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Una società di tifosi che odiano il confronto

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Facciamocene una ragione: il tifo calcistico è diventato, in molti casi, un vero e proprio stile di vita. Ed ha avuto il paradossale merito di colorare contrasti ben lontani dai campi di calcio, dalle dispute televisive post partita alle pagine dei quotidiani sportivi. Questo sentimento di appartenenza, spesso umorale e sanguigno, ha come trascinato la moderna società pensante verso un mondo in cui o tutto è nerazzurro o rossonero. Se sei tifoso del Milan non puoi sopportare gli interisti e viceversa.

Bene o male purchè se ne parli, disse Oscar Wilde. Il grande scrittore ci prese, diventando oltre un secolo prima il precursore del pensiero mediatico esasperato, quello per cui esisti solo se si parla di te, sei un grande artista se i media ti rendono merito o un valente sportivo appari spesso sulle pagine della rosea. Questa corsa alla mediaticità prima di tutto va per me di pari passo con la collocazione quadrata e spigolosa della tifoseria a prescindere.

Provo a spiegarmi, facendo un parallelo forse azzardato: se io tifo Juventus so benissimo che parteggio per una squadra fortissima e ne vado fiero. Sicuramente capiterà la partita storta dove il capitano farà un fallo evitabile e verrà espulso dall’arbitro. Magari romperà la tibia ad un avversario. Ecco, da tifoso e sportivo dovrei ammettere che il giocatore ha fatto un errore. Chi non ne fa? Spostiamo tutto questo ad altri ambiti di vita: la famiglia, l’amicizia, la politica. In ogni famiglia avvengono fraintendimenti, liti animate, scambi di vedute. Ma alla fine siamo tutti della stessa squadra. Lo stesso accade tra amici.

In politica, in Italia, da qualche tempo mi pare di no. Ho come l’impressione che invece di confrontarci nonostante le diversità di pensiero, le opinioni diverse e le idee, siamo arrivati ad una totale depauperazione del confronto produttivo tra persone. Perché persone siamo e rimaniamo, il giacca e cravatta o in costume da bagno. Io – forse per deformazione professionale – sono sempre stato incuriosito da culture lontane dalla mia, a partire dalla cucina. Ho diviso esperienze professionali con artisti di mezzo mondo ed imparato a cucinare cose che non mi sarei neanche sognato di assaggiare prima. Certo, con alcuni limiti. Sicuramente non mangerò mai scarafaggi, ma per gusto personale. Si può essere diversi, ma sempre nel rispetto delle altrui visioni ed idee. Perché altrimenti sarebbe come cadere nell’errore di considerare stupidi tutti quelli che non tifano la tua squadra. Le partite durano 90 minuti, poi si torna a casa e rientriamo nei nostri mondi.

Non ho l’utopica illusione che ciò possa accadere anche in politica, certo. Eppure,da sempre, ho amici che non la pensano come me. Che stimo ed apprezzo per quello che sono. Etichettare una persona per una collocazione, qualsiasi essa sia, mi sa di distributore automatico delle relazioni. Vuoi il thè alla pesca? Digita 53. No, non funziona così. Non può fungere in questo modo tra persone. E se una buona idea viene da qualcuno che la pensa diversamente da me? Onore al merito. Questa cosa si chiama insieme umiltà e ragionevolezza. Credo che l’obbiettivo comune di tutti noi dovrebbe essere migliorare il pezzettino di mondo che abitiamo, portando il nostro contributo costruttivo, senza preconcetti o prese di posizione dettate dalla bocca da cui escono alcune idee e proposte. Questo vale per tutto. La mancanza di confronto ed il muro contro muro non giovano né a noi e neppure a chi lasceremo questo mondo, questi territori fatti di tradizioni, differenze, speranze ed emozioni.

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