intuisce la grande lungimiranza e la prospettiva di benessere che la Repubblica intendeva dare ai propri cittadini. Infatti nessun’altra Costituzione occidentale cita questi beni di primaria importanza per lo spirito ma sicuramente astratti e di difficile catalogazione.

Talmente difficile che nella realtà dei fatti questo articolo non è mai stato rispettato, sacrificato nel nome del boom economico prima, dell’exploit del mattone dopo e infine agonizzante sotto i colpi della crisi economica.

In questo momento storico l’Italia è pericolosamente vicina al fondo del barile, e proprio in questa situazione credo che ripartire dall’Art. 9 sarebbe un toccasana per molte delle problematiche attuali. Ricerca scientifica, sviluppo del terziario, spettacoli, musei, patrimonio storico e culinario. Tutti beni di primaria importanza del made in Italy.

In questa ottica un potenziamento delle strutture esistenti, e mi riferisco principalmente ai musei, tramite una gestione moderna, efficiente e dinamica di queste vere e proprie miniere d’oro a cielo aperto, garantirebbe un miglioramento dei servizi riservati al turismo, con un incremento dei guadagni e quindi un incremento di posti di lavoro.

La valorizzazione dell’ambiente e del patrimonio storico sono già indirizzati verso un incremento sostanziale e la green economy è solo un primo tassello verso un potenziamento di un comparto economico che inevitabilmente segnerà il passo nei prossimi anni. Spendere meno ma spendere meglio il proprio denaro e il proprio tempo libero. In questa direzione si muovono i nuovi consumatori figli della crisi globale. Quindi solamente chi riuscirà a vincere la sfida della qualità e non della quantità consumistica, vedrà crescere la propria ricchezza, che non deve essere solamente intesa come valore patrimoniale ma principalmente come indice di benessere personale e di conseguenza anche sociale.

Il comparto culturale inoltre non può essere abbandonato a se stesso, con la scusa della mancanza di fondi, come molti amministratori amano ripetere per giustificare la stagnazione e il regresso delle attività di spettacolo e di intrattenimento, da sempre collante sociale e catalizzatori per la diffusione delle eccellenze dei territori. La pubblica amministrazione deve assolutamente snellire le pratiche burocratiche legate alle attività culturali mettendo a disposizione i propri uffici per incrementare tutte le iniziative culturali che in questo periodo storico provengono principalmente dall’associazionismo e dai privati. Suolo pubblico, supporto logistico, facilitazioni burocratiche, patrocini, strutture pubbliche sono tutte armi che le amministrazioni potrebbero mettere in campo per agevolare e incrementare lo sviluppo di eventi culturali.

Un impegno concreto che deve venire in primis dai nostri amministratori, ultimamente troppo impegnati a lamentarsi delle scarse risorse e a volte poco attenti alle potenzialità che la macchina amministrativa potrebbe mettere in campo, in una sinergia nuova, moderna, progressista e a mio avviso anche vincente.

La Repubblica a volte va stimolata, non possiamo pretendere che sia sempre Lei a stimolare noi…

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