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Dalla Sicilia al Trentino: cronaca di una vacanza

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Per la scelta della propria vacanza la prima domanda che ci si pone è: mare o montagna? Ecco, io quest’estate ho deciso di provarle entrambe in due località agli estremi del nostro bel paese: Sicilia prima e Trentino poi. Potrebbe sembrare un post vacanziero e disincantato il mio, e invece l’aria di vacanza si leggerà nel tema ma non nei contenuti (cercherò di non essere pesante, tranquilli, siamo pur sempre vicino a Ferragosto)

Dicevamo: Sicilia e Trentino. Mare e Montagna. Estremo sud e estremo nord. A dirla così sarebbe riduttivo perché in effetti in queste mie vacanze mi è sembrato di esplorare due paesi diversi e sono arrivata alla conclusione di vivere nel paese dei paradossi dove puoi scegliere da che parte stare, quale mentalità sposare e decidere se farai parte dei buoni o dei cattivi.

Sono arrivata in Sicilia piena di entusiasmo, tante aspettative di un mare da favola e un paesaggio mozzafiato. Mi sono subito imbattuta nei cartelli verdi che indicavano l’autostrada che da Trapani mi avrebbe condotto ad Agrigento ( Menfi per l’esattezza era la mia base) e mi sono stupita nel vedere che non c’era un casello ma solo una strada deserta che continuava il suo percorso senza soste. Ha avuto inizio così, una settimana fatta di silenzio, ritmo rallentato e poca, pochissima gente intorno. Non che mi aspettassi Ibiza, ovvio, ma dovevo capire: perché questa quiete era così pesante? Davvero gli abitanti del posto vivono così silenziosamente tutto l’anno? Dovevo chiedere e quindi una mattina parlo con il ragazzo del bar. Un ragazzo sulla trentina con due occhi scuri e profondi, pieni di energia. Vive lì tutto l’anno con i suoi cani, la sua chitarra e i suoi quadri e lavora in qua e in là. Rigorosamente in nero. Rigorosamente per scelta perché lui i soldi allo Stato non li dà. Perché preferisce darli alla mafia che è come una famiglia e che almeno qualcosa per lui la fa. Si ma a quali condizioni scusa? Gli chiedo mentre mando giù l’amarezza della sua risposta. A nessuna condizione, qui si fa così ci si adegua. Mentre lui parla della solidarietà dei suoi concittadini e della tranquilla vita isolata io penso a Falcone e a Borsellino, alle battaglie perse e al fatto che il coraggio per scalare montagne del genere è davvero di pochi. Mi guardo intorno e non posso fare a meno di notare la desolazione di quella bellissima terra dalle enormi potenzialità che è piombata nel silenzio, in mezzo a campi e case costruite a metà, tenuta a freno da tutti quelli che non la vogliono far decollare, con centri commerciali nati dal riciclaggio e la mentalità dell’orticello potenziata al massimo. Testa bassa, fai sul tuo e non ti evolvere. Al tuo benessere ( se di benessere si può parlare) ci pensiamo noi. E il ragazzo dagli occhi scuri continua la sua vita tranquilla.

Giusto nello spirito vacanziero devo dirvi, però, che la Sicilia non è solo questo: ci sono il mare bellissimo, i posti incantanti che ti ricordano che il passato può essere eterno, le ceramiche colorate sulle panchine e nei negozi di souvenir, le strade strette in salita e i borghi medievali che non ti aspetti, da dove puoi ancora vedere il mare. La mia sensazione, comunque, è che per viverla tutti i giorni o ti adegui o scappi.

Con questa amarezza sono tornata a casa e ho fatto di nuovo le valigie per ripartire alla volta del Trentino con molte meno aspettative e una settimana di temporali previsti dal meteo dell’i phone. L’Autostrada (a pagamento stavolta) e la strada provinciale nella zona deserta del Veneto industriale sembravano un brutto presagio fino a quando non mi sono trovata a costeggiare prati verdissimi curati fino all’ultimo filo d’erba, piccoli paesi allegri puliti e pieni di vita, fiori colorati dai terrazzi di legno e agli angoli delle strade e una politica del turismo e dell’accoglienza applicata all’ennesima potenza. Sorrisi, informazioni, attrezzature e percorsi per grandi e piccini, con un parco giochi in ogni metro quadrato di prato, con feste, animazione e iniziative ad ogni angolo. Anche qui ho trovato il silenzio ma una quiete diversa che nasce dalla naturale riservatezza di quelle terre che parlano a bassa voce ma non che non possono parlare.

Un politica dell’efficienza e dell’ottimizzazione realizzata in ogni dettaglio, non subita ma vissuta e realizzata in una mentalità vincente che è di tutti. Mentre ascolto il proprietario della stalla che ci presenta il suo allevamento, le sue parole mi colpiscono. Dice che il caseificio del paese è anche suo perché essendo un consorzio lui ha interesse a lavorare bene per far lavorare bene il caseificio stesso e permettere che funzioni tutto al meglio. Lo dice come se fosse la cosa più ovvia e scontata del mondo, con il sorriso e la benevolenza della buona collaborazione, quella che fa davvero bene a tutti.

A vacanze finite rifletto e ipotizzo: ma se si scambiassero le persone, e il ragazzo dagli occhi scuri si fosse trovato ad allevare le mucche, e l’allevatore (che tra l’altro sa esattamente quando andrà a piovere) vivesse nella casetta di legno vicino al mare, la situazione sarebbe diversa?

Mi viene da dire: paradossalmente no.

Perché è il contesto che forma le persone ed è da lì che nasce e si sviluppa la nostra mentalità, l’assetto sociale e culturale che ci portiamo dentro e che ci fa vivere apparentemente a modo nostro.

In Sicilia il problema è a monte e le dinamiche sono troppo complesse per essere analizzate da una villeggiante come me, mentre in Trentino ci saranno altre problematiche che probabilmente cantando lo jodel dai monti mi sono persa.

Resta il fatto che a viaggiare nel Bel Paese, ti rendi conto di quanto siamo ancora molto diversi e di quanto la storia, la cultura e le influenze abbiamo ancora un peso importante.

Io intanto, mi sono riscoperta Heidi.

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