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Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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“Ma come, scusa… davvero alle prossime elezioni non candidano Renzi?!”

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Se anche tu ti sei sentito rivolgere questa domanda con fare stupito da un amico che non è immerso come te nelle trame oscure della politica e in particolare del PD, benvenuto nel club.

A me, a dire il vero, è capitato più di una volta. E hai voglia di rispondere che ci sarà da rifare le primarie perchè i pretendenti sono più di uno, perchè così dice lo Statuto, perchè c’è un organismo che si chiama Direzione (votata nel lontano 2009) che decide tutto, etc. etc.

L’elettore, tuo amico, non capisce. Non capisce una cosa che in tanti, dentro al PD, invece, non vogliono o non possono ammettere. E cioè che Renzi, adesso, è l’unico candidato che spacca. Ma non che spacca il PD, anzi. A quello ci stanno pensando bene quelli che, confidando nella spinta centripeta di tanti come loro impauriti dal nulla che potrebbe comportare l’allontanarsi da un partito che, nonostante tutto, rimane comunque l’unico partito in grado di arrivare ad una maggioranza relativa nell’era politica d.B. (dopo Berlusconi), fanno il gioco del tiro al rialzo per mantenere visibilità e potere salvo poi rimanerci comunque dentro, al PD. E che, magari, dopo aver millantato spaccature nei mesi appena trascorsi, si accodano in questi giorni al Sindaco fiorentino (ogni riferimento ad alcuni ex popolari è puramente casuale).

Ma dicevo: Renzi, è l’unico leader all’interno del centrosinistra (con o senza trattino) che può far arrivare il PD oltre il suo elettorato storico, permettendogli finalmente di governare. E non c’è bisogno dei sondaggi, dei quali personalmente mi fido poco, per capire che la sfida tra lui e gli altri due candidati alla segreteria (sarebbero 3 se consideriamo un certo Pittella, ma sono sicuro che mi perdonerete se lo trascuro) Pippo Civati e Gianni Cuperlo – ammesso che si faccia, ‘sto benedetto congresso – rischia di essere senza storia. Basta girare un po’ tra i bar e i mercati, ad esempio.

E per quanto questi ultimi due personaggi non siano degli sprovveduti e sappiano di essere in svantaggio, stanno entrambi commettendo l’errore di rinchiudersi in due angoli opposti del palco. Ecco, immaginatevi un palco di un concerto: al centro c’è il cantante Renzi, sulle ali gli altri due facenti parte del coro.

Civati, tra un litigio e l’altro con Scanzi, si sta ritagliando il ruolo di “intellettuale 2.0” ed è chiaro ormai che punti a sinistra, cercando consensi anche tra alcuni vendoliani e nostalgici di una certa idea di società che, però, mi permetterete, difficilmente riuscirà a governare. Vuoi perchè non riesce a rappresentare buona parte della società, vuoi perchè non vuole rappresentare buona parte della società. E sto iniziando a pensare che non voglia rappresentarla anche perchè incosciamente sa di non poterlo fare: non essendo dotato dell’attrattività del Sindaco, riflette sul PD che vorrebbe questa sua mancanza, destinandolo all’eterno dialogo estenuante con gli alleati. Un PD, insomma, che non abbia l’ambizione di “andare da solo” (la vocazione maggioritaria di Veltroni, per intendersi). E poi, per certi versi, sta diventando sempre più ansioso di farsi notare o, come l’ha definito bene Davide Passetti in questa sua interessante disquisizione ornitologica: “Falchi, colombe, gufi e usignoli”.

Cuperlo, invece, conduce una battaglia vecchio stampo (“intellettuale 1.0”, non ha ancora aggiornato l’App) ricalcando le orme di Bersani, dal quale però si distingue perchè non ha né la “stazza” ministeriale né l’appoggio incondizionato dell’Apparato (per chi non la conoscesse, vi segnalo la simpatica pagina facebook https://www.facebook.com/LApparato). Prenderà sicuramente i voti dagli appassionati della politica – quella intesa in senso dalemiano – estasiati dalla sua affascinante retorica, ma arriverà anche a tutti gli altri, quegli elettori per così dire “normali”? Ne dubito.

Insomma: vinca il migliore? Sinceramente, per quanto mi riguarda, non so.

Certo è che la gara si preannuncia in discesa per il Matteo nazionale.

n.b.  ho volutamente omesso l’unico che può forse contendere lo scettro al fiorentino: Enrico il pisano. Ma del rapporto tra i due mi riservo di parlarne meglio più avanti.

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