Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Parliamo di politica, più o meno seriamente.
Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

Povertà, immigrazione e lo smarrimento della sinistra

Condividi

Facebook
Twitter
Telegram
WhatsApp

Ore 21.30, lungomare di Livorno. Procedo a passo d’uomo in una via secondaria per cercare parcheggio, due amici mi aspettano per cena. Ad un certo punto vedo uno di quei “simpatici” volantinatori (si dice così?) vestiti da Uomo Ragno. Fino ad ora li avevo sempre visti alle rotatorie, con cartelli pubblicitari in mano, e avevo pensato che per prestarti per una sceneggiata di quel tipo devi avere proprio bisogno. Oltre al fatto che chi l’ha pensata come mossa di marketing deve avere preso la laurea all’Università della Vita. Stasera sono in due, uno per lato della strada, mettono un volantino su ogni macchina. La mia attenzione cade sul primo a destra. Lo vedo procedere affaticato, si muove male. Da lontano penso “sarà stanco”, ma mentre mi avvicino capisco che non è stanco. È anziano. Quando gli passo accanto rallento, voglio capire davvero se ho visto bene. Lo guardo negli occhi, attraverso le fessure della maschera. Vedo rughe, occhi stanchi, capelli bianchi sudati che spuntano dal cappuccio. Provo pena e poi nausea. L’istinto è di scappare con il pensiero, ma non lo faccio. Penso: “ma che cazzo ci fa un anziano di 70 anni a quest’ora vestito da Uomo Ragno?”. Me la prendo con quelli dell’azienda di scarpe per la quale sta volantinando, poi no, la colpa è della società pubblicitaria che l’ha selezionato per quel lavoro. Mi rispondo che forse non ha altre alternative, magari ha anche mentito pur di lavorare – umiliandosi – alle nove e mezzo di sera, con un caldo bestia, in un posto dove le persone generalmente si rilassano a son di Spritz e Mojito e si godono la serata.

“Caro dove vai?”, “Vado a lavorare”, risponde lui alla moglie, a 70 anni, vestito da Uomo Ragno.

Questo è il racconto dell’episodio al quale ho assistito un paio di sere fa. Partendo anche da quanto scritto da Martina Caluri , ho pensato al bombardamento quotidiano che stiamo subendo da mesi sul tema immigrazione e sicurezza. Bombardamento funzionale a chi lo attua ad accrescere e mantenere il suo consenso, a vincere elezioni, siano esse politiche o amministrative (vedi il caso Pisa) e a dettare l’agenda editoriale di TG, quotidiani e altri mezzi mediatici. Bombardamento che ci tiene mentalmente lontani dai problemi veri e impellenti per gli italiani, i quali vengono aizzati in una guerra tra poveri: verso l’immigrato, il Rom, i vucumprà, ecc. A volte si assiste anche al paradosso che cattolici praticanti – così si dichiarano sui social – se la prendano nei loro commenti contro preti e vescovi che fanno semplicemente il loro lavoro, ossia promuovere i valori di solidarietà e accoglienza del Vangelo. Assurdo.

Per quanto non sia facile, cercherò di tenere insieme povertà e disuguaglianze con “l’emergenza immigrazione” e con quello che mi aspetterei che fosse l’ordine del giorno di una discussione politica dei principali interpreti della sinistra. Non ho la pretesa di risolvere problemi complessi con ricette semplici, quanto piuttosto di alimentare una discussione. Andiamo per punti.

Povertà e disuguaglianze. A proposito di poveri e di disuguaglianze, sono molto interessanti i rapporti che vengono pubblicati periodicamente dall’OXFAM. Secondo l’ONG inglese, l’82% dell’incremento di ricchezza globale registrato l’anno scorso “è finito nelle casseforti dell’1% più ricca della popolazione, mentre la metà più povera del mondo (3,7 miliardi di persone) ha avuto lo 0%. In Italia, a metà 2017, il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66% della ricchezza nazionale netta. Nel periodo 2006-2016, il reddito nazionale disponibile lordo del 10% più povero degli italiani è diminuito del 23,1%.” Ma non solo, e consiglio di leggersi il report per altri dati ancora più sconvolgenti. Notizia dello scorso dicembre, invece, legata ai dati Eurostat 2016, è che più di dieci milioni di italiani vivono in situazioni di povertà e l’Italia è la prima nazione per numero di poveri in Europa. Spostandoci nel locale, sulla base del Report della Caritas livornese pubblicato da Il Tirreno dell’11 luglio, la quota dei poveri livornesi che si rivolgono alla Diocesi locale è in aumento. Non c’è dubbio, quindi, che qualcosa si è inceppato negli ultimi decenni e che l’onda lunga – mitigata nei primi anni dai risparmi accumulati dagli italiani nelle varie generazioni – sta raggiungendo sempre più fasce della popolazione, che prima si ritenevano al sicuro. E che adesso, invece, hanno paura. La soluzione qual è? Sussidi economici? Oppure servizi universali garantiti ai più deboli? Io propendo per i secondi, ma non escludo che nel breve periodo si possa ipotizzare anche soluzioni che vedono la presenza dei primi, purché non diventino situazioni fisiologiche. Resta il nodo del finanziamento di entrambe le misure. Come reperire le risorse?

