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Politica, sociologia e psicologia. Il Pd nella “comune di Livorno” di Nogarin

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Sul Foglio del 26 agosto David Allegranti, giornalista, scrittore e blogger, ha pubblicato una lunga riflessione sui primi 13 mesi di governo dell’amministrazione 5Stelle livornese dal titolo “Nella comune di Livorno”. Sottotitolo: sindrome greca, divisioni ed inconciliabilità culturale tra movimento e amministrazione. Cosa succede ai grillini quando un grillino arriva al governo? Inchiesta sul caso Nogarin.

Ho avuto il piacere di condividere con lui qualche riflessione e alcune di queste sono finite nell’articolo in questione. Qui di seguito trovate invece la versione integrale del mio intervento.

“E’ passato un anno per la giunta Nogarin ma è passato un anno anche per il Partito Democratico. Era chiaro fin dall’inizio che riprendersi da una sconfitta così importante non sarebbe stato facile. Sia per i motivi politici che imponevano una riflessione sui numeri e sulle coalizioni, sia per i motivi sociologici che per quelli addirittura psicologici.

I numeri hanno espresso un verdetto molto duro. Il 40% di Ruggeri al primo turno non è bastato per tenere contro il 19% di Nogarin. Il candidato 5Stelle era riuscito a catalizzare attorno a se tutto l’arco “costituzionale” che stava fuori dalla coalizione del Pd. Questo perché, per la prima volta, la dialettica si era spostata da un piano prettamente identitario tra sinistra e destra ad uno tutto diverso tra “novità e cambiamento” contro “conservazione e continuità”. E con conservazione non intendo un’accezione negativa. Il Pd e la sua coalizione, per un verso o per un altro, non sono riusciti a risultare credibili su questa bilancia e i livornesi hanno scelto di rischiare, spinti probabilmente dalle difficoltà occupazionali ed economiche. Quel che rileva è però anche un altro dato che emerge dalla stessa giornata: il Pd che nel comune si attestava al 35%, alle europee balzava al 53%. Da quel numero arrivava già una prima risposta di fronte alla sconfitta. E ce la davano direttamente gli elettori: il Pd non era scartato a prescindere. Veniva meno l’assunto storico per cui il voto identitario era sicurezza e garanzia: “i nostri elettori votano il simbolo. L’effetto traino delle europee ci aiuterà, semplifica la scelta” Questi erano i presupposti che la storia dell’elettorato di sinistra tramandava. Invece gli elettori hanno diversificato il voto su due schede, nello stesso giorno.

Per cui, guardando ai “numeri” credo che la cosa che oggi ancora manca sia un’analisi sentita e partecipata da parte di tutti i livelli ed i gruppi dirigenti del Pd. O si trova una sintesi condivisa, oppure l’analisi che ognuno fa per conto suo diventa non elemento utile al rilancio ma alibi o arma per attribuire colpe. E le divisioni interne si ripercuotono come sempre sulla proiezione esterna, tanto più se si fa opposizione. L’opposizione deve avere una voce unica e decisa, non può permettersi tante sfumature. In positivo vedo che invece si sta diffondendo la cultura per la quale il voto va conquistato ogni volta ed anche a Livorno le rendite di posizione non esistono più. Non basta più rifarsi solo alla storia.

Sul fronte esterno “l’anno dopo” credo che si misuri sui fattori sociologici e psicologici. Sociologici perché la città è cambiata radicalmente. Il suo corpo elettorale, il radicamento dell’idea di sinistra, gli ambiti occupazionali, i valori, sono diversi da quelli tradizionali che utilizzano ancora la lente della Livorno delle “Leggi Livornine” e a trazione industriale e proletaria. Questo soprattutto nelle giovani generazioni. L’industria in città è sempre più lontana dalla sua epoca d’oro e quei principi classici di integrazione ed accoglienza temo che stiano iniziando a vacillare anche qui. Purtroppo anche la vita istituzionale è poco partecipata e seguita in una città dalla forte tradizione democratica. Questo è il campo sul quale la sinistra deve ritrovare sintonia con la città. Di fronte alle ricette fallimentari che sta proponendo la giunta Nogarin e che ci riportano su strade vecchie, vedo che il Pd sta iniziando a risvegliarsi.

Il fattore psicologico, infine, attiene alla necessità di maturare la consapevolezza che dalle sconfitte ci si deve rialzare e rinnovare. Leggo ancora troppo livore e delusione più che fame e voglia di riconquistare il ruolo di guida della città. C’è bisogno di scrollarsi di dosso l’idea di essere stati “traditi” dagli elettori, c’è bisogno di allontanare l’idea che alla fine “tanto torneranno a votarci”, perché questo non è automatico né scontato. E c’è però bisogno anche di capire che se alle elezioni europee o regionali il Pd è stato il primo partito, significa che non siamo scomparsi solo perché non amministriamo.

Infine credo che il Partito regionale e nazionale debbano investire su Livorno. Qui il M5S è forza di governo. Mi aspetto che gli occhi siano puntati proprio qua, dove messi alla prova, stanno dimostrando di non essere all’altezza nel metodo e nel merito di quanto viene professato a livello nazionale. Sembrano averlo capito Matteo Salvini che già due volte è venuto in questa città, lo hanno capito alla sinistra del Pd (Civati, Fassina, Travaglio) che si fanno vedere a Livorno, aspetto che con convinzione si faccia vedere anche Matteo Renzi dato che in più di un’occasione ha ricordato il “suo” 53% alle europee nel giorno in cui noi perdevamo il comune…”

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