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La nostra Costituzione. L’articolo 11

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Articolo 11. “L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo.”

La scelta dell’articolo 11 della Costituzione per dare il via alla mia collaborazione a questo nuovo progetto di certo non è casuale. Si può dire che ciò che sta scritto all’interno dell’articolo 11, in particolare la parte riguardante le limitazioni di sovranità , rappresenta la base, il nucleo, per sviluppare i temi dei quali mi occuperò da qui in futuro, e cioè partire dal processo di integrazione europea, per spiegare il funzionamento (e non) delle istituzioni europee, i traguardi raggiunti e quelli che ancora devono essere ottenuti.

Dopo la folle devastazione delle due guerre mondiali, il sentimento dominante che circolava tra i popoli e i governanti di tutti gli Stati europei, era il desiderio di pace. Non a caso, i nostri padri fondatori inserirono nell’articolo 11, oltre il categorico ripudio della guerra, anche la necessità di limitazioni e/o cessioni di sovranità in favore di un ordinamento superiore che avrebbe assicurato la pace e la giustizia. Non solo, però, il desiderio di pace e giustizia poneva le basi per il superamento del sistema degli Stati nazionali verso un ordinamento che garantisse questi diritti fondamentali, ma anche lo sviluppo delle forze produttive all’inizio del ‘900 imponeva una dimensione del mercato più ampia di quella angusta e ormai anacronistica dello Stato nazionale. Gli Stati Uniti d’America avevano quella dimensione, gli Stati europei no. Secondo Luigi Einaudi, un grande liberale, era necessario creare un’unità europea, un mercato e un potere capaci di competere con i giganti di dimensione continentale che si profilavano all’orizzonte e al cui confronto gli Stati nazionali europei erano ormai “polvere senza sostanza”. Alla fine del secondo conflitto mondiale, quindi, i nostri Stati non erano più il quadro adeguato per promuovere lo sviluppo e per garantire la sicurezza; era chiaro che se non fossero stati messi da parte gli egoismi nazionali, e fosse persistito l’attaccamento alla propria sovranità nazionale, anche se ormai fittizia, gli Stati europei sarebbero finiti ai margini della scena mondiale, in favore dell’ascesa di super-potenze, come USA e URSS.

Il primo passo verso un futuro comune fu compiuto il 9 maggio 1950, quando la Dichiarazione Schuman, pietra miliare del nascente Trattato CECA, stabilì che la produzione del carbone e dell’acciaio degli Stati che avessero aderito, sarebbe stata sottoposta al controllo di un’autorità sopranazionale. Tale dichiarazione si basava sul metodo funzionalista, cioè un metodo progressivo di cessione della sovranità, fino al raggiungimento dell’obiettivo finale, cioè quello di un’Europa politica, un’Europa federale. Nei successivi cinquant’anni, numerosi sono stati i passi avanti e gli obiettivi raggiunti nel progetto di integrazione, quali la creazione di un mercato unico, l’elezione diretta del Parlamento Europeo, la creazione della moneta unica, ma ancora oggi gli obiettivi stabiliti dalla dichiarazione Schuman sono ben lontani dall’essere raggiunti.

Le limitazioni di sovranità che gli Stati europei si sono autoimposti per superare le crisi del dopoguerra, sono riuscite a garantire la pace e la sicurezza su tutto il continente europeo, nonché un forte sviluppo economico; la crisi economica scoppiata negli Stati Uniti nel 2007 e dilagata in tutta Europa, ha rimesso in discussione tutti i traguardi raggiunti, le politiche europee, la moneta europea. Il nuovo obiettivo adesso non è ritornare ai nazionalismi e all’autoritarismo, ma progredire nel processo di integrazione fino alla creazione di un ‘governo democratico europeo’, espressione del voto dei cittadini, perché è solo al livello europeo che il cambiamento diventa credibile

Vorrei lasciarvi con un’interpretazione più poetica e romanzata di quanto scritto sopra, sicuramente più illuminante delle mie parole, anche per coloro che non sono “addetti ai lavori”, e cioè i principi fondamentali raccontati da Roberto Benigni, nella serata dedicata alla “Costituzione più bella del mondo”:

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