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A 25 anni dalla caduta del muro di Berlino, quali muri ancora da abbattere in Europa?

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I 25 anni dalla caduta del Muro di Berlino sono l’occasione per gettare uno sguardo al passato, e fare una valutazione del presente. La caduta del muro è stato un passo importante verso la riunificazione tedesca, ma anche, verso l’integrazione Europea. Nonostante la caduta di muri di cemento, ancora oggi in Europa ci sono muri allegorici che devono essere abbattuti, in particolare il muro di sfiducia verso le istituzioni europee e quello che circonda la mentalità degli Stati nazionali riguardo la loro sovranità.

La crisi di fiducia tra gli Stati del Nord e del Sud dell’Europa, la paura di una Germania troppo potente o ancora la nostra incapacità di avere una posizione chiara nei confronti del nostro partner russo e verso suoi comportamenti in Ucraina, sono alcuni degli elementi principali delle mancanze dell’Europa. Questo è dovuto in parte alla situazione economica. La debolezza mostrata dall’Unione a partire dal 2008 ha incoraggiato gli Stati nazionali a prendere posizione contro l’Europa e a porsi in prima linea nella lotta contro la crisi, rafforzando l’idea che la causa della recessione siano gli stretti vincoli posti dall’Europa, e che di conseguenza quest’ultima sia un ostacolo alla crescita.

All’ultimo voto per le Europee di maggio, i cittadini europei hanno inviato un messaggio chiaro visto il forte successo dei partiti populisti ed anti europeisti. Credere però che si tratti di un rigetto dell’Europa è un errore; gli italiani, i francesi, tedeschi e spagnoli, in realtà sanno che i loro paesi isolati all’interno della mondializzazione sarebbero ancora più colpiti dalla crisi, soprattutto privati dalle attuali facilitazioni per commerciare tra paesi all’interno dell’Unione.(A questo proposito vi invito a rileggervi l’articolo di Davide Passetti su questo blog).  In realtà i cittadini europei hanno espresso un risentimento verso l’inerzia dell’Unione Europea. Se l’Europa non è in grado di portare avanti un progetto per il futuro, allora il progetto cadrà e vedremo rinascere i nazionalismi del passato.

Smettiamo di pensare l’Europa attraverso il prisma delle Nazioni. Oggi, non è più tempo di rimettere in causa l’allargamento ad Est, ma al contrario è il momento di migliorare le decisioni insieme circa i problemi essenziali. Credere per esempio che l’immigrazione si possa gestire paese per paese è un grave errore, l’avvenire dell’Italia o di altri paesi europei non è più da ricercarsi nell’isolazionismo ma nella costruzione di una nuova Europa. Un’Europa politica permetterebbe di occuparsi pienamente di materie importanti, mentre i singoli Stati sono ormai troppo piccoli per farcela da soli.

La diplomazia ha bisogno di linee politiche chiare per poter agire, lo stesso la difesa europea la cui coordinazione oggi avviene a livelli molto differenti, e inoltre l’Europa ha un estremo bisogno di un piano di sviluppo per la crescita. Un’altra materia importante è l’indipendenza energetica, e il fatto che siamo totalmente dipendenti dal nostro partner russo ci mette in una posizione di debolezza.

In un contesto mondiale formato sempre più di Stati-continenti, nel quale risulta sempre più evidente l’Anarchia Internazionale, tanto da venir chiamata oggi in alcuni articoli “Multipolarismo Critico”, la situazione europea appare ancora più allarmante. Ci troviamo di fronte ad uno scenario potenzialmente ricco di opportunità di svolta, ma soffocato da una classe politica cui manca completamente prospettiva e lungimiranza. In Italia, se possibile, il panorama politico è ancor più arido. Inutile chiedersi cosa sia stato fatto finora per questo Semestre di Presidenza.

I cittadini hanno bisogno di un progetto che doni loro la voglia di essere parte dell’Europa, piuttosto che rintanarsi dentro le loro frontiere nazionali, e che dia loro la voglia di abbattere gli ultimi muri rimasti nel nostro continente.

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