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Visioni della Livorno che sarà – episodio 13

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Una serena riflessione

La città di Livorno sta discutendo e preparando il nuovo Piano Operativo. E’ l’occasione per immaginare il futuro della città e avere diverse visioni di quel che sarà. L’avvocato Ruggero Morelli ha raccolto alcuni pensieri di concittadini appassionati e ce li ha inviati. Li racconteremo in questa rubrica, episodio dopo episodio. Ecco il tredicesimo.

Una serena riflessione sulla prossima stesura del piano operativo del Comune di Livorno (già piano regolatore o piano strutturale?), deve partire dalla situazione demografica della città, verificarne i limiti infrastrutturali, le vocazioni/ambizioni economiche per migliorarne le potenzialità in termini di vivibilità economica intesa come possibilità di crescita socio-economica per i propri cittadini. Tutto questo valutando le interrelazioni con i comuni più vicini e particolarmente con Collesalvetti, Rosignano e Pisa.

Partendo da quest’ultimo aspetto, che mi sembra il più semplice da valutare, è indubbio che Livorno è tributario nei confronti di Pisa di almeno due delle funzioni sociali di maggiore rilevanza: la sanità e la istruzione (leggasi Università).

Ora, per il primo punto qualcosa si sta muovendo, seppur con una lentezza esasperante: come sperare in accelerazioni quando solo per ristrutturare il distretto asl di Ardenza ci sono voluti anni e costi abnormi e quando nel patrimonio regionale sanitario esistono immobili e parchi con incerta destinazione e conseguente abbandono depauperativo? O peggio ancora quando l’ennesimo comitato del no, Parco Pertini, sembra avere capacità di ostacolare la realizzazione dell’opera (speriamo non facciano come quelli del Limoncino).

Resta comunque impensabile la non omologazione del nostro sistema ospedaliero con il polo di Cisanello e con la rivitalizzazione del Santa Chiara.

Sul fronte università, invece, dopo l’exploit del corso livornese in Logistica e trasporti, dovremmo cercare uno sviluppo ulteriore dei rapporti con l’Università di Pisa, destinando sin da ora a strutture adeguate che il nostro patrimonio pubblico, anche se recentemente abbandonato a se stesso e vandalizzato, può offrire (un esempio il castello di Via Montebello).

Peraltro una riflessione programmatica dovrebbe riguardare la definitiva valorizzazione delle due fortezze presenti in città verso le quali si potrebbero concentrare e dirigere sforzi economici volti al recupero definitivo del loro valore storico in funzione culturale vera (non quella attuale e statica della fortezza nuova) quale plus turistico della città.

In rapporto al valore storico e contestualmente urbanistico (vecchio porto e retroporto) di queste strutture, l’enfasi sulle terme del Corallo mi è sempre apparsa eccessiva ancorché apprezzabile, basti veder cosa è stato costruito attorno alle stesse.

Se poi analizziamo la necessità di espansione urbanistica a fini abitativi della città, partendo dalla situazione demografica attuale, ma anche prospettica, possiamo affermare che nella situazione data il recupero, il riuso, il riordino dell’esistente dovrebbe essere sufficiente a dare risposta alle esigenze residenziali dei cittadini almeno per la durata di validità del prossimo piano operativo. Questo significa che dopo aver costruito ex novo interi quartieri quali Leccia, Scopaia, Borgo di Magrignano e area residenziale del Levante, senza trascurare lo scempio consentito a Montenero e a Quercianella – ma l’assessora Viviani ce la hanno mai portata? –, poco più di riordino ambientale e territoriale può essere richiesto al nuovo piano operativo. Consiglierei anche una visita all’agglomerato pressoché interamente abusivo del Limoncino…

La preoccupazione riguarda i terreni a destinazione agricola di Salviano e Collinaia che non vorremmo fossero aggrediti a breve. Certa è invece la necessità di riprendere nella tradizione livornese la costruzione di alloggi di edilizia residenziale pubblica della quale c’è effettivo bisogno in funzione sociale, culturale e infine economica, a tale proposito sembra che esistano già, impantanati burocraticamente, progetti finanziati e fermi da anni.

Resta il problema delle aree per insediamenti industriali che la città sembra non avere e che si sposa con le bonifiche di siti precedentemente utilizzati, senza peraltro trincerarsi dietro stereotipate affermazioni di sviluppo sostenibile ed eco-innovativo (leggasi Raffineria e altro), magari supportati da qualche comitato del no sempre presente. E infine la progettazione deve riguardare il patrimonio pubblico esistente, troppe volte costruito, recuperato e poi tragicamente abbandonato a se stesso e non valorizzato se non in sede inaugurale: un esempio recente e tragico, il danno dei conti è costituito dalla Scoglio della Regina, ma anche dalla gestione delle baracchine del lungomare, memori di questo attenzione andrà prestata all’immobile di Via Montebello, scuole Dal Borro.

Fonte foto: Enrico Nunziati da Pixabay

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