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Intervista a Gabriele Baldocci

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Alzi la mano chi conosce Gabriele Baldocci. Complimenti a chi l’ha alzata, avete dei buoni gusti musicali. Gabriele è un pianista livornese di 34 anni, una vera eccellenza nel suo campo. Direttore d’orchestra e docente di pianoforte presso il Trinity Laban Conservatoire of Music di Londra e professore alla facoltà di pianoforte del Conservatorio di Stato di Potenza. Il suo mentore artistico è Martha Argerich, pianista argentina di caratura mondiale, con la quale si esibisce frequentemente.

Gabriele, intanto grazie per averci concesso questa intervista. Sei nato all’ombra dei 4 Mori, poi la tua vita si è sviluppata lontano da qui. Cosa fai in giro per il mondo?

Salve a tutti e complimentissimi per il blog!

Sono nato e cresciuto a Livorno ma mi sono sempre sentito cittadino del mondo, vuoi perché i miei studi mi hanno portato fuori città molto presto, vuoi per naturale propensione al viaggio. In giro per il mondo imparo, curioso, dono e ricevo molto. Credo sia assolutamente fondamentale, per chiunque voglia dedicarsi ad una professione in cui è necessaria la trasmissione di certi valori universali, sviluppare uno sguardo che vada al di là di barriere politiche, geografiche, linguistiche e sociali e che possa così formare una visione criticamente costruttiva a 360 gradi.

Che ricordi hai di Livorno?

Una Livorno popolare, sincera, forte. Mi ricordo la mia primissima infanzia nel quartiere del Pontino e le anziane sedute a fare l’uncinetto davanti al portone di casa. Mi ricordo tante piccole botteghe a conduzione familiare, tutti che si conoscevano da sempre, un po’ come in un villaggio.

Nei miei ricordi c’è anche mio nonno che mi porta al mercato in piazza Cavallotti, ci sono racconti di guerra dei miei parenti più anziani e le storie delle glorie dei tempi che furono.

Poi gli anni passarono e poco a poco lasciarono spazio ad una situazione sempre più desolante. Forse ero cresciuto e mi ero disincantato, forse la città era veramente caduta in una spirale sempre più deprimente, quella spirale che ha portato Livorno ad essere la città degradata che è oggi, lontana anni luce dagli splendori del passato, in cui era una città piena di teatri e di bellezze liberty.

Tra le vocazioni della città, certamente vi è quella artistica. Cosa ne pensi, in merito, della situazione in cui si trova la città e cosa pensi che debba essere fatto, dalla società e dalla politica, in prospettiva?

Credo che Livorno sia una città in ostaggio di sé stessa. Il problema fondamentale di ciò è l’indubbia caratterizzazione che funziona da calamita verso gli stessi cittadini, che abbagliati dal concetto di “ben vivere” portato avanti da generazioni (quando si viveva davvero bene), dal nostro bellissimo mare e dal particolarissimo modo di essere di tutti noi, introvabile in nessun altro luogo del mondo, vivono nella chimera di “Livorno città ideale” e, alla resa dei conti, si trovano davanti alla paura di qualsiasi cambio.

Vedo chiaramente in Livorno un immobilismo politico che è , quindi, riflesso dell’immobilismo del tipico ragionamento “meglio disoccupato a Livorno che Ingegnere a Milano”. Livorno è diventata una città sciupata e depressa. Lo si legge nei volti delle persone, nei graffiti che deturpano l’intera città, negli scempi culturali che sono stati perpetrati negli anni, nella costante chiusura delle attività commerciali, nella carenza delle infrastrutture, nell’arroganza degli amministratori, nel dialogo politico fatto da gossip su Facebook tra segretari di partiti che non sanno coniugare i congiuntivi, pseudofascisti della vecchia guardia e cittadini che vorrebbero invece meno lobbismo e più costruzione del futuro.

Livorno, città dalle mille potenzialità inespresse, rovinata da gestioni inesistenti o fallimentari e dalla legge del più forte che hanno provocato, tra l’altro, uno dei tassi di disoccupazione giovanile più alti d’Italia.

Al momento noto con grande soddisfazione che la città, almeno in parte si è svegliata. La presenza di svariate liste cittadine indipendenti dal partito di maggioranza dimostra come finalmente, anche in una città dura a cambiare come Livorno, il livello di saturazione della popolazione sia arrivato al punto tale che, in un modo o nell’altro, cambierà il modo di fare politica.

