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Letta, Penelope e la tela

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C’è un insolito meccanismo in atto nella attuale fotografia del nostro paese. Potremmo chiamarla sospensione, provvisorietà, ma potremmo anche rappresentarla con una immagine mitologica, di consolidata forza comunicativa, la tela di Penelope.

Se il governo Monti è passato agli almanacchi come tecnico e austero, quello presieduto da Letta è sicuramente legato all’immagine del prendere tempo. Per cui, Letta-Penelope, sta agendo con la tecnica del rinvio, sotto la guida attenta del padre della nazione, Giorgio I. E sta anche dimostrando sobrietà e serietà, cose non di poco conto innanzi al governo più “antipatico” che si potesse immaginare sulla carta.

Sta tessendo e ritessendo la tela per vari motivi: l’attesa di un nuovo fronte europeo che si potrà aprire in autunno con le elezioni tedesche e che permetta di superare le ricette dominanti della Merkel; la fine della conflittualità interna del PD che, dopo aver perso le elezioni di febbraio che aveva vinto fino a gennaio, ha visto per due mesi buoni fronteggiarsi veti e vendette incrociate. Ora può rilanciarsi solo con un vero congresso fondativo dimenticando personalismi e logiche spartitorie, ma c’è bisogno di tempo; la conclusione del percorso di dissoluzione della destra di questo ventennio con la definizione di un nuovo progetto politico che riesca a prescindere dal solo Berlusconi (Forza Italia 2.0 o Forza Italia 20 anni dopo, senza punto); lo sgonfiarsi della rabbia sociale e della sfiducia nella politica tradizionale che il Movimento 5 stelle sembra non incanalare più come prima; non da ultimo, il far quadrare i numeri con i bisogni del paese reale: cassa integrazione, sostegno alle imprese, pagamenti PA, IVA, IMU, piano giovani. Oltre al tema sempre verde delle riforme istituzionali e della legge elettorale.

Di questa tela traggono giovamento le varie forze politiche, non potrebbe essere altrimenti, poiché il sostegno o l’opposizione al Governo trovano nel prendere tempo per riorganizzarsi un antidoto molto forte alle velleità personali. Ogni provvedimento è una scusa per marcare le differenze, dimenticandosi, i partiti tutti, che questa realtà di larghe intese non doveva essere il terreno dei distinguo ma una palestra per le convergenze, in virtù di un bene superiore… Nella tanto citata Germania le larghe intese sono volute e sostenute dal popolo e dalle categorie del paese. Da noi è forse l’opposto e con una prova non proprio virtuosa della convivenza al governo, si rischia l’ennesima formula all’italiana…

Il fatto è che con questi balletti dei partiti, legati alla tattica del consenso elettorale, l’astensione sostituisce la rabbia, perché anche quella si è consumata, e la disperazione si fa sacrificio personale…

L’astensione, questo pozzo senza fondo che mina la legittimità di sindaci, dei governi e degli eletti ovunque essi siano candidati. Governare con il 40% di un 60% è sicuramente giusto e possibile sulla base delle regole della democrazia (chi non partecipa, si dice, perde il posto a tavola), ma se spostiamo la lente sulla reale rappresentatività di persone e partiti che vincono ma per un pugno di voti, si aprono seri dubbi sul consenso delle scelte di chi amministrerà la res pubblica. Vincitori sulle macerie.

Comunque, finché i sondaggi daranno i due schieramenti così vicini, non temete, lunga sarà la vita del governo. La tela di Penelope continuerà il suo gioco, perché garanzia per tutti.

Però un dubbio ce lo possiamo confessare… Quando, pur inconsapevolmente, si blocca la democrazia, (rieleggere lo stesso Presidente della Repubblica, non riuscire a formare un governo di legislatura, nessuno che vince le elezioni etc…) quando si crea un vuoto, nobilmente o meno, qualcuno riesce sempre a riempirlo. Così è accaduto con la comparsa a sorpresa di Berlusconi con il suo sorriso televisivo marchiato “biscione, Standa e Milan”, così è accaduto con l’insofferenza rabbiosa incanalata da Grillo, così è accaduto con gli Indignados in Spagna che hanno fatto cadere Zapatero, così sta accadendo con la primavera araba. La storia è piena di movimenti politici nati dai limiti dei partiti e dagli ingranaggi rugginosi delle istituzioni.

Per cui il PD ha un grande compito, sperando che non se la faccia nel pannolone… Sostenere Letta nel mentre fa e disfà la tela ma farsi trovare pronto il prima possibile per quando il filo sarà troppo consumato. E per trovarsi pronto, non è dirimente partire dal leader, ma da quali sbagli sono stati commessi e quali risposte dare alle sofferenze del Paese. Si decida una volta per tutti cosa si vuole essere da grandi, poi Ulisse arriverà.

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