Parliamo di politica, più o meno seriamente.

Dipende dal clima, siamo meteoropatici.

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Complici applausi

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Il 30 aprile scorso, durante il congresso del SAP (Sindacato Autonomo di Polizia) abbiamo assistito a un fatto che definirlo sconcertante sarebbe banale e riduttivo: i delegati presenti al congresso, saputo dell’arrivo in sala di tre dei quattro agenti condannati (in via definitiva) per la morte di Federico Aldrovandi, hanno tributato ai tre pregiudicati una lunga standing ovation, per “solidarietà ai colleghi”, dicono.

Non è così, perché la solidarietà è una bella cosa, è un valore importante.

Quello è stato un gesto che sapeva più di beffa, un gesto irrispettoso verso Federico e i suoi familiari, ma soprattutto verso la divisa che portano.

Il “gesto di solidarietà” scatta perché, come scrive bene Gramellini su “La Stampa”: “[i poliziotti, N.d.R] Si sentono vittime, è chiaro. Come tutti, in questo strano Paese. Ce l’hanno con l’opinione comune che ha chiamato assassini i loro colleghi, anche se la sentenza definitiva sostiene che non avevano la volontà di uccidere. E ce l’hanno con i magistrati che hanno fatto scontare sei mesi di carcere ai condannati (gli altri tre anni della pena erano coperti dall’indulto), nonostante in casi analoghi non sia quasi mai accaduto.” In pratica i poliziotti plaudenti, dipendenti dello Stato, garanti dell’ordine e della legalità, si trasformano in ultras, che manifestano contro i DASPO (quanti ne abbiamo visti nella storia recente del calcio italiano..) da arbitri diventano parte, fazione, e chiedono, che per loro la legge non venga applicata.

Dicevo che il danno più grande (oltre che alla famiglia Aldrovandi) l’hanno fatto a loro stessi, allo Stato che rappresentano, alla divisa che portano: quell’applauso è stato la plastica rappresentazione, per l’ennesima volta, di come è (purtroppo) percepita la Polizia nel nostro Paese, come una forza che gode dell’impunità, totale o parziale e gli esempi non mancano. Dal G8 di Genova, al caso Uva (ucciso di botte in una cella di sicurezza di una caserma dei Carabinieri, il caso tra l’altro è stato riaperto da poco, per “gravi negligenze da parte del Pubblico Ministero dell’epoca”) e a tanti altri che sicuramente dimentico…per non parlare del danno che, questi indegni applausi hanno inferto a tutti quei poliziotti che ogni giorno fanno il proprio lavoro, con professionalità, nonostante la cronica mancanza di mezzi, il sovraffollamento delle carceri e le lungaggini dei processi.

Quindi bene hanno fatto Napolitano, Renzi e il Capo della Polizia, Pansa, a telefonare alla madre di Aldrovandi, Patrizia Moretti per esprimerle solidarietà e vicinanza, ma, come ha detto quest’ultima, “alle parole seguano i fatti, le istituzioni prendano provvedimenti seri”.

Nel Palazzo, pare, che qualcosa si muova: la Presidente Boldrini, chiede che venga tolto il segreto ai provvedimenti disciplinari interni delle Forze dell’Ordine (#Angelinofirmaqui) e informa che, la prossima settimana, la Commissione Giustizia della Camera esaminerà e voterà il testo mirante a introdurre nell’ordinamento italiano il reato di tortura, come ci chiede da svariati anni l’UE.

Non ci resta che sperare.

Sperare di rivedere in futuro, la morte di qualcuno causata dalla stupidità di “due guardie bigotte”, come cantava De Andrè ne “Un blasfemo”

P.S: Nel frattempo è partita una campagna social, magari non servirà, ma è un segnale per mettere pressione alle istituzioni. Eccola: https://www.facebook.com/pages/People-for-vialadivisa/1429487550625486?ref=profile

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