Le misure da prendere dal punto di vista artistico sono svariate. Innanzitutto è necessario insegnare alla popolazione la bellezza dell’evento culturale senza scadere continuamente in iniziative nazionalpopolari di dubbio gusto volte alla raccolta di consensi. Il pubblico livornese è considerato “difficile” in termini di partecipazione agli eventi culturali ma il pubblico va creato, va formato e va valorizzato con il tempo, la costanza e l’appoggio super partes delle istituzioni.

Partire dalle scuole come cellula embrionale per la creazione del buon gusto è mandatorio. Sarebbe necessario incentivare l’iniziativa personale in campo artistico grazie ad agevolazioni e ad un impegno di divulgazione costante. Di fondamentale importanza sarebbe anche eliminare completamente direzioni artistiche e responsabilità dirigenziali facenti capo a formazioni politiche di alcun tipo ma che possano operare per lo sviluppo sincero e senza secondi fini del potenziale creativo della città

Tu sei un’eccellenza mondiale. Pensi che Livorno sia avara verso i suoi concittadini eccellenti?

Assolutamente. Ho conosciuto, fuori dalle mura cittadine, tantissimi Livornesi di grandissimo talento che mai avevo avuto modo di incontrare in città. Artisti, scienziati, professionisti di ogni tipo. Tutti quanti parlano con grande affetto di Livorno mentre traspare in tutti un grande dolore per l’impossibilità di aver visto il proprio operato riconosciuto nella loro città natale.

Hai girato il mondo: cosa dovrebbe copiare questa città da altre realtà?

E’ difficile, in una città così fortemente caratterizzata come Livorno, poter copiare da altre realtà. In ogni modo Livorno dovrebbe adottare un atteggiamento molto più severo nei confronti della conservazione e nella valorizzazione del suo patrimonio. Mascagni, Modigliani e Fattori potrebbero essere i punti di partenza. A Busseto la piccola casa rurale di Verdi è meta di pellegrinaggio di melomani ed appassionati. A Livorno la casa natale di Mascagni è stata abbattuta. Il Museo Fattori dovrebbe essere ampiamente valorizzato grazie a valide operazioni culturali sfruttando i flussi turistici che invece al momento disertano totalmente la città. Di Modigliani non c’è traccia a Livorno se non il ricordo della burla delle teste.

Ho avuto modo di vedere come in città europee, che un tempo erano industriali, vecchie strutture fatiscenti siano state riconvertite in spazi pubblici, ricreativi ed importanti per le realtà locali.

Utilizzare i fondi europei per riconvertire strutture fatiscenti in spazi culturali piuttosto che in parcheggi di nessun utilizzo potrebbe essere un buon inizio.

Alcuni esempi?

La ex-Pirelli in via della Meridiana. Me la immagino come spazio espositivo con caffè, sale conferenza e zone in cui potrebbero sfogarsi le creatività dei graffitari.

La Fortezza Vecchia. Sotto la gestione di Luca Menicagli era diventato un bellissimo luogo di ritrovo e teatro di molti eventi. Adesso giace tristemente nell’oblio.

Il Mercato del Pesce. Altro potenziale spazio espositivo che potrebbe essere dedicato alla promozione artistica sfruttando la vicinanza al porto.

Le Terme del Corallo. Potrebbe essere utilizzato come centro benessere ma anche come luogo di aggregazione, di riscoperta della vecchia Livorno con mostre fotografiche permanenti e spettacoli di vario tipo.

Purtroppo fintanto che l’iniziativa personale sarà resa difficoltosa dalla prepotenza di chi ricopre incarichi istituzionali e subdolamente opera per il boicottaggio invece che per il bene della città ciò sarà impossibile. Ma spero vivamente che la nuova classe politica riesca a trascendere questi problemi e che inizi una nuova epoca di promozione e gestione disinteressata dell’enorme potenziale creativo di Livorno.

Cosa ti senti di consigliare ad un ragazzo che sogna di fare il pianista?

Innanzitutto lo esorterei a perseverare, a non smettere mai di sognare e di guardare avanti. Poi lo consiglierei di sentirsi cittadino del mondo e di portare la propria arte dove sia ben accetta, senza dimenticarsi di imparare da tutti coloro che incontra sul proprio cammino per poi insegnare umilmente le proprie esperienze a chi ne ha bisogno.

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