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Matteotti ed il coraggio dei pochi

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90 anni fa Giacomo tentava di divincolarsi.. ma il buio di Roma stringeva forte.

La Lancia Kappa se ne andò sgommando e con essa ogni barlume di democrazia se mai, all’indomani della Legge Acerbo e delle “elezioni” politiche del 1924, ne fosse rimasta anche un’ultima stilla. Egli tentò ancora una volta di spingere lontano la morte, ma quella lama era la stessa che trafisse la libertà degli italiani.. e dopo, ancora buio.

Le vicende di quel 10 giugno 1924 potete trovarle ovunque e non è mia intenzione fare la solita cronistoria delle ultime ore di vita. Quello che vorrei è rendere omaggio, non per un semplice cliché da ricorrenza antifascista, quanto un appello alla cultura, alla storia ed all’obbligo che abbiamo di ricordarla. Perché dal torace trafitto di Matteotti, scorreva lo stesso sangue di Piero Gobetti, di Caro e Nello Rosselli, di Giovanni Minzoni, di Antonio Gramsci, di Lea Schiavi, di Giovanni Amendola e di tutti coloro che sfidarono la morte, in cerca della libertà.

Questo 10 giugno vorrei sbatterlo in faccia a chi continua a vivere nella più cieca ignoranza, e a chi (forse peggio), compie insulsi voli pindarici intellettualoidi, giustificando quel “rispetto che c’era quando in Italia c’era lui, e che oggi servirebbe” difendendosi dietro ai soliti tritumi di economia autarchica, corporazioni, opere previdenziali, delle architetture e delle bonifiche. Vorrei che queste assurde ed ingiustificabili sacche di microfascismi retrogradi, ignoranti ed incivili, smettessero di comparire di fronte ai miei occhi. Perché invocare un regime nel 2014 significa vivere di un’inciviltà che era già anacronistica nel 1789 nonché insultare tutte quelle vite brutalmente spezzate, o eclissate lentamente dietro i ferri di una prigione, colpevoli esclusivamente di aver espresso un’idea.

L’omicidio Matteotti mi fa pensare a chi, da sempre ed in ogni epoca, viveva come direbbe De André: “in direzione ostinata e contraria”. Questo è il sentimento che vorrei leggere negli occhi di ognuno di noi, spezzando una volta per tutte quella catena che nel nostro paese lega indissolubilmente un tricolore o il termine “patriottico” o “nazionalista” al fascismo.

Noi tutti, e in particolar modo noi giovani, dovremmo far tesoro del rifiuto di una lettera di grazia (chiesta da una madre preoccupata) da parte di un Sandro Pertini acciaccato e sofferente nel carcere di Pianosa, al quale premeva più la fede politica della sua stessa vita.

Del piccolo Anteo Zamboni morto a 15 anni, linciato dagli arditi di Volpi e dagli squadristi di Arpinati, per quello che probabilmente fu un attentato orchestrato dagli stessi fascisti.

Dovremmo ricordare e fare tesoro della vita di Michele Schiurru, anarchico che odiava il comunismo quanto il fascismo, condannato e fucilato a Roma nel 1931.

Del fratello di Sandro, Eugenio Pertini, arrestato a Bolzano e fucilato perché colto mentre attaccava dei manifesti di propaganda antinazista.

Del coraggio di Enrico Bocci, fondatore della radio clandestina “Radio CORA” capace di mantenere i contatti tra resistenza ed alleati dal gennaio al 7 giugno 1944 quando venne scoperto e fucilato insieme alla partigiana Anna Maria Enriques Agnoletti.

In questo momento, dove la crisi economica è affiancata da un’abnorme svalutazione morale, il nostro paese dovrebbe affondare le radici in quei valori lasciati lì dai nostri precursori. E questo senza dover forzosamente intasare le homepage dei social network di aforismi (spesso fasulli). Perché si sa, quello che conta è farsi vedere intellettuali.

La morte di Matteotti è la freccia più luminosa, in una faretra di uomini e donne lanciati con impeto contro l’oppressione fascista e persi in un grigio orizzonte di omertà, di silenzio e morte.

Ed allora questo giorno muta la sua iniziale connotazione, perché sono tanti gli italiani che hanno preferito lasciarci, piuttosto che cambiare i propri ideali. Hanno vissuto un lento morire, sfidando la cronaca di una morte annunciata, la propria.

E non so voi, ma quando vado a ricordarli io mi sento piccolo, molto piccolo.

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