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Should Scotland be an independent country?

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É la domanda che si pongono tutti… a vario titolo nel Regno Unito e non solo…L’esito del referendum indetto nel 2012 dal governo indipendente scozzese in accordo con quello inglese per il 18 Settembre, è quanto mai incerto, tanto che lo Scottish National Party (SNP), partito, che ha fatto dell’indipendenza dal Regno Unito una ragione di esistenza, e la coalizione avversa riunita sotto lo slogan breve ma efficace “Better together”, sono entrati nel vivo dello scontro senza esclusione di colpi.

La campagna elettorale fino ad adesso è stata condotta in modo diseguale, gli indipendentisti aiutati da un grande entusiasmo si sono riversati nelle principali città scozzesi ad attaccare manifesti e a bussare ad ogni porta, convinti che ogni voto possa davvero essere fondamentale per il successo.

La campagna degli unionisti invece è sembrata da subito fiacca e mossa soprattutto dai grandi capitali finanziata da donatori multimilionari. Le iniziative dei sostenitori dell’unità nazionale sono frammentarie e lo schieramento trasversale che include i tre maggiori partiti del Regno Unito e i loro leader in prima persona, Cameron, Miliband e Clegg (espressione rispettivamente di conservatori, laburisti e social democratici) non ha dato nell’ultima fase della campagna elettorale i risultati sperati. Al contrario le iniziative degli indipendentisti hanno coinvolto maggiormente la popolazione utilizzando i temi cari dell’indipendentismo scozzese.

Le motivazioni che hanno fatto da sfondo alla richiesta sempre più forte di indipendenza sono state molteplici: la progressiva dismissione delle fabbriche e dei cantieri navali delle highlands (portata avanti dai governi inglesi ultraliberisti degli anni ottanta di Margharet Thacher) con il conseguente aumento della disoccupazione e delle richieste di sussidi, il risentimento nei confronti degli inglesi “borghesi e conservatori”e la rivendicazione esclusiva da parte della Scozia dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio nel Mare del Nord .

Gli unionisti invece portano avanti motivazioni come la sicurezza delle pensioni, gli effetti della perdita delle commesse per i porti e soprattutto la possibilità di mantenere la sterlina come moneta corrente, ma non sono riusciti a far breccia nei cuori del popolo scozzese.

Sondaggi e focus group recentissimi hanno evidenziato il vantaggio degli indipendentisti, benché ancora la metà degli elettori sia indeciso. Da un ulteriore sondaggio è, infatti, emerso che l’argomentazione economica potrebbe portare al voto gli indecisi semplicemente disposti a votare indifferentemente per chiunque garantisca loro 500 sterline in più all’anno. Tutto questo non depone certo a favore di una decisione razionale e meditata sul futuro della nazione scozzese.

La corsa degli unionisti nell’accaparrarsi maggiori spazi mediatici, non ha ancora dato i suoi frutti. Non basteranno la nascita del secondogenito nella famiglia reale né il posizionamento della bandiera scozzese a Westminster per convincere gli highlanders, ma è altrettanto vero che le ricette proposte da Salmond per rendere la Scozia uno Stato sovrano seppur sotto l’egida di Elisabetta II convincono soltanto a metà, in modo particolare le forze economiche e la banca d’Inghilterra.

Gli argomenti a favore del sì all’indipendenza si sintetizzano in tre richieste di maggiore democrazia, libertà, e ricchezza. La prima richiesta impedirebbe ai conservatori di governare anche sulla Scozia, benché gli elettori del nord dell’Inghilterra abbiano le medesime idee degli scozzesi.

Il secondo punto fa riferimento alla libertà di creare una socialdemocrazia compiuta sul modello di quella scandinava ma con una tassazione simile a quella statunitense pertanto al momento sarebbe pura fantasia.

Il terzo punto preconizza una maggiore ricchezza derivante soprattutto dallo sfruttamento dei giacimenti petroliferi del Mare del Nord: il governo scozzese punterebbe così ad imitare il modello di sviluppo norvegese nel quale i proventi dell’estrazione del petrolio finanziano in buona parte la spesa pubblica.

Nel dibattito sull’indipendenza sembra ancora che, al di là della retorica, sulle decisioni fondamentali come moneta, indipendenza dalla Banca d’Inghilterra, metodologia di sfruttamento esclusivo del petrolio, non ci sia ancora nessun tipo di accordo; tutto questo lascia pensare che una volta concluso il referendum sarà ancora lungo il percorso per arrivare ad una effettiva e compiuta indipendenza da Londra.

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