“Emergenza immigrazione”. Al netto delle cifre, che vedono una drastica riduzione degli sbarchi negli ultimi due anni e che svuotano il significato della parola “emergenza” – preciso che non l’ho mai rivendicato come un merito dell’ultimo governo, perché chi non parte è detenuto in condizioni inumane – la notizia che più colpisce delle ultime settimane dovrebbe essere una sola. Nel Mediterraneo si torna a morire come prima di Mare Nostrum. Solo nelle ultime settimane più di 600 morti e dispersi (fonte: Medici Senza Frontiere). Cosa vogliamo fare per risolvere il problema delle partenze? Io qualcosa l’avevo già detta qualche anno fa: Se quello è un mare. Analisi delle richieste e rilascio dei visti in loco, flussi legali non solo per chi chiede il diritto di asilo ma anche per chi vuole sognare una vita diversa. Ne abbiamo diritto tutti, no? Oppure vale solo per noi italiani ed europei quando sogniamo di andare a vivere a Barcellona, Parigi o New York? Facendo così si potrebbe anche lavorare sulla sicurezza sia degli arrivi, sia degli arrivati, perché si potrebbero esaminare il passato e il curriculum di chi chiede di spostarsi nel nostro Paese. E si potrebbe programmare un flusso, anche in termini di necessità di forza lavoro, senza subirlo.

Visto che siamo in tema, una buona volta, distinguiamo l’immigrazione dalla sicurezza. Spieghiamo che chi delinque è l’immigrato che nessuno vuole. Ma spieghiamo anche che chi delinque, oggi, lo fa perché non siamo in grado, come Paese, di programmare e gestire l’immigrazione. Chi viene formato nei Centri di Accoglienza – che svolgono un lavoro fondamentale, spesso imperniato sulla buona volontà e lo spirito di servizio dei dipendenti/volontari – è poi abbandonato a sé stesso e, talvolta, diventa manovalanza delle nostre criminalità organizzate, che si avvalgono degli ultimi tra gli ultimi per gestire prostituzione, contrabbando e traffico di droga. Pensate che si spacci nelle nostre città, come ad esempio nelle vie limitrofe a Piazza delle Vettovaglie a Pisa o Piazza della Repubblica a Livorno, senza il benestare e l’accordo con Camorra o Ndrangheta? Oppure, i migranti vengono sfruttati come schiavi, come avviene nelle piantagioni di arance in Calabria o nelle vigne toscane o piemontesi.

E poi, se vogliamo parlare di immigrazione, parliamo di Africa. Qualcuno conosce la situazione africana post-coloniale in tema di democrazia e diritti, giusto per rispondere al Ministro dell’Interno che pensa che nella maggior parte degli Stati africani dai quali partono i migranti le situazioni siano, tutto sommato, sicure? Possiamo affermare che il lavoro che hanno svolto per anni ONG e missioni religiose è superiore a quanto fatto dai governi europei e le loro rispettive multinazionali? E il Franco Africano, qualcuno sa cos’è? Infine, ma giusto per citare un esempio, qualcuno sa che nella Repubblica Democratica del Congo – Stato esteso quasi quanto l’Europa Continentale – c‘è una guerra che va avanti da vent’anni per il controllo delle minieri del Kivu? Guardate il vostro smartphone: buona parte dei materiali preziosi che lo fanno funzionare egregiamente viene da lì.

E la Sinistra? La sinistra è scomparsa. Ancora alle prese con le cure post-K.O. tecnico subito a Marzo di quest’anno, non riesce a formulare proposte credibili agli occhi degli elettori, inseguendo quanto detto dalla destra su immigrazione e sicurezza e ribattendo allo stordito Di Maio sul reddito di cittadinanza. Si parla di Renzi e non si parla di politica. Lo chiedo a tutti gli amici che si professano di sinistra: quanti poveri conoscono personalmente? Quanto siamo lontani dalle situazioni delle periferie dove poveri, italiani e non, si contendono case popolari, assistenza sociale e tutela (poca) dallo Stato? Parlo per me: io sono lontano dagli uni e dagli altri. Per fortuna, aggiungo. Ma questa mia situazione mi pone nella situazione di capire il loro disagio? Probabilmente no.

E allora torniamo nelle periferie, riappropriamoci della voglia di rappresentare quei bisogni, di colmare le disuguaglianze. Non dobbiamo avere paura di rispondere, a chi ci dice che il problema sono i migranti, che il vero problema sono i poveri. Ribattiamo che si dovrebbe garantire l’accesso ai servizi – sanità, istruzione, assistenza alle giovani coppie e ai disabili, ecc – a tutti i cittadini, che non ci sono poveri di pelle bianca o di pelle scura. Che la stabilità e sicurezza lavorativa non si hanno con in contratti a chiamata o a settimana. Che più si è poveri, più si rischia la pelle sul posto di lavoro. Che investire sul futuro dei precari, siano essi ricercatori, docenti della scuola, operai o titolari di partite iva è giusto e necessario per lo sviluppo dell’intero Paese. Che, infine, la flat tax è una “cagata pazzesca” (cit.), e che l’intervento più giusto in materia fiscale è un aumento della progressività, per dare di più a chi ha di meno e non viceversa.

Potrei aggiungere altro su economia e ambiente, ma per adesso concludo citando un personaggio che in molti rimpiangono nell’Italia di oggi, Sandro Pertini: “Battetevi sempre per la libertà, per la pace, per la giustizia sociale. La libertà senza la giustizia sociale non è che una conquista fragile, che si risolve per molti nella libertà di morire di fame”.

Ps: la scena che ho descritto all’inizio mi ha fatto venire in mente un cortometraggio con protagonista il grande Ugo Tognazzi.

[youtube url=”https://www.youtube.com/embed/axlKWJ_mrDw?”]

Ultimi articoli